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Tutte le bugie di Chiara, ‘temevo i giudizi degli altri’

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Bugie. Tante bugie. Un castello di contraddizioni messo insieme per una serie di motivi ancora insondabili, non ultimo quello del timore del giudizio di famiglia, fidanzato e amici. E per alleggerire la propria posizione via via che le evidenze raccolte dagli inquirenti si facevano sempre meno opinabili e le domande sempre più incalzanti. Chiara Petrolini, 21enne di Parma accusata di omicidio premeditato e soppressione di cadavere dopo il ritrovamento dei corpicini dei suoi due figli neonati nel giardino di casa, giovedì avrà la possibilità di esporre al giudice per le indagini preliminari la sua versione dei fatti e contrastare la ricostruzione messa in piedi dalla Procura. Anche se al momento non è ancora chiaro se la 21enne, sssistita dall’avvocato Nicola Tria, risponderà alle domande o si avvarrà della facoltà di non rispondere.

La ragazza si trova da venerdì agli arresti domiciliari, in un’abitazione lontano dalla villetta di Vignale di Traversetolo, alle porte di Parma, dove il 9 agosto si è spalancato l’orrore prima col ritrovamento del cadavere di un neonato e poi, dopo un mese, di un altro bimbo partorito un anno prima. Per entrambi, gli esami del Dna hanno stabilito che i genitori sono Chiara, la studentessa di Scienze dell’Educazione che in quella villetta abitava con la sua famiglia, e il suo fidanzato storico, un coetaneo col quale praticamente è cresciuta insieme. Nella dettagliata ricostruzione della Procura quelle che saltano all’occhio sono non tanto le omissioni quanto le bugie della ragazza. Le prime dichiarazioni sono state raccolte il 2 settembre (il secondo corpo viene trovato dopo una settimana), quando Chiara sostanzialmente racconta del suo assoluto silenzio sulla gravidanza con le persone a lei più vicine, di un parto in solitudine, di un bambino nato morto nella notte del 7 agosto.

Dice che non era a conoscenza del mese di gestazione, esplicita la volontà di rivelare tutto ai suoi una volta tornati dagli Stati Uniti, nega di aver provato ad accelerare il parto, nega una gravidanza pregressa sulla quale gli inquirenti avevano già dei sospetti. Un quadro che praticamente crolla nel successivo interrogatorio, il 10 settembre, quando ormai Chiara sa che nel giardino della villetta, di fronte alla finestra di camera sua, sono state trovate altre ossa umane. Quelle del corpicino in decomposizione di un altro bimbo da lei partorito a maggio 2023. Le prime bugie vengono al pettine. Chiara aveva dichiarato che il bimbo partorito il 7 agosto era nato morto, ma le analisi hanno rilevato che il piccolo aveva respirato, prima di morire dissanguato per un taglio del cordone ombelicale fatto con le forbici trovate in cucina. L’indagata aveva anche affermato che desiderava quel bambino, ma per la Procura i suoi comportamenti e soprattutto le sue costanti e compulsive ricerche online smentirebbero queste parole.

Proprio le tante domande che Chiara ha affidato ai motori di ricerca sul web smentiscono anche altre sue precedenti dichiarazioni, dal fatto che non conosceva l’epoca gestazionale al diniego di interesse per l’interruzione di gravidanza con farmaci o anche altre modalità- Chiara, ancora, ha anche negato di aver assunto droghe, ma sarebbe stato accertato il suo uso di marijuana. L’indagata ha poi detto di non aver visto sangue del bimbo dopo il parto ma le risultanze della consulenza medico legale andrebbero in direzione opposta. Così come il fatto che il padre le chiese conto di tracce di sangue in bagno e che lei giustificò con un ciclo abbondante.

