L’isolamento forzato a cui siamo costretti ormai da un mese è una condizione difficile da affrontare. Per alcuni però, può trasformarsi in un vero e proprio un incubo. E’ il caso delle donne che subiscono maltrattamenti da parte di mariti e compagni. Una condizione che la quarantena, con il carico di stress e angosce che porta con sé, rischia di aggravare in maniera drammatica. Le donne diventano prigioniere dei propri aguzzini, senza apparente via d’uscita. La salvezza però c’è ed è rappresentata dai centri antiviolenza e dalle case rifugio disseminati sul territorio nazionale. C’è poi il 1522, numero verde nazionale Anti Violenza e Stalking, attivo tutti i giorni per 24 ore al giorno. Eppure, proprio in questa fase così delicata, le segnalazioni hanno registrato un crollo verticale. “C’è stato una riduzione drastica delle telefonate ai centri antiviolenza, e anche le questure hanno riscontrato un calo di denunce”, racconta la dottoressa Rosa Di Matteo, presidente dell’associazione Arcidonna Napoli e responsabile del centro antiviolenza Aurora.
Trovandosi a convivere per 24 ore su 24 con il partner violento, con un controllo spesso assiduo e ossessivo delle proprie attività, molte donne si ritrovano impossibilitate a denunciare. A spiegare il calo delle segnalazioni concorre però, secondo la Di Matteo, anche un altro fattore. “Temo che la chiusura generale di tutte le attività possa aver indotto molte donne a pensare che anche i centri antiviolenza fossero chiusi. Il Dipartimento per le Pari Opportunità ha previsto, oltre alla classica linea telefonica, anche l’app del 1522, che consente, a chi non può telefonare, di chattare con un’operatrice. Ha inoltre firmato un protocollo di intesa con le farmacie, affinché queste espongano le informazioni e il numero di emergenza. Un provvedimento che avrei esteso anche alle casse dei supermercati. Al netto di questi utili provvedimenti, credo servirebbe un’efficace campagna informativa. In televisione passa un solo spot sul numero verde 1522, troppo poco nel mare magnum delle trasmissioni sul Covid-19”.
Capitolo minori. I bambini in queste settimane non vanno a scuola e sono quindi molto più esposti di prima a scene di violenza domestica. Molte delle segnalazioni pervenute al centro antiviolenza Aurora riguardano poi un’altra questione assai rilevante: il tema del diritto di visita ai propri figli dei genitori separati. Da una parte c’è il decreto del Presidente del Consiglio, che limita severamente la circolazione delle persone, dall’altra parte però tali limitazioni, imposte nel nome della salute individuale e collettiva, sembrano non valere per i figli minori di coppie separate. Con una nota emanata lo scorso 10 marzo, il governo ha infatti chiarito che per il diritto di visita vale quanto stabilito dal giudice nelle sentenze di separazione e divorzio. Significa che le visite non si interrompono.
“In questa scelta – commenta la Di Matteo – abbiamo ravvisato una mancata tutela dei bambini, che, nonostante l’emergenza, sono costretti ad uscire di casa per rispettare il diritto di visita del genitore. Ricordiamo inoltre che per il genitore separato per violenza, la visita al figlio rappresenta un ulteriore momento per sottoporre l’altra parte a vessazioni. Molte madri sono preoccupate per la propria incolumità e per quella dei propri figli. In molti casi, chi non consegna il figlio, si ritrova i carabinieri sotto casa”.
Rosa Di Matteo. Presidente dell’associazione Arcidonna Napoli e responsabile del centro antiviolenza Aurora
Per fare chiarezza sul tema Di Matteo ha scritto una lettera al presidente Conte. “Mi sono prima messa in contatto con l’onorevole Giannone e abbiamo poi mandato una lettera a Conte pochi giorni fa. Chiediamo chiarezza sulla gestione dei minori di genitori separati. Proponiamo che, affinché il minore resti a casa il più possibile, sia il genitore non convivente, laddove possibile, ad andare a trovarlo in casa. Nei casi di separazione per violenza domestica, si può invece ricorrere alla videochiamata. Una soluzione che suggeriamo anche per i bambini che vivono in comunità o in case famiglia. In questa fase delicata si sentono abbandonati dai genitori che non possono fargli visita”.
La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Umbria del 1994 che prevedeva il requisito “di essere residente in uno dei Comuni della Regione Umbria” come necessario al fine dell’iscrizione nel ruolo dei conducenti per il servizio di taxi e per quello di noleggio di veicoli con conducente (Ncc).
