Dopo lo scontro politico della vigilia, arriva sul palco di Sanremo, all’1 di notte della serata finale, la lettera di Volodymyr Zelensky. Come previsto, è Amadeus a dar voce al messaggio del leader ucraino: un testo scritto, come da proposta di Kiev accolta dalla Rai. A precisarlo sono l’ambasciatore ucraino in Italia, Yaroslav Melnyk, e l’ad della tv pubblica, Carlo Fuortes, in una breve comunicazione in sala stampa. “La cultura non può stare fuori dalla politica in tempo di guerra. E’ una piattaforma in cui possono essere sollevati temi sociali, politici, a volte dolorosi. Ne è testimonianza anche il festival di Sanremo, che ha sollevato diverse questioni importanti”, sottolinea l’ambasciatore.
“Il palco dell’Ariston è l’occasione di trasmettere la verità e il messaggio di sostegno di cui abbiamo bisogno perché la pace torni sul territorio europeo. Una incredibile opportunità per lanciare un messaggio di unità intorno alla difesa dei principali valori congiunti. Un’opportunità per ringraziare anche tutto il popolo italiano per il sostegno ricevuto fin dai primi giorni della guerra della Russia contro il mio Paese”. Melnyk ringrazia “tutta la squadra della Rai che ha accolto la nostra proposta di leggere il messaggio del nostro presidente, decidendo anche di arricchire l’intervento con un omaggio musicale all’Ucraina”. Parole che provano a sgombrare il campo dalle illazioni secondo cui l’intervento di Zelensky a Sanremo, con polemiche annesse, sarebbe diventato un caso internazionale in grado di pesare sui rapporti tra l’Italia e gli altri principali partner europei, nei giorni del disappunto della premier Meloni esclusa dall’incontro all’Eliseo tra il presidente Macron e il cancelliere tedesco Scholz con lo stesso Zelensky. Seduto accanto a Melnyk, Fuortes sottolinea che “è stato fatto tutto in totale accordo”.
“Le polemiche sono connaturate al festival”, aggiunge, ma su questa vicenda “sono state particolari: si è parlato di censura, condizionamenti, condizionamenti sul testo: tutto assolutamente non fondato”. L’intervento sarà letto al termine della gara dei Big, intorno all’1.15, prima dello spareggio a cinque tra gli artisti entrati nella top 5, mentre il gruppo musicale ucraino Antytjla salirà sul palco dopo le nuove esibizioni dei cinque finalisti e in attesa dei conteggio dei voti per la vittoria. Intanto in una Sanremo blindata – ancora di più dopo il ritrovamento di uno zainetto con proiettili e materiale pirico, anche se a distanza dall’Ariston – scendono in piazza i pacifisti. A Pian di Nave c’è il Festival del Disarmo, organizzato dal collettivo Pecora Nera contro l’invio di armi all’Ucraina. Tra interventi dal palco, la musica di Povia e bandiere russe al vento, una manifestazione pacifica per ribadire il messaggio che “fornire armamenti a un paese belligerante equivale a essere in guerra”.
A qualche centinaio di metri di distanza, in piazza Muccioli, esponenti di Prc srotolano una grande bandiera della pace: “La lettera di Zelensky pensiamo che sia una scelta di propaganda di guerra”, avverte il segretario Maurizio Acerbo, “avrebbero dovuto invitare gli obiettori di coscienza russi e ucraini”. Nel pomeriggio si fanno sentire anche gli ucraini: “Se la Russia finisce di combattere finisce la guerra, se l’Ucraina finisce di combattere, finisce l’Ucraina”, ecco perché, dicono i manifestanti, “non ci arrenderemo”. La protesta va oltre la città dei fiori. In diversi sit-in davanti alle sedi della Rai – a Roma, Torino, Milano, Bologna, Trento, Venezia, Trieste, Ancona, Firenze, Perugia, Pescara, Napoli, Potenza, Bari, Cosenza, Palermo, Cagliari – il Prc invita a dire “basta alla propaganda di guerra”.