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Cronache

Tutti assolti per l’omicidio di Serena Mollicone, la protesta in aula: vergogna

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Tutti assolti. L’omicidio di Serena Mollicone, morta ad Arce nel giugno del 2001, resta un ‘cold case’ senza colpevoli. I giudici della Corte d’Assise di Cassino, dopo una camera di consiglio fiume durata quasi 9 ore, hanno fatto cadere le accuse per l’intera famiglia Mottola con la formula “per non avere commesso il fatto” e per gli altri due imputati: Vincenzo Quatrale, all’epoca vice maresciallo e accusato di concorso esterno in omicidio, e per l’appuntato dei carabinieri Francesco Suprano a cui era contestato il favoreggiamento con la formula “perche’ il fatto non sussiste”. Dopo la lettura della sentenza ci sono stati momenti di forte tensione sia nell’aula che all’esterno del palazzo di giustizia, con un tentativo di aggressione nei confronti di alcuni imputati al punto che sono dovute intervenire le forze dell’ordine per riportare la calma. Nessuna condanna, quindi, per Marco Mottola, il padre Franco, ex comandante dei carabinieri di Arce e la moglie Anna Maria. I tre erano accusati di omicidio volontario e la Procura aveva sollecitato condanne fino a 30 anni. “Oggi e’ uscita fuori la verita’, lo abbiamo sempre detto che eravamo innocenti”, il commento a caldo di Franco e Marco, mentre qualcuno gridava “assassini e vergogna”. Dal canto suo la Procura prende atto della decisione della corte ammettendo pero’ di avere fatto tutto il possibile in questi anni per arrivare ad una verita’ su quanto accaduto nella caserma dei carabinieri di Arce e annunciando che fara’ ricorso in appello. “E’ una meschinita’ ma non ci fermiamo, la verita’ e’ ben altra”, ha detto lo zio di Serena, Antonio Mollicone. Resta il fatto che l’impianto accusatorio non ha retto al vaglio dei giudici di primo grado. Secondo l’accusa Serena venne uccisa all’intero della caserma da Mottola jr che utilizzo’ la porta in legno della foresteria come arma per uccidere: il cranio della ventenne fu sbattuto violentemente contro lo stipite al culmine di una lite. Serena mori’, secondo quanto accertato da consulenze e perizie, dopo 5 ore di agonia a causa del nastro adesivo sulla bocca e sul naso. Secondo l’accusa i genitori si sarebbero invece occupati dell’occultamento del cadavere. Sempre in base all’impianto accusatorio, la giovane, “dopo il violento colpo contro la porta cadde priva di sensi a causa di alcune fratture craniche ma poteva essere soccorsa – spiegava la ricostruzione della perizia del medico legale di parte -. Fu lasciata, invece, in quelle condizioni per quattro-sei ore prima di essere uccisa dal nastro adesivo che gli e’ stato applicato sulla bocca e sul naso provocandone il soffocamento”. Il movente, secondo la Procura di Cassino, era legato ad una lite che Marco Mottola ebbe con Serena alcune ore prima. “Serena – ha spiegato il pm di Cassino – quel giorno si era recata dal dentista a Sora e poi sali’ a bordo dell’auto di Mottola per un passaggio. Con lui si fermo’ davanti ad un bar dove fu vista litigare con il giovane”. La ragazza ando’, quindi, in caserma per recuperare dei libri che aveva lasciato in auto e li’, secondo l’accusa, venne aggredita. Il pubblico ministero ha affermato, inoltre, che furono i genitori di Mottola ad occuparsi dell’occultamento del cadavere. La notte tra il primo e il 2 giugno di 21 anni fa “Franco e Anna Maria Mottola portano il corpo di Serena nel bosco”, un elemento che, sempre secondo l’accusa, e’ confermato anche dall’analisi dei tabulati telefonici e dal racconto di un testimone. In quel boschetto, a 8 chilometri da Arce, Serena fu ritrovata la mattina del 3 giugno 2001: il corpo in posizione supina in mezzo ad alcuni arbusti, la testa, con una vistosa ferita, avvolta in un sacchetto di plastica, mani e piedi legati con scotch e fil di ferro. Nastro adesivo anche su naso e bocca. I giudici della Corte d’Assise la pensano pero’ diversamente e hanno deciso di assolvere anche Quatrale e Suprano. Entrambi, secondo l’accusa, sapevano cosa era successo in caserma, ma decisero di non parlare. Cosa che fece, anni dopo, il loro collega, il brigadiere Santino Tuzi, poi suicidatosi “perche’ e’ stato lasciato solo da tutti quelli che sapevano, a partire dai colleghi Suprano e Quatrale”, ha sostenuto l’accusa in aula. La sentenza, per il momento, spazza via questo impianto di accuse e lascia un delitto efferato senza un colpevole.

