Agitare lo spettro del ricatto non è una strategia vincente, nemmeno se il tuo nome è Viktor Orban: la Commissione europea ha giudicato insufficienti l’attuazione del piano di riforme del governo ungherese, necessario per sbloccare i fondi europei di coesione nel quadro del meccanismo di condizionalità. Con tale procedura, attivata per la prima volta contro l’Ungheria, l’Ue può sospendere i fondi europei destinati ad uno Stato qualora ravvisi delle violazioni dello stato di diritto che hanno o minacciano di avere un impatto negativo sul bilancio comunitario. Lo scorso settembre palazzo Berlaymont aveva proposto il congelamento del 65% dei fondi di coesione, pari a 7,5 miliardi di euro, se l’Ungheria non avesse dato attuazione entro il 19 novembre a 17 provvedimenti correttivi negoziati da Budapest e Bruxelles, tra cui l’istituzione di un’autorità indipendente anti-corruzione, una riforma degli appalti e altre misure per contrastare la corruzione. A quanto si apprende, secondo la Commissione europea “i requisiti non sono stati soddisfatti” dalle autorità ungheresi, per cui “il Consiglio dell’Ue verrà informato” della valutazione negativa del Berlaymont.
Il Consiglio, che discuterà del tema in occasione della riunione dei ministri europei dell’economia in programma il 6 dicembre, deciderà a maggioranza qualificata se dare seguito al congelamento dei fondi proposto dalla Commissione o meno. Parallelamente, l’esecutivo comunitario lancerà domani la procedura per l’adozione del piano di ripresa e resilienza ungherese, l’unico a non aver incassato il via libera di Bruxelles, ma lo vincolerà al raggiungimento di 27 ‘super milestones’ sulla falsariga di quanto avvenuto con la Polonia. Questi impegni devono essere “realizzati da Budapest prima che venga effettuato qualsiasi pagamento”.
Le ‘super milestones’ sono suddivise a loro volta in sotto categorie: una comprende le 17 misure correttive individuate nel quadro del meccanismo di condizionalità per sbloccare i fondi di coesione; un altro blocco include invece una serie di condizioni da soddisfare che puntano a tutelare l’indipendenza del sistema giudiziario. A questi impegni, che dovranno essere realizzati rispettivamente entro la fine dell’anno ed entro il primo trimestre del 2023, si aggiungono le condizioni classiche previste per l’esborso dei fondi per la ripresa. Il collegio dei commissari deciderà mercoledì prossimo se approvare o meno il Pnrr ungherese. Anche su questo punto, il Consiglio dell’Ue si pronuncerà il 6 dicembre. Se il Pnrr ungherese non otterrà l’approvazione dell’Ue entro la fine dell’anno, Budapest perderà il 70% dei fondi di ripresa ad essa destinati.
Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.
UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE (FOTO IMAGOECONOMICA)
La dinamica dell’attacco
Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.
Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.
UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA
Le dichiarazioni del ministro Crosetto
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:
“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.
Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.
La solidarietà del Presidente Meloni
Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:
“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.
Unifil: una missione per la pace
La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.
La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.
Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.
E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.
La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.