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“Uniti contro Mosca”, il price cap sul tavolo G7

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“Dobbiamo rimanere uniti nel G7 e nella Nato. Putin crede che qualcuno potrebbe sfilarsi. Ma questo non e’ affatto accaduto e non accadra’”. L’appello del presidente americano Joe Biden ha aperto la prima giornata del G7 di Elmau, in Baviera. Dove i leader hanno voluto dare un’idea quasi plastica della loro determinazione alla coesione sulla crisi ucraina e i suoi effetti globali, presentandosi davanti alla stampa insieme, gia’ dopo le prime due sessioni di lavoro del vertice. “Continueremo a fornire sostegno finanziario, umanitario, militare e diplomatico e a stare al fianco dell’Ucraina fino a quando sara’ necessario”, recita la prima bozza del comunicato finale, anticipata da Bloomberg, alla vigilia del videocollegamento con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Al castello di Elmau, i Sette hanno fatto un primo annuncio: una mobilitazione di 600 miliardi di dollari e il lancio di una partnership globale sulle infrastrutture guidata dal G7, che fara’ da alternativa alla nuova Via della seta cinese. Sul tavolo del vertice, c’e’ anche la questione del price cap, necessario a contenere il rialzo dei prezzi del carburante e di conseguenza dell’inflazione. Questione che vedrebbe una Germania “costruttiva”, ha rivelato una fonte. L’apertura di Berlino era stata anticipata alla vigilia anche da una fonte di governo, che sul punto ha ammesso: “Le questioni non sono da poco, ma siamo sulla buona strada per trovare un accordo”. La stessa fonte ha anche convenuto di trovare che la spinta americana su questa questione sia fondata e comprensibile. E’ stato invece il presidente del consiglio europeo, Charles Michel, a ribadire che l’Europa debba fare le sue valutazioni su price cap e sanzioni, evitando l’effetto boomerang: “Dobbiamo colpire la Russia”, senza diventare vittime collaterali delle misure. Nel giorno in cui Kiev ha rivissuto pesanti bombardamenti da parte dei russi – un atto che Biden ha definito “barbarie” – il G7 ha dunque ostentato unita’: “Sono molto fiducioso che da questo summit uscira’ un chiaro segnale di compattezza e risolutezza”, ha detto il padrone di casa, Olaf Scholz, dopo una bilaterale con Biden, che gli ha riconosciuto di aver fatto “un incredibile lavoro”. “Germania e Stati Uniti saranno sempre insieme sulla questione della sicurezza dell’Ucraina”, ha anche aggiunto i Bundeskanzler sottolineando che Putin “non aveva fatto i conti sulla coesione dell’Occidente, e questo gli procurera’ certamente dei mal di testa”.

Per settimane nel mirino (anche e soprattutto di Kiev) per la sua riluttanza sulla consegna delle armi pesanti agli ucraini, il cancelliere, che debutta al G7 come padrone di casa, vuole assolutamente far passare il messaggio di una assoluta identita’ di vedute con gli Usa sulla strategia sul conflitto voluto da Vladimir Putin. E chiarire, come ha detto al Bundestag qualche giorno fa, che con la Russia “imperialista e aggressiva” dello zar “non puo’ immaginare alcuna forma di partnership in un tempo prevedibile”. Nella bozza che circola inoltre si accenna fra l’altro al fatto che i leader starebbero “valutando ipotesi di utilizzare i proventi dei dazi sulle importazioni dalla Russia per sostenere l’Ucraina”. Intanto le trattative al vertice continuano, in un buon clima, assicura uno sherpa fra i prati del castello, che dalla sala stampa si raggiungeva in elicottero: se la mattinata si e’ aperta con un tweet di Biden, che annunciava l’intenzione dei 7 di bandire le importazioni dell’oro russo – questione sulla quale non vi sarebbe ancora una decisione definitiva, stando a fonti bene informate  – in serata sul tavolo c’e’ appunto il price cap. La prima giornata del summit che si chiude martedi’ e’ stata segnata anche da nuove proteste, stavolta a Garmisch Partenkirchen, la celebre localita’ sciistica alpina dove lavorano i giornalisti che seguono il vertice: secondo gli organizzatori avrebbero partecipato 2000 persone, ma per la polizia – che ha dispiegato 18.000 agenti per le strade della regione – i militanti anti-summit non erano piu’ di 900.

