Il Consiglio dei ministri ha approvato mercoledì scorso un decreto legislativo che segna un significativo passo indietro nella libertà di stampa e nel diritto dei cittadini a essere informati. Con il varo della cosiddetta norma Costa, entrata in vigore ufficialmente, è stato imposto un pesante bavaglio alle notizie riguardanti indagini su politici, esponenti delle istituzioni e colletti bianchi.
La norma Costa, che ha preso piede in Italia grazie a un emendamento inserito nella legge di delegazione europea e approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri, modifica l’articolo 114 del codice di procedura penale. La modifica introduce un divieto di pubblicazione per le ordinanze cautelari, nonostante tali atti siano di per sé pubblici e accessibili anche ai difensori degli indagati. In pratica, i giornalisti non potranno più pubblicare dettagli su provvedimenti di arresto o richieste di domiciliari, ma solo il capo di imputazione, che fornisce un’informazione molto limitata.
Questo divieto di pubblicazione ha sollevato forti critiche da parte dei giornalisti e dei difensori dei diritti civili. La Federazione nazionale della stampa ha fatto appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché non firmi una legge che rappresenterebbe un attacco al diritto di essere informati. Anche il sindacato dei giornalisti Rai, Usigrai, ha contestato la legge, sottolineando che non è stata una richiesta dell’Unione Europea, ma piuttosto una misura che limita la libertà di stampa, simile al decreto Cartabia sulla presunzione di innocenza.
Il relatore della legge, l’ex Forza Italia ora membro di Azione, ha difeso la norma sostenendo che le ordinanze di custodia cautelare contengono solo le accuse e non la voce della difesa. Secondo Costa, le difese degli indagati avranno comunque la possibilità di ricorrere contro le accuse, anche se l’informazione potrebbe già essere stata pubblicata dai media. Tuttavia, questa visione è criticata per il rischio di distorcere le notizie e limitare la possibilità di un’informazione completa e accurata.
La legge, che rappresenta un cambiamento significativo nel panorama normativo italiano, cancella la precedente eccezione che permetteva la pubblicazione delle misure cautelari. Questo passo viene considerato da molti come un atto di censura che potrebbe compromettere ulteriormente il diritto dei cittadini di essere informati sui casi che coinvolgono figure pubbliche e sulla gestione delle indagini.
Con l’introduzione di questa legge, l’Italia si trova di fronte a un dilemma cruciale riguardante la libertà di stampa e il diritto di informazione. Mentre il governo e i suoi sostenitori considerano la misura come una protezione necessaria per evitare la diffusione di informazioni parziali o distorte, i critici avvertono che la nuova normativa rischia di minare la trasparenza e la fiducia pubblica nelle istituzioni. Il dibattito su questa legge è destinato a proseguire, con potenziali ricorsi e ulteriori discussioni su come garantire un equilibrio tra la protezione dei diritti degli indagati e il diritto del pubblico a essere informato.