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Uccide lo zio a coltellate e dopo ore si costituisce

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Ha ucciso lo zio a coltellate durante una violenta lite degenerata nella villa dove viveva, poi si è allontanato e, dopo alcune ore in cui ha vagato, ha telefonato al 112 per costituirsi: “Venite ad arrestarmi a Poggiridenti, ho ammazzato mio zio”. Nel tardo pomeriggio di ieri i Carabinieri della Compagnia di Sondrio, con il supporto degli investigatori del Comando Provinciale, hanno arrestato per omicidio volontario Luca Michele Iannello, di 24 anni. E ora resta da capire per quale motivo abbia ucciso lo zio Davide Conforto, 62 anni, disoccupato con studi da designer allo Ied, un passato in Sardegna con l’ex compagna da cui ha avuto un figlio, una passione per l’informatica (libero professionista internet si definiva su linkedIn) e la musica.

Lo ha colpito con vari fendenti al torace ed alla gola, utilizzando un grosso coltello da cucina I Carabinieri della Stazione di Ponte in Valtellina, che per primi sono arrivati sul posto in pochi minuti, insieme al personale sanitario di Areu, lo hanno trovato che li stava aspettava nel giardino dell’abitazione dello zio, una villa indipendente, in via Masoni, la strada che attraversa il paese ed hanno rinvenuto al piano terra, in una pozza di sangue, il corpo esanime di Davide Conforto.

La scena del crimine è stata subito isolata ed i carabinieri specializzati del Comando provinciale, coordinati dalla Procura di Sondrio diretta da Piero Basilone, hanno eseguito i rilievi tecnici. I militari hanno subito acquisito le prime informazioni dal giovane e, alla luce degli elementi raccolti, nelle ore notturne lo hanno condotto nella caserma di Largo Sertoli dove lo hanno dichiarato in stato di arresto per il reato di omicidio volontario.

Questa mattina è stato portato in carcere a Sondrio, dove ora si trova rinchiuso a disposizione della Procura. Nella notte sulla scena del delitto è anche intervenuto il magistrato di turno, Daniele Carli Ballola, per valutare le prime informazioni acquisite e coordinare i rilievi urgenti e il prosieguo della attività investigativa. Le indagini proseguono in queste ore per approfondire la dinamica del delitto e chiarire il movente.

La salma di Conforto è stata trasportata presso la camera mortuaria dell’ospedale di Sondrio per l’esame autoptico che, nelle prossime ore, verrà disposto dalla Procura della Repubblica. “Sono sconvolto da quello che è successo – ha commentato Giovanni Piasini il sindaco di Poggiridenti, comune di meno di duemila anime in provincia di Sondrio -. Non era mai accaduto niente del genere nel nostro paese, noto non certo per fatti di sangue ma per ben altro”.

“Avevamo sentito che c’erano un po’ di diatribe fra zio e nipote che da quel che ho potuto capire vivevano insieme – ha aggiunto -, ma mai si sarebbe pensato a un delitto così efferato. Porgo le condoglianze alla famiglia di Davide, che conosco molto bene” L’ultimo post su Facebook risale a venerdì, giorno prima della morte con un ricordo di ciliegi in fiore e la constatazione che invece quest’anno “sono completamente sfioriti”, di pochi giorni prima gli auguri di buon equinozio di primavera, a otto persone fra cui il nipote.

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Non solo sciolti per mafia, ipotesi tutor per i Comuni

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Un delicato equilibrio tra il rispetto del voto dei cittadini e la gravità dell’infiltrazione criminale. Questo il tema che oggi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha portato all’attenzione dell’Anci, lanciando la proposta di rimodulare l’articolo del testo unico sugli enti locali sullo scioglimento delle amministrazioni ‘sospette’. L’idea del titolare del Viminale è quella di creare una nuova figura, una sorta di tutor, che possa intervenire nelle situazioni meno gravi e complesse evitando quindi lo scioglimento del Comune, provvedimento “lacerante e doloroso”, come ha spiegato lui stesso all’assemblea dei sindaci riunita a Torino. Ma non solo, Piantedosi ha anche confermato l’intenzione del governo di voler ripristinare le Province, con l’elezione diretta e la rimodulazione delle competenze. “La cosiddetta abolizione si è rivelata fallimentare – ha detto – pensiamo ad un un passo indietro”. Il focus dell’intervista che oggi ha visto protagonista il ministro dell’Interno è stato quello della riforma del Tuel, un testo che – ha detto lo stesso Piantedosi – “ha ormai un quarto di secolo di vita”.