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Georgia: Putin promulga cooperazione con Ossezia separatista

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Il presidente russo Vladimir Putin ha promulgato oggi la legge che ratifica il trattato di cooperazione tecnico-militare con la regione separatista georgiana dell’Ossezia del Sud, la cui indipendenza e’ stata riconosciuta dal Cremlino nel 2008. “Il rispetto dell’accordo consentira’ di approfondire la cooperazione tecnico-militare per rafforzare la capacita’ difensiva della Federazione Russa e della Repubblica dell’Ossezia del Sud”, si legge nella nota emessa a settembre dalla Duma russa.

Putin ha poi inviato alla camera bassa del parlamento russo un disegno di legge per la ratifica del trattato firmato nell’agosto 2023. Il documento, simile a quelli firmati con Bielorussia, Armenia o Kazakistan, regola la fornitura di armi ed equipaggiamento militare e rafforzera’ la presenza russa nel Caucaso. L’Ossezia del Sud, che conta quasi 50.000 abitanti, e’ praticamente un protettorato, il cui bilancio dipende per il 90% dalle casse dello Stato russo. La Russia ha basi militari sia nell’Ossezia del Sud che nella separatista Abkhazia, repubbliche che hanno inviato volontari per combattere l’Ucraina nelle file dell’esercito russo.

L’accordo e’ stato firmato poco dopo che l’Ossezia del Sud ha celebrato lo scorso anno il 15 anniversario del riconoscimento russo dell’indipendenza del territorio, riconosciuta anche da Venezuela, Nicaragua, Repubblica di Nauru e Siria. Il Cremlino ha riconosciuto l’indipendenza di entrambe le regioni separatiste georgiane – Ossezia del Sud e Abkhazia – il 26 agosto 2008, due settimane dopo la firma dell’accordo per porre fine al breve ma sanguinoso conflitto con la Georgia per il controllo del territorio dell’Ossezia del Sud la Guerra dei Cinque Giorni. La Georgia continua a non riconoscere l’indipendenza di entrambi i territori e ha invitato a revocare il suo riconoscimento il Cremlino, che ha il sostegno degli Stati Uniti e dell’Unione Europea e ritiene che le truppe russe siano forze di occupazione.

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Arresto di Sansal incendia i rapporti Francia-Algeria

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Si infiammano i rapporti già tesi tra la Francia e l’Algeria per la sorte di Boualem Sansal, lo scrittore algerino che da qualche mese ha ottenuto anche la nazionalità francese. Da sabato scorso, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, non si sa più nulla di lui. Settantacinque anni, da 25 impegnato da scrittore contro il potere di Algeri e i cedimenti all’integralismo islamico, potrebbe – secondo fonti algerine – essere processato per “violazione dell’unità nazionale e dell’integrità nazionale del Paese”. Preoccupati i familiari, gli amici, i sostenitori, mobilitata la stampa e il mondo degli intellettuali francesi, silenzioso il governo di Parigi con l’eccezione di Emmanuel Macron, che ieri sera ha espresso pubblicamente la sua forte preoccupazione.

L’arresto di uno degli intellettuali più critici contro il potere di Algeri ha inasprito i già tesi rapporti tra Francia ed Algeria, che avevano fatto toccare proprio nelle scorse settimane nuovi picchi per la visita di Macorn in Marocco e i toni di grande vicinanza col regno di Mohammed VI. Oggi anche l’editore francese Gallimard, che pubblica le opere di Boualem Sansal fin dall’uscita del suo libro più famoso, ‘Le serment des barbares’ (Il giuramento dei barbari), si è detto “molto preoccupato” e ha chiesto la “liberazione” dello scrittore. “Sgomento” ha espresso per l’arresto di Sansal anche la sua casa editrice italiana, Neri Pozza.

Dopo l’intensificarsi della pressione mediatica sulla sorte dello scrittore, l’Algeria è uscita oggi duramente allo scoperto attraverso la sua agenzia di stampa, accusando Parigi di essere covo di una lobby “anti-algerina” e “filo-sionista”. L’agenzia Aps conferma, nella sua presa di posizione, l’arresto di Sansal e attacca senza mezzi termini Parigi, la “Francia Macronito-sionista che si adombra per l’arresto di Sansal all’aeroporto di Algeri”. “La comica agitazione di una parte della classe politica e intellettuale francese sul caso di Boualem Sansal – scrive l’agenzia di stato – è un’ulteriore prova dell’esistenza di una corrente d’odio contro l’Algeria. Una lobby che non perde occasione per rimettere in discussione la sovranità algerina”. Si cita poi un elenco di personalità “anti-algerine e, fra l’altro, filo-sioniste” che agirebbe a Parigi, e del quale farebbero parte “Éric Zemmour, Mohamed Sifaoui, Marine Le Pen, Xavier Driencourt, Valérie Pécresse, Jack Lang e Nicolas Dupont-Aignan”.

