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Zelensky all’Isola dei Serpenti, ‘simbolo di resistenza’

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Nel giorno numero 500 della guerra in Ucraina, Zelensky visita l’Isola dei Serpenti, mentre civili muoiono ancora sotto i raid notturni dei russi. E’ accaduto a Lyman, nel Donetsk, dove almeno otto persone hanno perso la vita quando una pioggia di razzi partiti da lanciatori multipli ha centrato un palazzo residenziale. L’isoletta dei Serpenti, di poche centinaia di metri quadrati, avamposto ucraino nel Mar Nero, è allo stesso tempo rivestita di una carica simbolica, perché fu occupata dai militari russi nel primo giorno dell’invasione e poi liberata dopo quattro mesi di cannoneggiamento, e di valore strategico, perché è una base per tenere sotto tiro e di bloccare i porti ucraini.

“Oggi siamo a Zmiyny, sulla nostra Zmiyny (il nome ucraino dell’isola), che non sarà mai conquistato dall’occupante, come tutta l’Ucraina. Perché siamo un Paese di coraggiosi”, sottolinea Zelensky, con indosso giubbotto antiproiettile e felpa nera, in un video girato mentre il sole sorge alle sue spalle e soffia un vento impetuoso. Nelle immagini diffuse, il presidente ucraino arriva all’isoletta a bordo di un gommone nero delle forze speciali con alcuni soldati. Una visita compiuta all’indomani dell’importante missione a Istanbul, in cui Zelensky ha promesso che l’Ucraina libererà ogni lembo della sua terra, inclusa quindi la Crimea. Ed ha incassato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan l’affermazione che Kiev “merita di entrare nella Nato”.

Un’apertura preziosa a tre giorni dal summit di Vilnius. La sortita di Zelensky sull’isola dei Serpenti onora un simbolo, come lo sono in questo immaginario bellico ucraino anche le due città martiri di Mariupol e Bakhmut, cadute in mano nemica dopo una lunga resistenza. E proprio di ritorno da Istanbul, Zelensky ha anche abbracciato e riportato a casa sul suo volo di stato alcuni ufficiali che si arresero ai russi dopo mesi di combattimento nell’acciaieria Azovstal di Mariupol, consegnati da Mosca ad Ankara in un nuovo scambio di prigionieri. Anche Bakhmut è tornata in cima alle cronache della controffensiva ucraina: sebbene il suo valore sia più simbolico che strategico, le forze speciali ucraine hanno continuato ad avanzare nella manovra a tenaglia da nord a sud sulla città in ruderi, tenuta da decine di migliaia di russi. Demoralizzati, secondo Kiev, dopo la partenza dei mercenari di Wagner. Proprio il fondatore della milizia privata, Evgheny Prigozhin, di cui per giorni si sono perse le tracce, si è rifatto vivo, sui social. Malgrado il “perdono” accordatogli da Vladimir Putin per la sua sfida armata, l’oligarca e signore della guerra russo si sente braccato e isolato e ha visto la micidiale rete di troll-media messa in piedi per la guerra mediatica ritorcersi contro di lui.

“Leggere i giornali, sentire le storie in tv, mi fa stare molto male”, dice Prigozhin. “I bastardi della tv, che ieri ammiravano i ragazzi della Wagner, ora stanno versando ogni tipo di veleno… Ricordate, bastardi della tv, che non sono stati i vostri figli a combattere nelle nostre file, non sono stati i vostri figli a morire. Ma voi bastardi state facendo audience con storie come questa”, la sua sfuriata riferita da Novaya Gazeta, che ricorda quelle col volto indemoniato con cui, fino a qualche settimana fa, lo ‘chef di Putin’ inveiva contro gli incapaci vertici militari putiniani. E nello stesso giorno di Prigozhin si è rifatto vivo proprio uno dei bersagli gallonati delle sue precedenti invettive: l’odiato ministro della Difesa, Serghey Shoigu, sparito dai radar da quel drammatico 24 giugno della rivolta wagneriana. Shoigu in un video ufficiale ispeziona l”addestramento di soldati. Sugli altri fronti del conflitto non diminuisce la tensione per un possibile disastro radioattivo intenzionale alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, occupata dai russi. Il servizio di intelligence militare ucraino (Gur) ha pubblicato su Telegram una mappa che mostra in che modo sono state piazzate dall’esercito russo le mine nella: “Nei locali tecnici e nelle sale macchine sono state installate barriere di mine antiuomo sia telecomandate che di tipo direzionale”.