Lo rende noto la Corte Costituzionale. La disposizione, antecedente alla riforma del Titolo V della Costituzione, era stata censurata dal Tar Umbria in quanto ritenuta lesiva del principio di ragionevolezza nonché dell’assetto concorrenziale del mercato degli autoservizi pubblici non di linea, giacché d’ostacolo al libero ingresso di lavoratori o imprese nel “bacino lavorativo” regionale.
E’ stato fissato per oggi pomeriggio un interrogatorio, davanti ai pm, di Leonardo Maria Del Vecchio (foto Imagoeconomica in evidenza) – 29 anni e uno dei figli del patron di Luxottica morto nel 2022 – indagato nell’inchiesta milanese sui presunti dossieraggi illegali per concorso in accessi abusivi a sistema informatico. L’interrogatorio, da quanto si è saputo, è stato richiesto dallo stesso Del Vecchio per difendersi dalle accuse e chiarire. L’audizione si terrà, da quanto si è appreso, non al Palazzo di Giustizia milanese ma in un altro luogo, una caserma degli investigatori.
“Dalle imputazioni preliminari e dall’esito negativo della perquisizione, il dottor Del Vecchio sembrerebbe essere piuttosto persona offesa. Altri, infatti, sarebbero eventualmente i responsabili di quanto ipotizzato dagli inquirenti”, aveva già spiegato l’avvocato Maria Emanuela Mascalchi, che aveva parlato della “infondatezza delle accuse ipotizzate a proprio carico”.
Stando agli atti dell’indagine dei carabinieri del Nucleo investigativo di Varese, del pm della Dda Francesco De Tommasi e del collega della Dna Antonello Ardituro, Nunzio Samuele Calamucci, hacker arrestato, uno dei presunti capi dell’associazione per delinquere di Equalize e che avrebbe creato dossier con dati riservati prelevati in modo illecito, avrebbe realizzato anche un falso “atto informatico pubblico” per “offuscare l’immagine di Claudio Del Vecchio, fratello di Leonardo”.
Calamucci avrebbe creato, in particolare, un finto “rapporto” della Polizia di New York con cui “si dava atto” falsamente “di un controllo eseguito in quella città” nei confronti del fratello di Leonardo. Nel falso report, redatto all’apparenza nel 2018, si segnalava che era “in compagnia” di una persona “registrata” per “crimini sessuali” dal Dipartimento di Giustizia americano.
Il gruppo di hacker, poi, avrebbe dovuto inserire nell’estate 2023, secondo l’accusa per conto di Leonardo Maria Del Vecchio, un “captatore informatico” sul cellulare della fidanzata e modella Jessica Serfaty, ma non ci riuscì malgrado diversi tentativi di inoculare “il trojan”. A quel punto, sarebbero stati creati falsi messaggi tra lei e “un illusionista di fama mondiale”.
Tra gli indagati anche il collaboratore dell’imprenditore, Marco Talarico. Secondo le indagini, le ricerche di informazioni di Del Vecchio jr, richieste al gruppo di Equalize attraverso i suoi collaboratori, si sarebbero inserite nella contesa in corso sull’eredità di famiglia. Nel procedimento milanese una nomina come persona offesa è stata depositata nei giorni scorsi da Claudio Del Vecchio.
Caso di suicidio nel carcere di Poggioreale, a Napoli, dove si è tolto la vita un uomo di 28 anni originario della provincia partenopea. È il quarto suicidio dall’inizio dell’anno a Poggioreale, l’undicesimo in tutta la regione. Sono 81 in tutta Italia, con il carcere di Prato e quello di Poggioreale al primo posto per numero di detenuti che si sono tolti la vita.
“Il sistema penitenziario – spiega il garante campano delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale Samuele Ciambriello – è sull’orlo del baratro, una strage continua ma la politica tace ed è assente. Nessun argine da provvedimenti governativi o parlamentari, solo populismo mediatico e penale anche contro la dignità delle persone detenute, dei diversamente liberi.
Celle sovraffollate e tensione alle stelle, condizioni difficili che favoriscono atti di autolesionismo, scioperi della fame, scioperi sanitari. Nessun commento pubblico sui suicidi di Stato, che interrogano anche l’opinione pubblica. Ci sono omissioni di Stato, questi suicidi e gli atti di autolesionismo e le proteste rilevano un quadro inquietante che è sotto gli occhi di tutti. Indignarsi non basta più”. “Dall’inizio dell’anno ad oggi – prosegue Ciambriello – sono 1842 i tentativi di suicidio, 11503 gli atti di autolesionismo. Tra gli 81 detenuti che si sono suicidati l’età media è di 40 anni, tra questi 8 avevano un’età compresa tra i 18 e 25 anni”.