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Ucciso a 15 anni a Napoli, venti colpi esplosi in strada: caccia agli assassini di Emanuele Tufano

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Una ventina i colpi esplosi da due-tre armi da fuoco, lungo circa 250 metri, che hanno mandato in frantumi finestrini e parabrezza delle auto parcheggiate, la vetrina di un negozio e, infine, ucciso un 15enne. E’ lo scenario che la Polizia si è trovata davanti la scorsa notte, in via Carmeniello al Mercato, all’angolo con corso Umberto I, nel cuore di Napoli. A terra, tra i molti bossoli, il corpo ormai senza vita di Emanuele Tufano, colpito alle spalle forse mentre scappava. A ucciderlo sarebbe stato un singolo proiettile e un sistema di videosorveglianza potrebbe avere ripreso il delitto.

“Non è possibile che questi eventi vedano protagonisti ragazzi di 14-15 anni”, ha detto il sindaco Gaetano Manfredi per il quale quello dei baby-criminali è un fenomeno sociale a cui è necessario dare una risposta. Piene di dolore le parole di don Mimmo Battaglia, arcivescovo della città: “Ogni volta che un giovane viene ucciso la nostra città perde una parte del suo futuro, e questo non può lasciarci indifferenti; è tempo di un cambio di passo, e lo dico con tutta la forza e l’urgenza che richiede questo momento”. Sono sempre più frequenti tra Napoli e provincia i casi di criminalità comune e organizzata che vedono protagonisti giovanissimi, in una città che negli anni passati ha visto nascere le cosiddette ‘paranze dei bambini’, bande di baby camorristi spietate e violente.

Il prefetto Michele di Bari ha riunito immeditamente il comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza: “Questo omicidio – ha detto al termine della riunione – provoca una profonda scossa alla città, perché ormai non ci sono più parole per descrivere un evento così tragico. Da una parte ci sarà una risposta in termini di attività di prevenzione con servizi mirati, straordinari, alto impatto, tutto ciò che è necessario per controllare il territorio. Dall’altra ci sarà un’attività forte da parte della magistratura. Ma non si può prescindere da un appello alla città per riappropriarci di strumenti educativi”. Sul fronte delle indagini, secondo una prima ricostruzione degli investigatori, ci sarebbe stato un inseguimento durante il quale – pare – sono stati esplosi i colpi d’arma da fuoco. Non si esclude, al momento, che i ragazzi si siano trovati lì su appuntamento, forse per risolvere delle divergenze, forse riferibili a un furto, e che la discussione sia degenerata fino a sfociare nella sparatoria e nell’omicidio di Tufano.

Nella zona ci sono diversi sistemi di videosorveglianza e uno in particolare potrebbe rivelarsi determinante. La scorsa notte al pronto soccorso del Cto di Napoli si sono presentati anche due ragazzi, di 14 e 17 anni: al primo i medici hanno medicato delle escoriazioni mentre per il secondo si è reso necessario un intervento chirurgico d’urgenza per estrarre l’ogiva di un proiettile dal braccio. Sono due amici della vittima e si ipotizza siano coinvolti nella vicenda. Le loro condizioni di salute non destano preoccupazioni e dunque potranno rispondere a chi indaga. Nella speranza che contribuiscano ad individuare il killer del quindicenne.

Emanuele era incensurato e residente nel quartiere Sanità. Studiava in un istituto professionale e lavorava, pare come meccanico. Non si esclude sia finito con persone sbagliate. La sua è una famiglia di ristoratori, che nell’antico quartiere gestisce una trattoria. In strada si mormora circa il movente dell’accaduto, ma le versioni sono più di una e, per ora, non trovano alcuna conferma da parte della Squadra Mobile. C’è chi parla di una diatriba forse riconducibile al furto di uno scooter, forse ai danni della persona sbagliata. I genitori di Emanuele erano in vacanza: hanno appreso della tragedia e ora stanno facendo ritorno da Ibiza.