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Cronache

L’Emilia-Romagna conta i danni, nessun disperso

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Danni ancora da quantificare, ma che con ogni probabilità supereranno il miliardo di euro, tutte le energie concentrare per le operazioni essenziali di ripristino degli argini colpiti e per un ritorno alla normalità il prima possibile, e una buona notizia: non c’è alcun disperso. Il giorno dopo l’incubo che a distanza di poco più di un anno torna in Emilia-Romagna, l’alluvione che ha colpito in particolare alcune aree del Ravennate e del Bolognese, si cominciano a fare i conti: al momento ci sono complessivamente 2.500 persone evacuate in via precauzionale, centinaia e centinaia di case invase dal fango, campagne allagate con gli agricoltori in ginocchio, linee dei treni locali ancora parzialmente sospese, viabilità critica in alcune zone per via di frane e smottamenti ancora in evoluzione. L’allerta rossa è passata e da domani sarà arancione, non per il maltempo ma per le possibili conseguenze sul territorio di quanto avvenuto.

La Regione ha già chiesto lo stato d’emergenza, come ha fatto il presidente delle Marche Francesco Acquaroli. Anche in questa regione la situazione è andata migliorando nel corso della giornata. “Già oggi invieremo una prima comunicazione al Ministro Musumeci e alla Protezione Civile” dice Acquaroli ringraziando i soccorritori che “hanno lavorato senza sosta giorno e notte e stanno continuando a farlo per riportare la situazione alla normalità”. La buona notizia arriva in giornata dalla Prefettura di Ravenna, è la smentita dell’iniziale segnalazione di due persone disperse dopo la piena che ha travolto argini e case a Traversara, frazione di Bagnacavallo. Un tecnico del consorzio di bonifica, sul posto, aveva creduto di vedere una persona spazzata via dall’acqua e un’altra in una casa poi crollatagli davanti agli occhi. Segnalazione, ricostruisce il prefetto ravennate Castrese De Rosa, che era opportuno verificare e accertare. Ieri la notizia era stata rilanciata dal viceministro Galeazzo Bignami, appresa dal capo della Protezione civile, mentre oggi le verifiche e i riscontri hanno dato tutte esito negativo. Le conseguenze di uno scarico di pioggia definito straordinario dai tecnici – 350 millimetri caduti in 48 ore, quando per un raffronto nel maggio 2023 furono 400-450 i millimetri in due alluvioni – sono devastanti, soprattutto su una popolazione che si stava appena riprendendo dalla distruzione di un anno e mezzo fa. Ora però finita la fase dei soccorsi, tecnici e imprese sono già al lavoro per ripristinare gli argini: non si registrano più fuoriuscite d’acqua su Senio e Lamone. Oltre mille gli interventi solo dei vigili del fuoco, con le situazioni più critiche a Lugo, dove è stato evacuato anche l’ospedale, e Bagnacavallo.

“Un terzo del Comune è sott’acqua – dice il sindaco di quest’ultimo comune – anche se si tratta quasi tutto di campagna”. Altro punto critico l’Idice nel bolognese. Circa 1.300 in tutto le interruzioni di energia elettrica, in corso di ripristino. “Siamo già all’opera per tornare alla normalità – ha assicurato Irene Priolo, presidente facente funzioni – La rottura del Senio ha causato l’allagamento a Lugo interessando, con diverse intensità, alcune parti della cittadina. Stiamo già organizzando il massimo supporto con un’ottantina di volontari della Protezione civile della Colonna Toscana e i nostri tecnici dell’Agenzia regionale. Ieri sera ho firmato l’ordinanza per la gestione dei rifiuti, solidi e liquidi: più agiamo rapidamente nello smaltimento, meno saranno i problemi, soprattutto per le famiglie e i cittadini”.

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Tre morti in rogo a Milano, presenza di sostanze acceleranti

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La presenza indubbia di una o più sostanze acceleranti è stata segnalata dal pastore belga specializzato nella ricerca di acceleranti di fiamma, usato stamane, durante il sopralluogo nello showroom cinese, andato a fuoco giovedì della scorsa settimana a Milano: nel rogo sono morti tre giovani di 17, 18 e 24 anni. Da quanto si è saputo il cane, arrivato dal comando dei vigili del fuoco di Palermo, ha rilevato tracce chiare di acceleranti al pian terreno, vicino all’ingresso, dell’edificio in via Cantoni, zona Certosa, dove si è sviluppato l’incendio. In quel punto, gli investigatori hanno prelevato il materiale che verrà analizzato al fine di individuare la sostanza esatta. Da quanto si apprende, la Procura, che sta indagando per strage, ipotizza che l’accelerante sia stato piazzato nei pressi dell’entrata dello showroom alcune ore prima. Sul punto sono in corso gli esami delle iìmmagini, anche dei giorni precedenti, delle telecamere di sorveglianza sequestrate.

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Uccide la moglie, 15enne ha cercato di difendere la madre

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Il figlio della coppia, un 15enne, è rimasto gravemente ferito perché ha cercato di difendere e mettere in salvo la madre, frapponendosi fra lei e il padre. Il ragazzo si trova in gravissime condizioni nella terapia intensiva dell’ospedale veronese di Borgo Trento. Il padre prima di essere portato in caserma è stato sentito sul posto dai militari dell’Arma, intervenuti nella villetta di due piani dove è avvenuto il delitto. La vittima aveva 58 anni. Ancora da chiarire il movente dell’omicidio. I colpi d’arma da fuoco sono stati avvertiti nella frazione intorno alle 14, quando è scattato l’allarme. Ma per la donna la non c’era più nulla da fare.

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