Ad una settimana dall’esplosione del coronavirus in Italia i malati sono saliti a 821, con un incremento in un solo giorno di 230, quasi il 40%. E aumentano anche i morti: ora sono 21 con i 4 registrati oggi, due uomini e due donne tra i 70 e gli 80 anni residenti nelle aree del lodigiano dalle quali e’ partito il contagio. Sembra dunque non arrestarsi ancora la progressione del virus anche se, lo spiega il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, bisognera’ attendere ancora qualche giorno per capire l’impatto delle misure adottate e valutare se sono state sufficienti. Quel che pero’ e’ gia’ evidente sono i danni economici provocati dall’emergenza: -65% per abbigliamento e ristorazione, -40% per arredo e gli altri settori, piazza Affari che anche oggi ha chiuso in negativo, bruciando 21 miliardi e facendo segnare un -3,58%. Le misure varate nel Cdm, dallo stop di tutti i pagamenti nelle zone rosse ad una serie di aiuti per il turismo, sono solo un primo intervento ed e’ chiaro che bisogna far ripartire il paese, fermo restando la necessita’ primaria della tutela della salute. Come? Seguendo, come dice il ministro dell’Economia Gualtieri, una “linea di equilibrio”: dunque “modulando in modo piu’ preciso” le misure restrittive in atto per riaprire scuole, universita’, negozi, musei fuori dalle zone rosse. Va in questo senso il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri che sara’ adottato nelle prossime ore: un provvedimento contenente le linee generali alle quali tutte le regioni dovranno conformarsi. Lo ha spiegato il commissario Borrelli. “Stiamo lavorando ad un Dpcm che andra’ a ridisegnare le misure nei territori e sara’ un provvedimento generalizzato per tutte le Regioni. Puntiamo ad un comportamento uniforme e concordato che sia coerente con l’andamento della malattia”. Al momento pero’ manca ancora la quadra, soprattutto per quanto riguarda le scuole. Il Veneto vorrebbe riaprire gia’ da lunedi’, come ha ribadito piu’ volte Zaia che oggi si e’ scusato con la comunita’ cinese sostenendo che le sue parole nel corso di un’intervista – “li abbiamo visti tutti i video con persone che mangiano topi vivi” – sono state fraintese e strumentalizzate. La Lombardia, invece, ha chiesto un’altra settimana di stop. E’ probabile dunque che si arrivera’ ad un provvedimento ad hoc per le due regioni e ad un altro con le le linee generali per tutte le altre. Che in alcuni casi – come a Palermo e nel Trentino Alto Adige – hanno gia’ deciso la riapertura delle scuole. Ed e’ la situazione sul territorio ad imporre scelte differenti. Perche i numeri dicono che su 821 ammalati (la meta’ in isolamento domiciliare, 345 in ospedale con sintomi e 64 in terapia intensiva), ben 474 sono in Lombardia, dove ci sono anche 8.500 persone in isolamento domiciliare perche’ venute a contatto con soggetti contagiati, 149 sono in Veneto, quasi tutti in provincia di Padova e Venezia, e 143 in Emilia Romagna, la maggior parte in provincia di Piacenza. Dunque e’ chiaro che per questi territori serviranno misure diverse rispetto a quelle che verranno prese, ad esempio, per la Toscana, dove ci sono 7 casi, per la Marche (6) o per l’Umbria, dove si registrano i primi casi due casi, non ancora validati dall’Iss. E che sia la Lombardia l’epicentro del virus lo dimostra anche l’emergenza – poi rientrata secondo quanto detto dal Commissario Borrelli – che si e’ verificata nell’ospedale di Lodi, dove sono stati ricoverati 51 pazienti gravi tutti provenienti dalla zona rossa di cui 17 in terapia intensiva. Vista la carenza di posti, sono stati trasferiti in altri ospedali lombardi. C’e’ poi da registrare l’appello dell’ordine dei medici al presidente Fontana. “Non si puo’ accettare – dice il presidente Filippo Anelli – che i nostri medici si trovino a fronteggiare l’emergenza senza le dotazioni per la protezione personale”. Un problema al quale sta cercando di ovviare la Protezione Civile che ha centralizzato l’acquisto di mascherine e Dpi e ha gia’ cominciato a inviarle nelle regioni. Tutte misure per contenere il contagio, partendo dal presupposto che il diritto alla salute viene prima di tutto, ma anche per consentire a chi vive nelle aree focolaio di “continuare a vivere regolarmente” come dice Borrelli ricordando la decisione di Poste di aprire gli uffici per poter pagare le pensioni anche nelle zone rosse.