E’ una matassa intricata la morte di Ugo Russo, il 15enne ucciso da un carabiniere fuori servizio la notte del 29 febbraio 2020 nel borgo di Santa Lucia di Napoli, mentre cercava di rapinare l’orologio al militare insieme con un complice. A sbrogliarla dovrà essere la Corte d’Assise, dal prossimo 12 luglio. A deciderlo è stato il giudice Tommaso Perrella che oggi, al termine dell’udienza preliminare, ha accolto le richieste della Procura di Napoli e rinviato a giudizio il militare con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Poco prima dell’inizio dell’udienza la madre del 15enne, Sara Mancini, ha accusato un malore e sono accorsi i medici: “Ho visto lui (il carabiniere, che non aveva mai incontrato prima) – spiegherà – e ho pensato a mio figlio che non c’è più. Mi sono sentita male, perché lui è stato il suo giustiziere”.
Per la prima volta le parti in causa hanno potuto esporre le loro tesi: per Giovanni Fusco, legale dei Russo, la morte del giovane avviene quando il ragazzo è in fuga, dunque quando i pericoli per il carabiniere si erano attenutati. Per l’avvocato Mattia Floccher, legale del militare, quel pericolo non era affatto cessato. Il riferimento è alla presenza di una seconda pistola, che però non è stata trovata. L’esposizione di Fusco si fonda essenzialmente sui risultati della perizia balistica che divide in due fasi il tentativo di rapina dell’orologio sfociato nella morte di Russo e la fuga del complice (quest’ultimo da alcuni giorni grave in ospedale a causa di un incidente stradale).
“Chiediamo solo la verità – ha detto Vincenzo Russo, padre di Ugo – abbiamo sempre avuto fiducia nella magistratura e oggi, dopo quasi tre anni e mezzo, torniamo a casa con la speranza di sapere cos’è veramente successo”. Ciò che è accaduto è invece chiaro per l’avvocato Floccher: “Avremmo preferito che il giudice avesse preso atto dell’impossibilità di ritenere configurabile una ipotesi di omicidio volontario. Siamo pronti a dimostrare, nel corso del dibattimento, l’innocenza dell’imputato”.
Soddisfazione è stata espressa da Fusco perché, ha detto, “questa è una vicenda che richiedeva il vaglio di un processo. Ma mi è impossibile gioire: questa storia è un dramma, da qualsiasi punto di vista la si guardi”. Il carabiniere (presente in aula, come entrambi i genitori del quindicenne) ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee sostenendo – ancora una volta – di avere sparato solo per legittima difesa, perché gli tenevano un’arma puntata. Presenti anche i genitori del 15enne. Davanti al Tribunale si sono radunati gli attivisti del Comitato “Verità e Giustizia per Ugo Russo” che hanno esposto uno striscione con la foto del ragazzo.
“In un Paese al contrario un Carabiniere indagato non fa più notizia, anche se al carabiniere gli puntano un’arma per rapinarlo. Se il rinvio a giudizio per la morte di Ugo Russo non mi stupisce, mi preoccupa, però, la paura che quotidianamente accompagna le nostre donne e uomini in divisa che prima di difenderci da malintenzionati devono pensare al risvolto giudiziario che li attende, qualsiasi sia l’azione adottata durante un intervento operativo”.
Lo afferma Antonio Serpi, Segretario Generale del SIM Carabinieri dopo aver appreso la notizia del rinvio a giudizio del carabiniere che ha sparato per difendersi da una rapina. Durante l’episodio perse la vita il giovane Ugo Russo. “Dedico un pensiero ai familiari di Ugo Russo e un altro pensiero ai familiari del Carabiniere che stanno vivendo un calvario solo perché il figlio ha agito per difendersi. In questa storia ci sono due vittime ma dobbiamo trovare, in questo Paese al contrario, il coraggio di ricordare, a chi delinque, che queste sono scelte pericolose e al contempo dobbiamo ricordare, a chi indossa una divisa, che bisogna continuare a fare il proprio lavoro, quello per cui si è giurato, anche in un Paese al contrario. Le Forze dell’ordine – conclude Serpi – non sono sullo stesso piano di chi delinque”.