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Arresto di Sansal incendia i rapporti Francia-Algeria

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Si infiammano i rapporti già tesi tra la Francia e l’Algeria per la sorte di Boualem Sansal, lo scrittore algerino che da qualche mese ha ottenuto anche la nazionalità francese. Da sabato scorso, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, non si sa più nulla di lui. Settantacinque anni, da 25 impegnato da scrittore contro il potere di Algeri e i cedimenti all’integralismo islamico, potrebbe – secondo fonti algerine – essere processato per “violazione dell’unità nazionale e dell’integrità nazionale del Paese”. Preoccupati i familiari, gli amici, i sostenitori, mobilitata la stampa e il mondo degli intellettuali francesi, silenzioso il governo di Parigi con l’eccezione di Emmanuel Macron, che ieri sera ha espresso pubblicamente la sua forte preoccupazione.

L’arresto di uno degli intellettuali più critici contro il potere di Algeri ha inasprito i già tesi rapporti tra Francia ed Algeria, che avevano fatto toccare proprio nelle scorse settimane nuovi picchi per la visita di Macorn in Marocco e i toni di grande vicinanza col regno di Mohammed VI. Oggi anche l’editore francese Gallimard, che pubblica le opere di Boualem Sansal fin dall’uscita del suo libro più famoso, ‘Le serment des barbares’ (Il giuramento dei barbari), si è detto “molto preoccupato” e ha chiesto la “liberazione” dello scrittore. “Sgomento” ha espresso per l’arresto di Sansal anche la sua casa editrice italiana, Neri Pozza.

Dopo l’intensificarsi della pressione mediatica sulla sorte dello scrittore, l’Algeria è uscita oggi duramente allo scoperto attraverso la sua agenzia di stampa, accusando Parigi di essere covo di una lobby “anti-algerina” e “filo-sionista”. L’agenzia Aps conferma, nella sua presa di posizione, l’arresto di Sansal e attacca senza mezzi termini Parigi, la “Francia Macronito-sionista che si adombra per l’arresto di Sansal all’aeroporto di Algeri”. “La comica agitazione di una parte della classe politica e intellettuale francese sul caso di Boualem Sansal – scrive l’agenzia di stato – è un’ulteriore prova dell’esistenza di una corrente d’odio contro l’Algeria. Una lobby che non perde occasione per rimettere in discussione la sovranità algerina”. Si cita poi un elenco di personalità “anti-algerine e, fra l’altro, filo-sioniste” che agirebbe a Parigi, e del quale farebbero parte “Éric Zemmour, Mohamed Sifaoui, Marine Le Pen, Xavier Driencourt, Valérie Pécresse, Jack Lang e Nicolas Dupont-Aignan”.

Ad offendersi, secondo l’Aps, è uno stato che “non ha ancora dichiarato al mondo se ha la necessaria sovranità per poter arrestare Benyamin Netanyahu, qualora si trovasse all’aeroporto Charles de Gaulle!”. L’agenzia passa poi all’attacco diretto di Macron e di Sansal stesso: il presidente che “torna abbronzato da un viaggio in Brasile” scrive Aps, parla di “crimini contro l’umanità” in Algeria ricordando la colonizzazione francese “ma prende le difese di un negazionista, che rimette in discussione l’esistenza, l’indipendenza, la storia, la sovranità e le frontiere dell’Algeria!”, riferendosi a Sansal. Nel suo primo e più celebre libro, Sansal racconta la salita al potere degli integralisti che contribuì a far precipitare l’Algeria in una guerra civile negli anni Novanta. I libri di Sansal, editi in Francia, sono venduti liberamente in Algeria, ma l’autore è molto controverso nel suo Paese, in particolare dopo una sua visita in Israele nel 2014.