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Deserto di negozi, spariti 140 mila in 10 anni

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I negozi continuano a chiudere e vie e piazze deserte si diffondono nelle città. Confesercenti stima che negli ultimi 10 anni siano sparite 140 mila imprese del commercio al dettaglio in sede fissa. Quasi 46.500 di queste erano attività di vicinato “di base”, come i negozi alimentari, le edicole, i bar o i benzinai. Circa 13 al giorno hanno chiuso per sempre. Il dossier “Commercio e servizi: le oasi nei centri urbani” racconta la desertificazione commerciale che avanza e ha raggiunto 5.653 comuni, soprattutto piccoli e piccolissimi. Così oltre 3,8 milioni di persone non possono più acquistare il pane in una panetteria vicino a casa, quasi 3,5 milioni non hanno modo di comprare giornali nel loro comune e 3,1/3,2 milioni non vi trovano un negozio di biancheria o di vestiti per bambini. Aumentano, nei paesi di minore dimensioni, solo le tabaccherie – diventate spesso centri di servizi – e le farmacie.

“Nel deserto, le oasi rappresentano un punto dove trovare refrigerio, acqua, riparo dove potere fermarsi in sicurezza. Nei nostri paesi e nelle nostre città, i negozi di vicinato producono lo stesso effetto”, ha dichiarato la presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise, alla presentazione dello studio. De Luise ha spronato a passare dalla ‘rottamazione’ del commercio, prevista dalla normativa del 1998, prima dell’avvento dell’e-commerce e della crisi dei supermercati, alla rigenerazione delle economie urbane. Servono per De Luise una flat tax per chi apre nelle aree desertificate, semplificazioni burocratiche e formazione continua.

La proposta è quella di istituire “un Fondo per la rigenerazione urbana, dove far confluire le risorse per le misure di sostegno e le azioni dei sindaci”, finanziato dalle risorse che i commercianti già versano per il meccanismo della rottamazione, a cui hanno già contribuito con circa 6 miliardi di euro, integrato con un contributo dei giganti del web. Di qui l’appello al governo a considerare anche gli extraprofitti online. In questo senso è valutata come “un passo avanti” l’estensione della web tax prevista dalla manovra a tutti i gruppi, a prescindere dal fatturato. “L’imposta, però, rimane troppo bassa – per la presidente – il 3% è poco”. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha manifestato la disponibilità a lavorare insieme a provvedimenti come la legge annuale per le piccole e micro imprese che sarà presentata in consiglio dei ministri “tra poche settimane”. Urso ha inoltre annunciato che i chiarimenti sul piano Transizione 5.0, in pubblicazione entro la prossima settimana, avranno novità attese dalle imprese del settore commerciale. “Gli investimenti nell’illuminotecnica e negli impianti di condizionamento – ha detto Urso – saranno parte integrante del pacchetto di agevolazione”.

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Due giovani morti in incidente, dopo 22 anni condanna definitiva

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Dopo 22 anni dai fatti è diventata definitiva la condanna come corresponsabile civile di Andrea Godono nell’incidente stradale in cui, il 14 aprile 2002, persero la vita a Bari il 20enne Vincenzo Moretti, figlio del noto ortopedico e professore universitario barese Biagio, e la cugina di 19 anni Maria Esther Martino e un’altra ragazza rimase ferita. La Cassazione ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso della difesa di Godono, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Bari del 24 novembre 2022 con cui l’uomo fu giudicato corresponsabile ai fini civili dell’incidente nella misura del 25%, condannandolo al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili insieme alla compagnia assicurativa Sai.

Già nel 2022 diventò definitiva la condanna a un anno e 9 mesi di reclusione, per omicidio colposo, nei confronti del cittadino albanese Rezeart Turku. L’incidente avvenne sul lungomare sud di Bari la sera del 14 aprile: la Ford Ka guidata da Godono, con a bordo le due vittime, si schiantò frontalmente con l’Alfa Romeo 164 di Turku che aveva invaso il senso di marcia opposto. Entrambe le auto viaggiavano a oltre 70 chilometri orari in più rispetto al limite, Turku e Godono finirono a processo per omicidio colposo: il primo fu condannato sia in primo grado (2009) che in appello (2016), il secondo assolto in entrambe le occasioni.

