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Video shock sul Nyt, la Grecia spinge i migranti in mare

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Un bimbo di appena 6 mesi preso e sballottato come un pacco da un pullman, sull’isola di Lesbo, su una nave della Guardia costiera greca e infine su un gommone lasciato alla deriva in mezzo al Mar Egeo, assieme ad altre 12 persone. E’ l’immagine piu’ scioccante tra quelle riprese dall’attivista austriaco Fayad Mulla che, negli ultimi due anni, ha cercato di documentare i maltrattamenti subiti da migliaia di rifugiati sbarcati sull’isola greca. Il video, che il New York Times ha pubblicato in esclusiva dopo averne verificato l’autenticita’, piomba come un macigno sulla elezioni di domenica per il premier Kyriakos Mitsotakis che, proprio qualche giorno fa, ha difeso le politiche “dure ma giuste” del suo governo e si è vantato di un calo del 90% nell’arrivo di “migranti illegali”. I disperati abbandonati dalla Grecia in mezzo al mare provenivano da Somalia, Etiopia ed Eritrea.

“Pensavamo che non saremmo sopravvissuti quel giorno. Ci hanno messo su quella zattera gonfiabile senza alcuna pieta’”, ha raccontato la mamma del piccolo Awale, la 27enne somala Naima Hassan Aden che era arrivata il giorno prima da Jilib, una piccola città controllata dagli estremisti islamici di Al Shabab. Con lei, stipati nel furgone e poi sulla zattera, anche la 40enne Sulekha Abdullahi e i suoi sei figli, Mahdi e Miliyen, due giovani di 25 e 30 anni catturati dalle autorita’ greche nei boschi di Lesbo. Il New York Times li ha rintracciati e intervistati giorni dopo l’odissea nell’Egeo, in un centro di detenzione a Smirne, in Turchia. Molti di loro indossavano gli stessi abiti di quell’infernale 11 aprile.

Il governo greco ha sempre negato qualsiasi maltrattamento nei confronti dei richiedenti asilo rivendicando di assumersi un carico molto piu’ pesante rispetto al resto dei Paesi europei nella gestione dei nuovi arrivi. Ma il video e’ una prova schiacciante che Atene ha violato leggi internazionali e le norme dell’Unione Europea sui migranti. Una tesi sostenuta anche da Medici senza frontiere che piu’ volte ha lanciato allarmi sulla violenza subita dai migranti sbarcati Grecia. Il giorno del video, denuncia Msf, a Lesbo erano arrivate 103 persone che avevano bisogno di cure mediche urgenti. “Il nostro team ha assistito 91 persone senza riuscire a trovare le altre 12”, si legge in un comunicato dell’organizzazione internazionale. “Msf ha più volte lanciato allarmi sulle gravi conseguenze della violenza diretta e indiretta rivolta contro le persone in movimento in Grecia. A Lesbo i nostri pazienti hanno più volte raccontato di essere state vittime di respingimenti traumatici da parte delle autorità di frontiera”. Il giornale americano ha mostrato il filmato a tre alti funzionari della Commissione europea a Bruxelles che hanno espresso “preoccupazione” ma non intendono prendere provvedimenti nei confronti di Atene finche’ il video non sara’ verificato anche da loro. La Grecia “deve rispettare in pieno i suoi obblighi Ue e le leggi internazionali e garantire l’accesso alle procedure per l’asilo”, si e’ limitata a dichiarare la portavoce della Commissione europea per le migrazioni Anitta Hipper.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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