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Usa riaprono ai turisti, festa sui primi voli post-Covid

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Voli pieni, lunghe code, abbracci e lacrime. Dopo quasi due anni, per la prima volta dall’inizio della pandemia gli Stati Uniti riaprono a turisti e viaggiatori dal resto del mondo. Un allentamento delle restrizioni anti-Covid per gli arrivi da Europa, Cina, India, Brasile e Sudafrica, sia per turismo che per motivi di studio o di lavoro, che ha gia’ portato a un boom di prenotazioni. Ma il via libera riguarda solo i vaccinati con sieri riconosciuti dall’Organizzazione mondiale della sanita’, cui viene anche chiesto un tampone negativo nelle 72 ore precedenti all’arrivo, in linea con le riaperture selettive che dal green pass al lockdown per no vax prendono sempre piu’ piede in Europa. A sottolineare il valore simbolico del momento, i voli delle due compagnie britanniche storicamente rivali British Airways e Virgin Atlantic sono decollati simultaneamente stamani da Londra. “Penso che potro’ solo mettermi a piangere”, ha raccontato emozionata Bindiya Patel, in partenza da Heathrow per incontrare per la prima volta il nipotino di un anno a New York. Stessa gioia percepita anche a Parigi. “Questa possiamo chiamarla liberta’. Speriamo che continui”, ha commentato Maxime Barei prima di imbarcarsi per Los Angeles, dove studiano i due figli. Entusiasmo e applausi anche a Fiumicino, dove compagnie aeree e passeggeri sono stati omaggiati con gadget e colazione made in Italy. Dalla giovane coppia in luna di miele (“Non abbiamo aspettato neanche un giorno. Ci siamo sposati a meta’ ottobre e dovevamo farlo quasi due anni fa”) a manager e imprenditori, anche i primi voli per gli Usa da Roma sono gia’ quasi a pieno regime. E lunghe file sono previste nei principali scali statunitensi, dove per gli arrivi dall’estero si prevede un aumento del 50% rispetto alla scorsa settimana. Mentre l’America riapre, l’Europa continua a fare i conti con gli aumenti dei casi in diversi Paesi. In Germania, dove la cancelliera Angela Merkel si dice “molto preoccupata” per la situazione epidemiologica, si e’ registrato il nuovo record settimanale di casi per ogni 100mila abitanti, a quota 201,1, superando il precedente picco del dicembre 2020. Sotto accusa ci sono le sacche di resistenza alla campagna di immunizzazione. Per Berlino, e’ “assolutamente chiaro che vi sia un legame: i dati piu’ alti di incidenza e di ricoveri si registrano nelle regioni in cui ci sono le quote piu’ basse di vaccinati”. Il Vecchio Continente resta epicentro globale della pandemia. I contagi rimangono a livelli record dalla Russia – dove si e’ conclusa una settimana di chiusura forzata di uffici e negozi – alla Grecia. In tutta Europa si fanno quindi sempre piu’ strada le misure per scoraggiare i no vax, che sembrano dare i primi frutti. Il lockdown mirato in Austria – dove chi rifiuta il siero non puo’ piu’ accedere a ristoranti, movida, parrucchieri, hotel, eventi culturali e agli impianti sciistici di risalita – ha fatto impennare in pochi giorni le prime dosi. E anche l’universita’ Alpen Adria di Klagenfurt ha annunciato che dal 15 novembre neghera’ l’accesso a personale e studenti no vax: “Non e’ cattiveria ma buon senso che ci spinge a questo provvedimento. Chi rifiuta categoricamente il vaccino – ha detto il rettore Oliver Vitouch – dovrebbe interrogarsi se l’universita’ e’ la cosa giusta per lui”. Un pugno duro con esiti anche paradossali come in Svizzera, dove un ristorante no pass che si rifiutava di chiudere e’ stato sbarrato con blocchi di cemento. Una stretta si ipotizza anche in Gran Bretagna. Il governo di Boris Johnson sta valutando la possibilita’ di introdurre restrizioni ai viaggi per le persone che rifiutano la terza dose, in particolare per gli spostamenti all’estero. Una spinta che fa leva anche sulle prossime vacanze invernali, come dimostra l’appello del ministro della Sanita’, Sajid Javid, ad “evitare il ritorno alle restrizioni e godersi il Natale”.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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