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Video hard rubato e la Roma caccia lei, club sotto accusa

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Una dipendente della As Roma licenziata ‘per incompatibilità ambientale’ dopo la diffusione a sua insaputa di un video intimo che le sarebbe stato sottratto da un calciatore della Primavera. E’ la vicenda raccontata dal Fatto Quotidiano e che sta sollevando polemiche, richieste di intervento delle autorità sportive e interrogazioni parlamentari, con la società giallorossa – che ha come ceo una donna (unica in Italia), la greca Lina Souloukou, e la cui squadra femminile ha vinto lo scudetto la passata stagione – nel mirino per aver agito nei confronti della donna, vittima della situazione. Si attendeva una presa di posizione del club, che però al momento è limitato al no comment.

I fatti – secondo quanto riporta il quotidiano – risalirebbero allo scorso autunno, con un giovane calciatore che ha sottratto il telefono alla ragazza, una trentenne impiegata, diffondendo poi un video che la ritraeva in intimità col fidanzato. Le immagini sarebbero diventate virali tra giocatori e dipendenti del club, che, di fronte all’episodio, ha poi deciso per il licenziamento della donna, la quale si sarebbe rivolta a un avvocato per contestare il licenziamento ed eventualmente chiedere un risarcimento danni. Alcun provvedimento invece – secondo il quotidiano – sarebbe stato preso dal club nei confronti del giovane calciatore.

La vicenda, che sta agitando molto Trigoria, arriva fino in Parlamento e l’indignazione è bipartisan. Tra le prime reazioni, è arrivata quella di Differenza Donna e Assist, associazione nazionale atlete, che chiedono “l’intervento immediato del Coni e della Figc per rimediare a questa vergognosa decisione”. “Pretendiamo ben altro comportamento dalla As Roma, non solo perché guidata da una donna, ma perché società che si professa da sempre attenta a queste tematiche. Quello che è accaduto, se vero, è terribile ed è ridicolo è vergognoso che a pagare sia la donna”. Numerose le prese di posizione di esponenti politici.

La deputata dell’Alleanza Verdi Sinistra Elisabetta Piccolotti annuncia “un’interrogazione alla ministra del Lavoro Calderone, alla ministra delle Pari Opportunità Roccella e al ministro per lo Sport Abodi perché si faccia chiarezza su questa vicenda, che sarebbe se confermata di una gravità inaudita”. La vice presidente del Senato Licia Ronzulli (Fi) parla di “episodio, se vero, gravissimo. E sarebbe ancora più inaccettabile e immorale se la società invece di punire e cacciare i responsabili, avesse licenziato e umiliato chi la violenza l’ha subita”. Numerosi gli interventi di condanna di esponenti del Pd, con la deputata Ilenia Malavasi che si dice “certa che il ceo della Roma, Lina Souloukou, che è una donna, vorrà essere la prima a chiarire questa orribile vicenda; esiste un’etica del rispetto e delle responsabilità che non può essere mai dimenticata”.

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Femminicidio a Cagliari, il marito ha confessato

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Ha confessato: dopo oltre sei mesi in cui si è sempre dichiarato innocente ha ammesso le proprie responsabilità Igor Sollai, il 43enne attualmente in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere per aver ucciso e nascosto il corpo della moglie, Francesca Deidda, di 42 anni, sparita da San Sperate, un paese a una ventina di chilometri da Cagliari, il 10 maggio scorso e i cui resti sono stati trovati il 18 luglio in un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125.

Sollai, difeso dagli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba, è stato sentito in carcere a Uta dal pm Marco Cocco. Un interrogatorio durato quattro ore durante il quale il 43enne ha confessato il delitto descrivendo come ha ucciso la moglie e come poi si è liberato del cadavere. Non avrebbe invece parlato del movente. Nessun commento da parte dei legali della difesa. Non è escluso che l’interrogatorio riprenda la prossima settimana.

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‘Ndrangheta: patto politico-mafioso, assolti i boss

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Mafia e politica, assolti i boss. La Corte di Appello di Catanzaro ha ribaltato totalmente la sentenza di primo grado riformando la sentenza di primo grado del processo “Sistema Rende”. I giudici di secondo grado hanno assolto i boss e gli appartenenti alle cosche di Cosenza e Rende finiti nell’inchiesta su mafia e politica che coinvolse amministratori ed esponenti dei principali clan cosentini. Assoluzione perche’ il fatto non sussiste per Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo (che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a quattro anni e 8 mesi di reclusione), l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli e per Marco Paolo Lento (condannati in primo grado entrambi a 2 anni di carcere). Confermate poi le assoluzioni di Francesco Patitucci e Umberto Di Puppo, condannato in passato per aver favorito la latitanza del boss defunto Ettore Lanzino. Secondo l’inchiesta “Sistema Rende”, alcuni politici e amministratori rendesi (tra i quali gli ex sindaci Sandro Principe e Umberto Bernaudo) avrebbero stipulato un patto politico-mafioso grazie al quale avrebbero ottenuto sostegno elettorale in cambio di favori come le assunzioni in alcune cooperative del Comune. Ora la parola spetta alla Cassazione.

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Attacco hacker ad archivi InpsServizi, alcuni server bloccati

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“InpsServizi S.P.A. (Società in House di INPS) ha recentemente subito un attacco informatico di tipo ransomware che ha portato al blocco di alcuni server, rendendo temporaneamente indisponibili alcuni applicativi gestionali e i dati forniti a propri clienti”. E’ quanto si legge in una nota dell’Inps nella quale si precisa che “l’accaduto è stato denunciato prontamente a tutte le autorità competenti”. “Attualmente, sono in corso indagini approfondite. È importante rassicurare i cittadini che il Contact Center, principale servizio di assistenza, non è stato colpito dall’attacco e rimane operativo”. “Le azioni in corso sono concentrate sul ripristino delle infrastrutture compromesse in modo tempestivo e sicuro”.

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