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Il porno attore italo egiziano Sharif nel carcere di Giza, rischia 3 anni di carcere

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E’ un appello accorato quello che arriva dall’Egitto dalla madre di Elanain Sharif, quarantaquattrenne nato in quel Paese ma cittadino italiano, fermato al suo arrivo in aeroporto al Cairo. “Sono molto preoccupata perché mio figlio sta male. Aiutatemi, lui ha bisogno di me e io di lui. Non so cosa fare” ha detto la donna con un audio diffuso tramite il legale che l’assiste, l’avvocato Alessandro Russo. E proprio per accertate le condizioni in cui è detenuto, le autorità italiane hanno già chiesto a quelle egiziane di poter effettuare una visita in carcere, alla quale dovrebbe partecipare anche la donna, e sono in attesa di una risposta. Sharif è accusato di produzione e diffusione di materiale pornografico.

Si tratta di reato, secondo la normativa egiziana, punibile con una pena da 6 mesi a tre anni. Il capo di imputazione è stato comunicato dal Procuratore egiziano al legale del 44enne e in base al codice penale egiziano, un qualunque cittadino di quel paese che commette un reato, anche fuori dall’Egitto, può essere perseguito. Un principio giuridico analogo a quello previsto dal nostro ordinamento. L’ex attore porno è stato già ascoltato dal procuratore che ha convalidato il fermo per 14 giorni, disponendo che il caso sia nuovamente riesaminato il 26 novembre. Le Autorità egiziane stanno infatti attendendo il risultato della perizia tecnica sul materiale presente online. Dopo il fermo all’aeroporto, il 9 novembre, l’uomo si trova ora nel carcere di Giza. “E’ stato messo in carcere appena siamo arrivati in aeroporto” ha detto ancora la madre di Sharif dall’Egitto.

“Non posso sapere come sta – ha aggiunto – perché non riesco a parlarci e sono molto preoccupata”. Sono in particolare le sue condizioni di salute a preoccuparla perché, ha spiegato, “mio figlio ha subito tre interventi alla schiena, l’ultimo 30 giorni fa a Londra”. Dal giorno in cui è stato bloccato la madre ha incontrato un paio di volte il figlio. “La prima – ha detto il legale – il giorno dopo a quello in cui era stato preso in consegna dalle autorità, in carcere al Cairo e poi dopo cinque o sei giorni trasferito dove è ora e l’ha visto sempre per un paio di minuti”. Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. Vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aveva ricordato ieri il legale – Le procedure di arresto sono state fatte utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. L’avvocato Russo ha poi spiegato che la madre si trova ancora in Egitto “assieme al fratello, che lavora nella polizia egiziana, e spera di avere notizie di un suo rilascio”. Con la donna, e con gli avvocati italiano ed egiziano e le autorità del Cairo, sono in contatto fin dall’inizio della vicenda sia l’ambasciata italiana sia la Farnesina.

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Brasile: la Corte trova la maggioranza, Robinho resta in carcere

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La Corte suprema ha raggiunto la maggioranza dei giudici per rigettare gli appelli e mantenere in carcere l’ex calciatore Robinho. L’atleta è detenuto in Brasile dal 22 marzo e sta scontando una condanna a nove anni per uno stupro di gruppo commesso in Italia nel 2013. Finora sei giudici hanno votato per respingere la richiesta di scarcerazione di Robinho. Si tratta del relatore del caso Luiz Fux, oltre ai giudici Edson Fachin, Luís Roberto Barroso, Cristiano Zanin, Cármen Lúcia e Alexandre de Moraes. Solo Gilmar Mendes ha votato a favore. Il processo si conclude il 26 novembre.

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