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Ucraina: restrizioni energetiche dopo attacchi russi a infrastrutture

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L’operatore energetico ucraino Ukrenergo ha annunciato l’introduzione di restrizioni a seguito degli attacchi aerei russi che hanno colpito oggi le infrastrutture energetiche dell’Ucraina. “Domani 18 novembre entreranno in vigore in tutte le regioni misure di limitazione dei consumi”, ha fatto sapere l’ente, precisando che ci saranno blackout e motivando “il ritorno temporaneo delle restrizioni” con “il danno alle strutture energetiche durante il massiccio attacco missilistico e di droni di oggi”.

“Gli ingegneri energetici stanno lavorando per eliminare le conseguenze dell’incidente per riportare al lavoro le infrastrutture danneggiate dal nemico il prima possibile”, ha proseguito Ukrenergo, invitando gli utenti a verificare “gli orari di disconnessione dalla rete” in base al proprio indirizzo e a “non accendere più apparecchi elettrici potenti contemporaneamente”.

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Sgominata rete collegata al cartello di Sinaloa a Barcellona

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La polizia spagnola, che ha pubblicato sul social network X le immagini dell’operazione congiunta con i Mossos d’Esquadra, la polizia regionale catalana, ha arrestato 14 membri di un gruppo di narcotrafficanti legati al cartello messicano di Sinaloa a Barcellona e in diverse città catalane (San Andrés de Llavaneres, San Cebrià de Vallalta e Cabrils). I 14 sono accusati di traffico internazionale di droga, riciclaggio di denaro, rapimento e omicidio. Nello specifico del rapimento e dell’omicidio di un uomo con passaporto italiano di 46 anni, presunto membro della banda, il cui corpo era stato ritrovato il 5 agosto scorso in un bosco a Botarell (Tarragona). L’uomo era stato rapito dai membri dell’organizzazione criminale tra il 31 maggio e il 2 giugno scorso e i suoi parenti in Kosovo avevano ricevuto una comunicazione dai rapitori che chiedevano il pagamento di 240.000 euro per il suo rilascio, fornendo una fotografia come prova di vita. I detenuti, undici uomini e tre donne di età compresa tra i 30 e i 70 anni, sono quasi tutti di nazionalità messicana.

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Biden: competizione con la Cina non diventi conflitto

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“La competizione non viri verso un conflitto”. E’ l’auspicio del presidente Usa Joe Biden nel suo incontro a Lima in Perù con il presidente cinese Xi Jinping. Un faccia a faccia a margine del vertice della Cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec) due mesi prima che Donald Trump entri in carica a gennaio, sullo sfondo delle preoccupazioni di nuove guerre commerciali e sconvolgimenti diplomatici. “Noi due non siamo sempre stati d’accordo, ma il nostro dialogo è sempre stato candido.

E questo penso che sia importante”, ha chiosato il commander in chief, mentre il leader cinese, da parte sua, ha annunciato che lavorerà per una “transizione fluida” nei rapporti Cina-Usa. Pechino è “pronta a lavorare con la nuova amministrazione americana per mantenere la comunicazione, espandere la comunicazione e gestire le differenze”, ha poi aggiunto Xi, precisando che “solo la solidarietà e la cooperazione possono aiutare l’umanità a superare le attuali difficoltà”. Il primo viaggio all’estero di Joe Biden come presidente degli Stati Uniti nel 2021 fu una missione celebrativa per rassicurare gli alleati democratici che l’America era tornata. Ma dopo la vittoria di Donald Trump, i due vertici all’estero per il presidente Usa uscente, all’Apec di Lima, e al G20 di Rio de Janeiro di lunedì e martedì, sono l’ultimo canto del cigno, che si trasforma in un’allerta sul rapido cambiamento dell’ordine globale.

Dopo il bilaterale col cinese Xi Jinping, Biden incontrerà il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, con cui si è dato appuntamento in Amazzonia – luogo simbolo della collaborazione sulla lotta ai cambiamenti climatici – prima di toccare terra a Rio. Una cooperazione quella sull’ambiente, che con gli Stati Uniti a guida repubblicana ora rischia di andare in frantumi. D’altra parte Trump è il convitato di pietra al summit brasiliano, dove si negozia fino all’ultimo minuto sulla dichiarazione finale, nel tentativo di sbrogliare i nodi sui dossier geopolitici di Ucraina e Medio Oriente.

Il russo Vladimir Putin a Rio diserta il vertice e anche questa volta manda il capo della diplomazia, Serghei Lavrov, che non di meno terrà il punto sulla partita con Kiev, come già accaduto alla riunione del G20 Esteri di febbraio, chiusa senza un comunicato finale. A complicare il lavoro degli sherpa è arrivato anche il dietrofront dell’Argentina di Javier Milei sulla tassazione dei super-ricchi. Una risorsa considerata come un’importante fonte per l’Alleanza per la lotta alla fame e alla povertà, uno dei tre assi portanti – insieme alla riforma della governance globale e alla transizione energetica – del G20 a trazione brasiliana.

In particolare, merita rilevare che prima di arrivare in Brasile, Milei è volato a Mar a Lago per incontrare il tycoon Usa e il suo ormai braccio destro Elon Musk, riemergendone con una dichiarazione in cui ipotizza un’asse di Paesi “faro del mondo” occidentale, che si consoliderà grazie alla guida di Trump a Washington, con “gli Stati Uniti nel Nord, l’Argentina nel Sud, l’Italia” di Giorgia Meloni “nella vecchia Europa e Israele come sentinella nella frontiera in Medio Oriente”.

Quasi una profezia. Uno scenario che interroga gli osservatori politici e di fronte al quale l’Unione europea di Ursula von der Leyen e il Brasile di Lula sentono la necessità di accelerare sull’accordo Ue-Mercosur. L’intesa tra i due blocchi, in stallo da oltre vent’anni, potrebbe essere portata a buon fine anche per questioni geopolitiche, oltre che per motivi economici, permettendo ai 27 una maggiore autonomia strategica dagli Stati Uniti di Trump, e ai sudamericani dai Brics di Xi. Stando alle ultime indiscrezioni, la firma – solo sulla parte commerciale dell’accordo – potrebbe arrivare già il 6 dicembre al vertice del Mercosur di Montevideo. Milei permettendo.

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Hegseth pagò la sua accusatrice ma nega l’aggressione

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Pete Hegseth, nominato da Donald Trump capo del Pentagono, ha pagato la donna che lo ha accusato di aggressione sessuale nell’ambito di un accordo di riservatezza anche se continua a ribadire che il rapporto è stato consensuale. Lo riporta il Washington Post citando l’avvocato di Hegseth, Timothy Parlatore. Hegseth – ha riferito il legale – era “visibilmente ubriaco” al momento dell’incidente, e ha accettato di pagare una somma non precisata alla donna perché temeva che la rivelazione dell’accaduto avrebbe comportato il suo licenziamento da Fox, dove in quel momento lavorava.

La dichiarazione del legale di Hegseth segue il rapporto dettagliato inviato nei giorni scorsi al transition team di Donald Trump da una donna amica della vittima. Nel rapporto si afferma che l’ex anchor di Fox ha violentato una ragazza di 30 anni nella sua stanza di albergo dopo un drink. La vittima ha esposto denuncia alla polizia di Monterey, California, alcuni giorni dopo l’incidente ma le autorità non hanno presentato alcuna accusa. Dopo che la donna lo ha minacciato di aprire un contenzioso nel 2020, Hegseth – ha messo in evidenza il suo legale – ha deciso di pagarla e farle firmare un accordo di riservatezza.

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