I familiari delle vittime, costituite parti civili e assistite dagli avvocati Roberto Eustachio Sisto, Italia Mendicini e Nicola De Fuoco dello Studio Fps di Bari, fecero dunque ricorso in Cassazione impugnando, per i soli interessi civili, l’assoluzione di Godono. E per questo nel 2017 la Suprema corte annullò con rinvio la sentenza di secondo grado. La nuova sentenza della Corte d’Appello di Bari del 2022 stabilì la corresponsabilità civile di Godono, che impugnò nuovamente la decisione in Cassazione. Il ricorso, dichiarato inammissibile come richiesto dagli avvocati delle parti civili, ha dunque reso definitiva anche questa condanna. Subito dopo l’incidente, la famiglia di Moretti creò la fondazione ‘Ciao Vinny’, da anni impegnata in attività di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale.

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Dilexit nos, nuova enciclica del Papa: cambiare il mondo con il cuore

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“Per esprimere l’amore di Gesù si usa spesso il simbolo del cuore. Alcuni si domandano se esso abbia un significato tuttora valido. Ma quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore”. E’ il concetto espresso all’inizio di ‘Dilexit nos’ (Ci ha amati), la quarta enciclica di papa Francesco – contando anche la ‘Lumen fidei’ a quattro mani con Benedetto XVI – pubblicata oggi e dedicata all'”amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo”.

“In questo mondo liquido è necessario parlare nuovamente del cuore; mirare lì dove ogni persona, di ogni categoria e condizione, fa la sua sintesi; lì dove le persone concrete hanno la fonte e la radice di tutte le altre loro forze, convinzioni, passioni, scelte”, spiega il Pontefice. “Ma ci muoviamo in società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia, senza molta pazienza per i processi che l’interiorità richiede. Nella società di oggi, l’essere umano ‘rischia di smarrire il centro, il centro di se stesso'”, aggiunge. In altre parole, “manca il cuore”.

Proprio ad un mondo che “sembra aver perso il cuore” – così aveva detto annunciando il testo lo scorso 5 giugno – Francesco rivolge questo documento di cinque capitoli e 220 paragrafi, più breve della Laudato si’ e della Fratelli tutti, ma comunque corposo. Un testo meno di carattere ‘sociale’ rispetto alle precedenti encicliche, ma che secondo mons. Bruno Forte, teologo di vaglia, arcivescovo di Chieti-Vasto, “nasce dall’esperienza spirituale di papa Francesco, che avverte il dramma delle enormi sofferenze prodotte dalle guerre e dalle tante violenze in corso e vuol farsi vicino a chi soffre proponendo il messaggio dell’amore divino che viene a salvarci”.

E come tale “offre la chiave di lettura dell’intero magistero di questo Papa”: peraltro, appunto, “lungi dall’essere un magistero ‘schiacciato’ sul sociale, come a volte è stato maldestramente inteso”. Bergoglio propone un nuovo approfondimento sull’amore di Cristo rappresentato nel suo Sacro Cuore e invita a rinnovarne l’autentica devozione ricordando che nel Cuore di Cristo “possiamo trovare tutto il Vangelo”: è nel suo Cuore che “riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare”.

Francesco spiega che incontrando l’amore di Cristo, “diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune”, come invita a fare nella Laudato si’ e nella Fratelli tutti. E davanti al Cuore di Cristo, chiede al Signore “di avere ancora una volta compassione di questa terra ferita” e di riversare su di essa “i tesori della sua luce e del suo amore”, affinché il mondo, “che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore”. Insomma, è il cuore “che unisce i frammenti” e rende possibile “qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo”.

E la riflessione sulle Scritture, sui testi magisteriali, sulla spiritualità dei vari santi, tra cui Ignazio di Loyola, porta il Papa a quelle che sono le conseguenze sociali, perché il mondo può cambiare “a partire dal cuore”, proprio sulla base dei gesti e delle parole d’amore di Cristo. “Il Sacro Cuore di Gesù è una sintesi del Vangelo”, afferma. Ed è da qui che può nascere un nuovo “impegno comunitario e missionario”, come l’idea che “l’amore per i fratelli è il gesto più grande che possiamo offrire” a Gesù per ricambiarlo. Infine “imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno”, auspica il Papa nella preghiera finale.

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