“Papa Francesco ci chiede di non abituarci alla guerra. A me, come credo a tanti, ha commosso la commozione di papa Francesco l’8 dicembre a Piazza di Spagna, quando con tutto lo struggimento di far proprio il dolore del popolo ucraino, la sofferenza del popolo ucraino colpito dalla guerra, vi ricordate, non riusciva più ad andare avanti. Dobbiamo continuare ad avere quello stesso struggimento. Perché ogni giorno che passa è tante persone che muoiono, è un odio che diventa ancora più profondo, è un inquinamento che diventa ancora più insopportabile in tutto l’ambiente. E il rischio è che sia davvero una guerra mondiale, che nei suoi vari pezzi già coinvolge tanti”.
Lo ha detto il cardinale di Bologna e presidente della Cei Matteo Maria Zuppi intervenendo questo pomeriggio a Rimini, nella prima giornata del 44/o Meeting per l’amicizia fra i popoli, alla tavola rotonda moderata da Bernhard Scholz sulla Fratelli tutti. La missione di pace affidatagli dal Papa, ha detto Zuppi, “nasce da questo. Papa Francesco ci insegna a struggerci per la pace, a cercare tutti quanti i modi: spingere, trovare quello che può essere utile, ascoltare, manifestare la vicinanza, vedere gli spazi che possono favorire una composizione”. Secondo il cardinale, “questo non significa tradimento. Mi spiego. La pace richiede la giustizia, e richiede la sicurezza. Cioè non ci può essere una pace ingiusta, anche perché sarebbe la premessa di una continuazione dei conflitti. Dev’essere una pace giusta. E non dimentichiamo naturalmente che c’è un aggressore e c’è un aggredito”.
“E dev’essere una pace sicura – ha proseguito -, cioè che possa permettere alle persone di guardare con speranza al futuro. Poi certamente la sicurezza richiede il coinvolgimento di tutti, mai dare per scontato. Davvero se vuoi la pace prepara la pace. E’ questo il grande impegno che dobbiamo con consapevolezza e responsabilità cercare”. Nella missione, poi, “c’è l’attenzione soprattutto per la parte umanitaria, quindi i bambini ucraini che sono in Russia, provare a capire che cosa si può fare e quindi anche il ritorno di chi deve ritornare nelle proprie famiglie, nelle proprie case”. “E i frutti? – si è chiesto lo stesso Zuppi – Purtroppo la guerra lacera con profondità e qualche volta con rapidità, ma la guerra è sempre una preparazione, c’è sempre in terreno di coltura, c’è sempre una gestazione, non dobbiamo mai dimenticare. Sicuramente questo ci richiede, richiederà la capacità di mettere insieme tanti soggetti che possano spingere per trovare la pace”.
“Personalmente – ha detto ancora – lo vivo con una grande consapevolezza: quanta gente prega per la pace. E devo dire che questo mi dà, per certi versi, ancora più responsabilità, una responsabilità che ci coinvolge tutti quanti, ma anche il senso di una grande invocazione che ci spinge, ci deve spingere, ci spingerà anche nelle prossime settimane, nei mesi prossimi se serve, a trovare la via della pace, a rispondere a quel vero desiderio di tutti che è di liberarci della violenza e di fare tesoro di questa pandemia perché finalmente si possa combattere la guerra e si possa immaginare un mondo senza guerra”.
Per Zuppi, questa “non è un’ingenuità. ‘Ma come? con quello che succede? Anzi, con la tentazione del riarmo?’ – ha detto -. Ma a maggior ragione, come con la pandemia del Covid dobbiamo far tesoro, dobbiamo anche sapere far tesoro di questo e cercare tutti gli strumenti che possano comporre i conflitti. Perché il dialogo non è tradire le ragioni, non è accettare una pace ingiusta, ma è trovare una pace giusta e sicura, però non con le armi bensì con il dialogo. E questo credo che sia davvero indispensabile per questa tragica guerra in Ucraina e in tanti pezzi della guerra mondiale”. Nel corso della tavola rotonda, il cardinale ha ascoltato anche quattro testimonianze di imprenditori o operatori nel campo sociale sul tema dell'”amicizia operativa”, e ha voluto sottolineare come anche “l’amicizia sociale è costruzione di pace: è liberare da tanta rabbia, da tanto odio, da tanto individualismo. Questo discorso dell’amicizia sociale credo che papa Francesco ce lo rilanci perché altrimenti non c’è futuro. Quindi la Laudato sì per la casa comune, perché altrimenti non c’è più l’uomo che non ce la fa più a vivere, e la casa che non può essere una casa di estranei, ma Fratelli tutti”.