Asfalto su scogli. E asfalto anche sulla spiaggia. Per questi motivi il Comune di Portici ha emesso un’ordinanza per l’abbattimento delle opere abusive realizzate senza permesso nella storica Villa d’Elboeuf. Tra gli abusi edilizi riscontrati vi è la costruzione di una banchina in cemento sul demanio pubblico. Opere che rappresentano un deturpamento del bene comune e della prima delle ville del Miglio d’Oro.
Costruita nel 1711 dal duca d’Elboeuf e appartenuta al re Carlo di Borbone, Villa d’Elboeuf è stata per lungo tempo un simbolo di magnificenza e amore per il territorio. Carlo di Borbone, infatti, era talmente innamorato della villa e di Portici da commissionare la realizzazione della Reggia Borbonica. Tuttavia, come molte dimore storiche, anche questa villa è passata dal sogno all’abbandono, trasformandosi in un luogo di abuso edilizio.
Nei giorni scorsi, il Comune di Portici, guidato dal sindaco Enzo Cuomo, ha riscontrato illeciti nella realizzazione di nuovi appartamenti di lusso all’interno della villa, acquistata dalla Curia da alcuni imprenditori. I controlli svolti da polizia municipale, Guardia costiera e personale del Comune hanno rivelato la costruzione di una banchina in cemento lungo la costa originaria, per un totale di circa 612 metri quadrati. Questo intervento rappresenta una grave violazione, poiché le aree attorno alla villa sono protette da vincoli culturali.
Il sindaco Enzo Cuomo ha ribadito la fermezza del Comune di Portici nel contrastare gli abusi edilizi: «A differenza di qualcuno, sugli abusi edilizi non ci tiriamo indietro. Villa d’Elboeuf è stata acquistata secondo norme di legge e gli imprenditori hanno il diritto di realizzare degli appartamenti, a patto che non vengano commessi abusi edilizi». L’ordinanza comunale obbliga ora i proprietari a demolire le opere abusive entro 90 giorni e a ripristinare lo stato originale del luogo.
La vicenda ha suscitato malumori, in particolare da parte dell’amministrazione comunale e dell’ex consigliere comunale dei Verdi, Franco Santomartino. Santomartino ha denunciato la colata d’asfalto illegale, richiedendo il rapido ripristino dello stato dei luoghi, in particolare della scogliera e della spiaggia, che Carlo di Borbone aveva destinato come approdo a mare.
Gli imprenditori dovranno ora ripristinare lo stato dei luoghi, attendere un eventuale dissequestro della struttura e proseguire con la riqualificazione della villa storica in conformità con la legge. Questo episodio sottolinea l’importanza di rispettare i vincoli culturali e ambientali nella gestione del patrimonio storico, per preservare la bellezza e l’integrità dei beni comuni per le future generazioni.
Ovviamente gli imprenditore che hanno comunque trasformato un’area e una Villa diventati zona degradata, possono ricorrere contro i sequestri e dimostrare di non aver commesso abusi di alcun genere. Quelle riportare in questo articolo sono accuse, contestazioni e non sentenze.
Ha confessato: dopo oltre sei mesi in cui si è sempre dichiarato innocente ha ammesso le proprie responsabilità Igor Sollai, il 43enne attualmente in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere per aver ucciso e nascosto il corpo della moglie, Francesca Deidda, di 42 anni, sparita da San Sperate, un paese a una ventina di chilometri da Cagliari, il 10 maggio scorso e i cui resti sono stati trovati il 18 luglio in un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125.
Sollai, difeso dagli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba, è stato sentito in carcere a Uta dal pm Marco Cocco. Un interrogatorio durato quattro ore durante il quale il 43enne ha confessato il delitto descrivendo come ha ucciso la moglie e come poi si è liberato del cadavere. Non avrebbe invece parlato del movente. Nessun commento da parte dei legali della difesa. Non è escluso che l’interrogatorio riprenda la prossima settimana.
Mafia e politica, assolti i boss. La Corte di Appello di Catanzaro ha ribaltato totalmente la sentenza di primo grado riformando la sentenza di primo grado del processo “Sistema Rende”. I giudici di secondo grado hanno assolto i boss e gli appartenenti alle cosche di Cosenza e Rende finiti nell’inchiesta su mafia e politica che coinvolse amministratori ed esponenti dei principali clan cosentini. Assoluzione perche’ il fatto non sussiste per Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo (che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a quattro anni e 8 mesi di reclusione), l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli e per Marco Paolo Lento (condannati in primo grado entrambi a 2 anni di carcere). Confermate poi le assoluzioni di Francesco Patitucci e Umberto Di Puppo, condannato in passato per aver favorito la latitanza del boss defunto Ettore Lanzino. Secondo l’inchiesta “Sistema Rende”, alcuni politici e amministratori rendesi (tra i quali gli ex sindaci Sandro Principe e Umberto Bernaudo) avrebbero stipulato un patto politico-mafioso grazie al quale avrebbero ottenuto sostegno elettorale in cambio di favori come le assunzioni in alcune cooperative del Comune. Ora la parola spetta alla Cassazione.
“InpsServizi S.P.A. (Società in House di INPS) ha recentemente subito un attacco informatico di tipo ransomware che ha portato al blocco di alcuni server, rendendo temporaneamente indisponibili alcuni applicativi gestionali e i dati forniti a propri clienti”. E’ quanto si legge in una nota dell’Inps nella quale si precisa che “l’accaduto è stato denunciato prontamente a tutte le autorità competenti”. “Attualmente, sono in corso indagini approfondite. È importante rassicurare i cittadini che il Contact Center, principale servizio di assistenza, non è stato colpito dall’attacco e rimane operativo”. “Le azioni in corso sono concentrate sul ripristino delle infrastrutture compromesse in modo tempestivo e sicuro”.