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Esteri

‘Vendicare la Moskva’, bunker di Zelensky nel mirino

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Vendicare la Moskva: la parola d’ordine scuote da giorni le mura del Cremlino e suona come un imperativo nel quartier generale delle forze armate russe. Troppo grande l’affronto subi’to dopo l’affondamento nelle acque del Mar Nero della nave considerata il fiore all’occhiello della flotta di Putin, l’incrociatore lanciamissili che minacciava Odessa e colpito a morte dai razzi di Kiev. Una provocazione da far pagare a caro prezzo, mirando al cuore della resistenza ucraina: il bunker in cui si rifugia il presidente Voldymyr Zelensky. L’ipotesi e’ accreditata da diversi esperti militari secondo cui il rifugio segreto, da qualche parte sotto il complesso degli edifici governativi della capitale, sarebbe ora tra i target presi in considerazione da Mosca. Anche se, costruito in era sovietica, il bunker e’ pressoche’ inespugnabile anche nel caso di un attacco nucleare. E’ li’ che ha sede il centro di controllo e di comando delle operazioni militari e di assistenza umanitaria del governo ucraino, sotto la diretta leadership di Zelensky e dei suoi uomini piu’ fidati, a partire dal vice capo dell’ufficio presidenziale Kyrylo Tymoshenko e dal ministro delle Infrastrutture Oleksandr Kubrakov, ribattezzati “primi ministri ombra”. Ma anche il ministro degli esteri Dmytro Kuleba e il capo dell’ufficio del presidente Andriy Yermak, colui che ha il filo diretto con la Casa Bianca e il suo consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan. Ed e’ in quel rifugio che l’ex comico divenuto in Occidente simbolo della lotta per la difesa della democrazia e della liberta’ passa la gran parte del tempo, dormendo non piu’ di due o tre ore a notte ma – racconta chi gli sta accanto – imponendosi di uscire almeno ogni tre, quattro giorni per non rischiare l’isolamento e non perdere il contatto con la realta’ sul terreno. ‘Fughe’ mirate e blindatissime, visto che Zelensky e’ l’obiettivo numero uno delle squadre della morte di Putin, pronte ad ucciderlo alla prima occasione. Almeno quattro gli attentati a cui finora sarebbe sfuggito il leader ucraino. Non troverebbe riparo nel bunker, invece, la famiglia del presidente: la first lady Olena, insieme alla figlia Oleksandra di 17 anni e al figlio Kyrylo di 9, vivrebbe fin dall’inizio della guerra nascosti in un luogo top secret, probabilmente fuori Kiev. Del resto col passare del tempo la capitale e’ tornata ad essere ad alto rischio. Non solo i sobborghi, dove nelle ultime ore e’ stata colpita una fabbrica di armi, ma anche il centro cittadino che potrebbe divenire il bersaglio principe dei missili russi, proprio in risposta all’affondamento della Moskva che per la Russia rappresenta la disfatta navale piu’ grande degli ultimi 40 anni.

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Attacco di Hezbollah in Libano, feriti quattro militari italiani della missione UNIFIL

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Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE  (FOTO IMAGOECONOMICA)

La dinamica dell’attacco

Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.

Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA

Le dichiarazioni del ministro Crosetto

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:

“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.

Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.


La solidarietà del Presidente Meloni

Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:

“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.


Unifil: una missione per la pace

La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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