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Cronache

Un piccolo villaggio russo invaso da orsi bianchi enormi a caccia di cibo, abitanti chiusi in casa terrorizzati in attesa dell’esercito

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Decine di orsi bianchi affamati che vagano in cerca di cibo per le strade di un piccolo villaggio russo,  Belushya Guba. Siamo in un paesino dell’arcipelago di Novaya Zemlya, nell’estremo nord della Russia che vive giorni di terrore perchè gli orsi polari senza cibo si sonno spinti fin dentro l’abitato, dove risiedono 2.000 abitanti,  terrorizzati dall’idea di un faccia a faccia con uno di questi possenti animali. Un paesino oramai fantasma, dove i cittadini sono chiusi dentro ed hanno chiesto al governo della regione di intervenire. Il massiccio spostamento sarebbe stato provocato dai cambiamenti climatici. I ghiacci dell’Artide si stanno infatti sciogliendo mettendo a repentaglio l’habitat naturale degli orsi bianchi, che sono così costretti a migrare in cerca di cibo.

È ormai da dicembre che gli orsi si aggirano dalle parti di Belushya Guba. Nelle terre poco abitate di Novaya Zemlya, dove nei decenni passati i sovietici testavano le loro bombe nucleari, gli orsi polari non sono di certo una novità. Ma si calcola che adesso nella zona del villaggio di Belushya Guba ce ne siano addirittura 52: un numero da record, che ha indotto le autorità a introdurre lo stato di emergenza. “Nel paese ci sono sempre almeno cinque animali, vanno letteralmente dietro alle persone ed entrano persino negli androni dei condomini”, racconta allarmato il capo dell’amministrazione di Novaya Zemlya, Zhigansha Musin, alla testata online Meduza. “La gente – spiega – è terrorizzata all’idea di uscire di casa. I genitori hanno paura a mandare i propri figli a scuola o all’asilo”. Al momento comunque non si registrano vittime né attacchi a persone, e Rosprirodnadzor – l’agenzia statale russa per le risorse naturali – non ha dato il permesso di abbattere gli orsi bianchi, che sono tra l’altro una specie a rischio, e ha inviato sul posto un gruppo di propri esperti per valutare la situazione. Secondo i ricercatori, gli orsi polari aggrediscono gli uomini molto raramente. Tra il 1870 e il 2014, in tutto il mondo ci sono stati solo 73 attacchi accertati. Venti persone sono morte e 63 sono state ferite. Il governatore ha chiesto aiuto alle autorità centrali di Mosca. Nelle prossime ore potrebbe arrivare in zona anche un contingente militare per allontanare, anche con le armi, gli enormi orsi.

In ogni caso, le autorità locali hanno pubblicato delle informazioni pratiche su come comportarsi nel caso in cui si incontri un orso. Il testo spiega che gli orsi bianchi non vanno a caccia di esseri umani, ma a volte a fine autunno o in inverno, quando non hanno abbastanza cibo, entrano nei centri abitati e sono attratti dai rifiuti. Gli orsi bianchi sono una specie protetta. Sono minacciati dal bracconaggio, dal riscaldamento globale e dall’inquinamento dei loro habitat. Si stima che nel mondo ce ne siano tra 22 e 31 mila esemplari. Ma secondo il Wwf il loro numero potrebbe ridursi del 30% prima del 2050.

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Non solo sciolti per mafia, ipotesi tutor per i Comuni

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Un delicato equilibrio tra il rispetto del voto dei cittadini e la gravità dell’infiltrazione criminale. Questo il tema che oggi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha portato all’attenzione dell’Anci, lanciando la proposta di rimodulare l’articolo del testo unico sugli enti locali sullo scioglimento delle amministrazioni ‘sospette’. L’idea del titolare del Viminale è quella di creare una nuova figura, una sorta di tutor, che possa intervenire nelle situazioni meno gravi e complesse evitando quindi lo scioglimento del Comune, provvedimento “lacerante e doloroso”, come ha spiegato lui stesso all’assemblea dei sindaci riunita a Torino. Ma non solo, Piantedosi ha anche confermato l’intenzione del governo di voler ripristinare le Province, con l’elezione diretta e la rimodulazione delle competenze. “La cosiddetta abolizione si è rivelata fallimentare – ha detto – pensiamo ad un un passo indietro”. Il focus dell’intervista che oggi ha visto protagonista il ministro dell’Interno è stato quello della riforma del Tuel, un testo che – ha detto lo stesso Piantedosi – “ha ormai un quarto di secolo di vita”.