Ad offendersi, secondo l’Aps, è uno stato che “non ha ancora dichiarato al mondo se ha la necessaria sovranità per poter arrestare Benyamin Netanyahu, qualora si trovasse all’aeroporto Charles de Gaulle!”. L’agenzia passa poi all’attacco diretto di Macron e di Sansal stesso: il presidente che “torna abbronzato da un viaggio in Brasile” scrive Aps, parla di “crimini contro l’umanità” in Algeria ricordando la colonizzazione francese “ma prende le difese di un negazionista, che rimette in discussione l’esistenza, l’indipendenza, la storia, la sovranità e le frontiere dell’Algeria!”, riferendosi a Sansal. Nel suo primo e più celebre libro, Sansal racconta la salita al potere degli integralisti che contribuì a far precipitare l’Algeria in una guerra civile negli anni Novanta. I libri di Sansal, editi in Francia, sono venduti liberamente in Algeria, ma l’autore è molto controverso nel suo Paese, in particolare dopo una sua visita in Israele nel 2014.

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Il porno attore italo egiziano Sharif nel carcere di Giza, rischia 3 anni di carcere

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E’ un appello accorato quello che arriva dall’Egitto dalla madre di Elanain Sharif, quarantaquattrenne nato in quel Paese ma cittadino italiano, fermato al suo arrivo in aeroporto al Cairo. “Sono molto preoccupata perché mio figlio sta male. Aiutatemi, lui ha bisogno di me e io di lui. Non so cosa fare” ha detto la donna con un audio diffuso tramite il legale che l’assiste, l’avvocato Alessandro Russo. E proprio per accertate le condizioni in cui è detenuto, le autorità italiane hanno già chiesto a quelle egiziane di poter effettuare una visita in carcere, alla quale dovrebbe partecipare anche la donna, e sono in attesa di una risposta. Sharif è accusato di produzione e diffusione di materiale pornografico.

Si tratta di reato, secondo la normativa egiziana, punibile con una pena da 6 mesi a tre anni. Il capo di imputazione è stato comunicato dal Procuratore egiziano al legale del 44enne e in base al codice penale egiziano, un qualunque cittadino di quel paese che commette un reato, anche fuori dall’Egitto, può essere perseguito. Un principio giuridico analogo a quello previsto dal nostro ordinamento. L’ex attore porno è stato già ascoltato dal procuratore che ha convalidato il fermo per 14 giorni, disponendo che il caso sia nuovamente riesaminato il 26 novembre. Le Autorità egiziane stanno infatti attendendo il risultato della perizia tecnica sul materiale presente online. Dopo il fermo all’aeroporto, il 9 novembre, l’uomo si trova ora nel carcere di Giza. “E’ stato messo in carcere appena siamo arrivati in aeroporto” ha detto ancora la madre di Sharif dall’Egitto.

“Non posso sapere come sta – ha aggiunto – perché non riesco a parlarci e sono molto preoccupata”. Sono in particolare le sue condizioni di salute a preoccuparla perché, ha spiegato, “mio figlio ha subito tre interventi alla schiena, l’ultimo 30 giorni fa a Londra”. Dal giorno in cui è stato bloccato la madre ha incontrato un paio di volte il figlio. “La prima – ha detto il legale – il giorno dopo a quello in cui era stato preso in consegna dalle autorità, in carcere al Cairo e poi dopo cinque o sei giorni trasferito dove è ora e l’ha visto sempre per un paio di minuti”. Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. Vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aveva ricordato ieri il legale – Le procedure di arresto sono state fatte utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. L’avvocato Russo ha poi spiegato che la madre si trova ancora in Egitto “assieme al fratello, che lavora nella polizia egiziana, e spera di avere notizie di un suo rilascio”. Con la donna, e con gli avvocati italiano ed egiziano e le autorità del Cairo, sono in contatto fin dall’inizio della vicenda sia l’ambasciata italiana sia la Farnesina.

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