C’è chi l’ha già definito come il vertice del Sud del mondo. Chi ha parlato in modo ancora più suggestivo di anti-G7. Sicuramente il summit dei Paesi Brics apertosi a Johannesburg è il più significativo dall’inizio del conflitto in Ucraina, vedendo riuniti con la Russia quattro Paesi che non solo rifiutano di schierarsi con l’Occidente contro Mosca, ma puntano a costruire, come dice il tema dell’evento, un “multilateralismo inclusivo”. Una sfida al dominio occidentale, insomma, anche se una rottura vera e propria non è possibile, in un mondo dagli interessi interconnessi. L’apertura, domani, del vertice vero e proprio dei cinque Paesi (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) è stata preceduta da un Business Forum in cui è intervenuto anche Vladimir Putin, sebbene in videoconferenza vista l’impossibilità per il Sudafrica di ospitarlo a causa del mandato di arresto spiccato nei confronti del leader russo dalla Corte penale internazionale, a cui Pretoria aderisce (a differenza di Mosca e Washington).
Inevitabile che gran parte dell’attenzione fosse focalizzata proprio su di lui, che ha condannato i Paesi occidentali per quelle che ha definito le “sanzioni illegittime che calpestano tutte le norme del commercio internazionale” e per le loro politiche che a suo parere alimentano le spinte inflazionistiche. Passaggio cruciale verso un modo “multilaterale” è per Putin la “de-dollarizzazione”, un processo che a suo parere sta già “prendendo piede” in modo “irreversibile”, come starebbe a dimostrare il fatto che negli scambi commerciali tra i cinque Paesi Brics nel corso del 2022 l’uso della moneta americana è stato pari solo al 28,7% del totale. Il presidente russo si è anche detto pronto a tornare all’accordo per l’esportazione del grano dai porti ucraini, ma a condizione che vengano rispettate le condizioni a favore di Mosca, a partire dall’eliminazione degli ostacoli alle sue esportazioni di cereali e fertilizzanti. La colpa delle crisi alimentari nel mondo non è della Russia, ha insistito Putin, denunciando tra l’altro che solo il 3% del grano esportato grazie all’accordo è andato ai Paesi più bisognosi. E in segno di buona volontà ha annunciato che Mosca fornirà gratuitamente migliaia di tonnellate di cereali a sei Paesi africani.
Un segnale, questo sì, lanciato al Sud del mondo, verso il quale la Russia intende continuare a presentarsi come alternativa ai Paesi occidentali di cui denuncia le politiche neocoloniali. Putin ha trovato la sponda del presidente cinese Xi Jinping, che in un discorso letto dal suo ministro del Commercio, Wang Wentao, ha ribadito la volontà di “promuovere la democratizzazione delle relazioni internazionali e la multipolarità”. Ma il gigante cinese, alle prese tra l’altro in questi giorni con lo spettro di una crisi che potrebbe essere scatenata dalla recessione immobiliare, sa che è meglio andare con i piedi di piombo. Anche perché con un Pil complessivo pari a circa il 26% di quello mondiale, i cinque Paesi Brics sono ancora ben lontani da quello totale del G7 e degli altri Paesi Ue. Sul conflitto in Ucraina, comunque, Pechino non cambia idea.
“L’unica opzione praticabile” è quella dei colloqui di pace, ai quali la Cina vuole continuare a dare il suo contributo, si legge in una dichiarazione congiunta dopo un colloquio bilaterale tra Xi e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. Più visionario il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, secondo il quale “un altro mondo è possibile”. Per costruirlo Lula ha proposto tra l’altro di costruire una banca dei Paesi Brics “più forte del Fondo monetario internazionale (Fmi)” per garantire prestiti per lo sviluppo, e la creazione di una moneta comune, ciò su cui ha trovato l’appoggio – scontato – della sua delfina ed ex presidente brasiliana Dilma Rousseff, arrivata a Johannesburg nella veste di capo della Nuova banca di sviluppo (Nbs) dei Brics. Lula ha anche proposto l’ingresso rapido dell’Argentina nel club e una riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.