“Credo – ha ribadito – che ci sia un unanime convincimento che la riforma sia indispensabile e necessaria”. Tra le “questioni da limare” ci sarebbe proprio quella delle province, un tema che già dal suo insediamento anche il ministro per l’Autonomia, Roberto Calderoli, aveva fortemente rilanciato. “Noi – le parole di Piantedosi – cercheremo di condividere questa ipotesi di riforma con tutte le parti politiche, compresa l’attuale opposizione”. La revisione del testo, inoltre, potrebbe prevedere anche novità sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, previsto dall’articolo 143. “L’esperienza pratica ci ha insegnato” che è meglio mettere “nel sistema qualcosa in mezzo tra scioglimento e non scioglimento, come misure di affiancamento, una sorta di commissariamento”.

“Nessuno – ha sottolineato il titolare del Viminale – immagina di poter arretrare rispetto ai presidi di legalità. Ma è sempre lacerante e doloroso il fatto che ci siano misure molto forti che incidono sui principi democratici. Bisogna cercare una ulteriore forma di equilibrio tra mantenimento dell’esito dei circuiti democratici e il presidio di legalità”. Prima di lasciare il palco, il ministro è tornato a ribadire la volontà del governo di spingere sulla videosorveglianza nella città. “Vorremmo creare un paniere di risorse economiche per implementare e aggiornare i sistemi – ha concluso -. Non è che ci piace il Grande Fratello, ma i dati ci dicono che più del 50% dei reati che viene scoperto si avvale di strumenti di indagine legati alla videosorveglianza. Andiamo incontro all’intelligenza artificiale, è illusorio pensare che la privacy possa frenare le enormi potenzialità che questi sistemi danno. Credo che la soluzione sia nell’avere fiducia nelle istituzioni”.

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Porno attore italo-egiziano arrestato in Egitto, la preoccuoazione della mamma in Italia

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Del figlio non sa più nulla dal 10 novembre scorso, dal giorno dopo un arresto al Cairo dai contorni tutti da chiarire. E’ la vicenda che riguarda Elanain Sharif, 44enne nato in Egitto ma cittadino italiano, di cui la madre dice di avere perso le tracce dopo che è stato fermato dalle autorità egiziane al suo arrivo dall’Italia. Un caso seguito con la “massima attenzione” dalla Farnesina dopo la denuncia della donna che era col figlio al momento del fermo. L’uomo si troverebbe, comunque, in una struttura nota anche alle autorità italiane. La madre avrebbe appurato che si trova nel carcere di Alessandria d’Egitto.

Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. L’uomo vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano. “E’ una vicenda che inevitabilmente ci riporta ai casi di Regeni e Zaky – afferma l’avvocato Alessandro Russo, legale della famiglia -. Sono andati al Cairo dove hanno un appartamento, erano lì per commissioni come avevano fatto tante altre volte ma appena arrivato è stato bloccato e gli hanno sequestrato il passaporto italiano”. Su punto a quanto si apprende, essendo anche cittadino italiano, Sharif aveva scelto di rientrare in Egitto col passaporto egiziano, e anche per questo è stata più lenta la procedura per una visita consolare. Sui motivi dell’arresto gli elementi sono al momento pochi. “Ciò che ha portato all’arresto non è chiaro, si tratterebbe di qualcosa legato a contenuti su Facebook ma non abbiamo capo di imputazione”, dice l’avvocato. Sharif lavora nell’industria del porno (è noto come Sheri Taliani) e questo potrebbe essere il motivo dell’arresto e in particolare l’avere diffuso immagini vietate dalle leggi egiziane.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aggiunge – Le procedure di arresto sono state effettuate utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. Sharif è stato, quindi, trasferito nel carcere della Capitale. “E’ stato lì per alcuni giorni, in condizioni inumane: senza potere dormire, poteva stendersi solo per mezzora, per sedersi su una sedia, anche per pochi minuti, doveva pagare. La madre l’ha visto per pochi istanti, il 10 novembre poi più nulla”, aggiunge il legale.

Russo ha immediatamente allertato la Farnesina e l’ambasciata italiana. La sede diplomatica al Cairo, in stretto coordinamento con il Ministero degli Esteri, sta seguendo “con la massima attenzione il caso” e l’ambasciata sta avendo costanti contatti con la madre dell’uomo. La donna, non senza difficoltà, è riuscita ad appurare che Sharif è stato trasferito nel carcere di Alessandria d’Egitto. “Lei ora è lì, assieme al fratello che lavora nella polizia egiziana e spera di avere notizie di un suo rilascio ma è preoccupatissima”, aggiunge Russo.

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Imprenditore campano arrestato in Gallura per frode fiscale

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Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.

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