“Credo – ha ribadito – che ci sia un unanime convincimento che la riforma sia indispensabile e necessaria”. Tra le “questioni da limare” ci sarebbe proprio quella delle province, un tema che già dal suo insediamento anche il ministro per l’Autonomia, Roberto Calderoli, aveva fortemente rilanciato. “Noi – le parole di Piantedosi – cercheremo di condividere questa ipotesi di riforma con tutte le parti politiche, compresa l’attuale opposizione”. La revisione del testo, inoltre, potrebbe prevedere anche novità sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, previsto dall’articolo 143. “L’esperienza pratica ci ha insegnato” che è meglio mettere “nel sistema qualcosa in mezzo tra scioglimento e non scioglimento, come misure di affiancamento, una sorta di commissariamento”.

“Nessuno – ha sottolineato il titolare del Viminale – immagina di poter arretrare rispetto ai presidi di legalità. Ma è sempre lacerante e doloroso il fatto che ci siano misure molto forti che incidono sui principi democratici. Bisogna cercare una ulteriore forma di equilibrio tra mantenimento dell’esito dei circuiti democratici e il presidio di legalità”. Prima di lasciare il palco, il ministro è tornato a ribadire la volontà del governo di spingere sulla videosorveglianza nella città. “Vorremmo creare un paniere di risorse economiche per implementare e aggiornare i sistemi – ha concluso -. Non è che ci piace il Grande Fratello, ma i dati ci dicono che più del 50% dei reati che viene scoperto si avvale di strumenti di indagine legati alla videosorveglianza. Andiamo incontro all’intelligenza artificiale, è illusorio pensare che la privacy possa frenare le enormi potenzialità che questi sistemi danno. Credo che la soluzione sia nell’avere fiducia nelle istituzioni”.

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Porno attore italo-egiziano arrestato in Egitto, la preoccuoazione della mamma in Italia

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Del figlio non sa più nulla dal 10 novembre scorso, dal giorno dopo un arresto al Cairo dai contorni tutti da chiarire. E’ la vicenda che riguarda Elanain Sharif, 44enne nato in Egitto ma cittadino italiano, di cui la madre dice di avere perso le tracce dopo che è stato fermato dalle autorità egiziane al suo arrivo dall’Italia. Un caso seguito con la “massima attenzione” dalla Farnesina dopo la denuncia della donna che era col figlio al momento del fermo. L’uomo si troverebbe, comunque, in una struttura nota anche alle autorità italiane. La madre avrebbe appurato che si trova nel carcere di Alessandria d’Egitto.

Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. L’uomo vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano. “E’ una vicenda che inevitabilmente ci riporta ai casi di Regeni e Zaky – afferma l’avvocato Alessandro Russo, legale della famiglia -. Sono andati al Cairo dove hanno un appartamento, erano lì per commissioni come avevano fatto tante altre volte ma appena arrivato è stato bloccato e gli hanno sequestrato il passaporto italiano”. Su punto a quanto si apprende, essendo anche cittadino italiano, Sharif aveva scelto di rientrare in Egitto col passaporto egiziano, e anche per questo è stata più lenta la procedura per una visita consolare. Sui motivi dell’arresto gli elementi sono al momento pochi. “Ciò che ha portato all’arresto non è chiaro, si tratterebbe di qualcosa legato a contenuti su Facebook ma non abbiamo capo di imputazione”, dice l’avvocato. Sharif lavora nell’industria del porno (è noto come Sheri Taliani) e questo potrebbe essere il motivo dell’arresto e in particolare l’avere diffuso immagini vietate dalle leggi egiziane.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aggiunge – Le procedure di arresto sono state effettuate utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. Sharif è stato, quindi, trasferito nel carcere della Capitale. “E’ stato lì per alcuni giorni, in condizioni inumane: senza potere dormire, poteva stendersi solo per mezzora, per sedersi su una sedia, anche per pochi minuti, doveva pagare. La madre l’ha visto per pochi istanti, il 10 novembre poi più nulla”, aggiunge il legale.

Russo ha immediatamente allertato la Farnesina e l’ambasciata italiana. La sede diplomatica al Cairo, in stretto coordinamento con il Ministero degli Esteri, sta seguendo “con la massima attenzione il caso” e l’ambasciata sta avendo costanti contatti con la madre dell’uomo. La donna, non senza difficoltà, è riuscita ad appurare che Sharif è stato trasferito nel carcere di Alessandria d’Egitto. “Lei ora è lì, assieme al fratello che lavora nella polizia egiziana e spera di avere notizie di un suo rilascio ma è preoccupatissima”, aggiunge Russo.

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Imprenditore campano arrestato in Gallura per frode fiscale

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Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.

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