“Mario sta bene e gioca: potrà andare a scuola come gli altri bambini e fare una vita come tutti”. Papà Anduel, ingegnere albanese di 34 anni, è emozionato mentre racconta, per la prima volta davanti ai microfoni, all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, le condizioni di salute del figlio di cinque anni, cui ha donato parte del suo polmone, sottoponendosi al primo intervento di trapianto da vivente in Italia.
“Quando i medici mi hanno chiesto se fossi d’accordo, ho risposto subito: sono pronto. Quel giorno ero senza parole: è stato il giorno più importante della mia vita perché avrei potuto salvare mio figlio. Non ci sono parole per l’emozione che sto provando”, ha detto il genitore accanto alla moglie e mamma di Mario, Ornela. Il trapianto, eseguito il 17 gennaio scorso al Papa Giovanni dall’équipe del dottor Michele Colledan, è andato bene e il 21 febbraio scorso il figlio – chiamato ‘Mario’ per tutelare la sua identità e per la sua passione per il gioco ‘Super Mario Bros’ (era entrato in sala operatoria tenendo in mano il pupazzo) – è stato dimesso e sta bene.
“Non so come ringraziare quanto è stato fatto – ha aggiunto il genitore, molto commosso -. Da solo io posso salvare una vita: questo vuol dire che tutti non possiamo salvare il mondo, ma tante vite sì. Mario sa cosa è successo e dice soltanto che deve guarire per poter tornare a vivere una vita normale. Il suo primo desiderio è stato un Lego,: è un grande appassionato. Ovviamente gliel’abbiamo regalato”. “Mio marito è la mia vita e mio figlio è la mia anima – ha detto commossa mamma Ornela -: la vita ha tante difficoltà e noi mamme siamo forti. Noi abbiamo le batterie e la carica ci arriva da Dio. Oggi Mario gioca e mangia da solo: è una grande gioia. Per una mamma questa è la vita.
La strada è comunque ancora lunga, ma noi siamo forti e siamo qui accanto a Mario. La prima cosa che Mario ha chiesto quando è uscito dalla sala operatoria è: come sta il papà?”. L’odissea a lieto fine è stata raccontata dal professor Colledan, direttore del Dipartimento trapianti e della Chirurgia generale 3 dell’ospedale Papa Giovanni XXIII: “Quando ho proposto, all’inizio dell’iter, l’ipotesi di un trapianto da vivente, la famiglia di Mario non solo non ha mai esitato, ma mi hanno detto che, se non l’avessi proposto io, me l’avrebbero chiesto loro. Il polmone è tra gli organi più rigettati, ma in questo caso il bambino non rigetterà mai il polmone del padre”.
Mario e la sua famiglia sono ospitati dall’associazione ‘Amici della Pediatria’ di Bergamo, come ha spiegato l’ad dell’ospedale Maria Beatrice Stasi. Padre e figlio godono ora di buona salute. Il bimbo dopo l’impianto polmonare è stato per due settimane in Terapia intensiva, poi ha ripreso a respirare da solo. Per il genitore – che ha donato 5 delle 19 parti di cui è formato un polmone adulto – si prospetta ora una vita assolutamente normale e senza rischi, come evidenziato dai medici presenti.