Chiara disse di non avere il cellulare con sé ma le ricerche indicano che si sarebbe servita del suo smartphone per capire come affrontare rottura delle acque e fasi del parto in tempo reale. Il timore del giudizio degli altri sembra non reggere davanti alle dichiarazioni dei genitori, in particolare del padre che più volte avrebbe espresso il desiderio di diventare nonno. E poi restano i tanti perché. A partire dalle possibilità che Chiara avrebbe potuto avere di abortire in modo legale, sicuro, in presenza di una gravidanza indesiderata. Mai, è quanto però mette nero su bianco il Pm, dalle ricerche online effettuate, Chiara ha avuto in mente di salvare quelle due vite.

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Gratteri: i magistrati oggi ai minimi storici di credibilità

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“Noi magistrati oggi siamo ai minimi storici di credibilità, perché abbiamo fatto degli errori”. Lo ha detto il procuratore del Tribunale di Napoli, Nicola Gratteri, intervenuto alla seconda edizione di Capri d’autore, la rassegna culturale curata da Valentina Fontana e Gianluigi Nuzzi, e organizzata da Vis factor. Secondo Gratteri si sarebbe dovuto far dimettere i componenti del Csm “perché sul caso Palamara bisognava lanciare il messaggio alla gente che si stava voltando pagina, che si faceva un taglio netto. Non è stato fatto, con il risultato che è passato il messaggio che si voleva tutelare una corporazione che non voleva lasciare la poltrona. E questo ci ha reso più deboli, anche perché le correnti all’interno della magistratura sono ancora tante”.

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Boccia indagata, perquisita la casa di Pompei: sequestrati telefono, pc, occhiali smart e altri supporti

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La procura di Roma ha disposto la perquisizione domiciliare, il sequestro del telefono cellulare e l’acquisizione di materiale informatico nei confronti di Maria Rosaria Boccia dopo la denuncia dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. L’attività istruttoria, anticipata da ‘Dagospia’, è stata confermata. Le indagini sono curate  dai Carabinieri del nucleo investigativo di Roma. Boccia è stata iscritta nel registro degli indagati, come scritto oggi da ‘Repubblica’.

In base a quanto si apprende la perquisizione è stata svolta nell’abitazione dell’imprenditrice a Pompei. Gli inquirenti avrebbero trovato in casa anche gli occhiali smart, utilizzati in passato da Boccia per effettuare una serie di filmati anche all’interno della Camera dei deputati. Quanto posto sotto sequestro verrà adesso analizzato dai carabinieri che hanno ricevuto la delega dai pm di piazzale Clodio.

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Tenta di difendere una donna rapinata, giovane ucciso a Mestre

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Questa sera doveva suonare con la sua crew, Flour Sound, aprendo il Veneto Blaze 18 al centro sociale Rivolta di Marghera, ma la vita di Giacomo “Jack” Gobbato, 26enne di Jesolo, si è spezzata ieri sera per un gesto di generosità. E’ stato accoltellato insieme ad un amico, Sebastiano, in pieno centro a Mestre, per difendere una donna da un uomo che stava tentando di rapinarla. Quando è giunto all’ospedale era già in fin di vita per i fendenti che gli sono stati inferti soprattutto all’addome ed è morto poco dopo nel pronto soccorso.

Meno gravi le condizioni di Sebastiano, colpito ad una gamba e già dimesso dai sanitari. Figlio di un imprenditore jesolano, la vittima si era diplomata al liceo artistico e da alcuni anni lavorava in uno studio di tatuaggi a Vicenza. Il presunto assassino è un cittadino moldavo di 40 anni che sembrerebbe non avere precedenti penali. L’uomo è stato fermato dalla squadra mobile per omicidio, poco dopo il fatto. Stamane si è tenuta una riunione di coordinamento convocata d’urgenza in Prefettura assieme a tutte le forze dell’ordine, alla quale ha partecipato anche il sindaco Luigi Brugnaro. “Questo è il momento del cordoglio e del dolore. Non ci sono parole” ha detto al termine dell’incontro.

I giovani del centro sociale Rivolta hanno annullato l’evento di stasera, organizzando invece un raduno di cordoglio, al quale hanno preso parte in 300 – compresi i genitori della vittima, l’amico Sebastiano e il sociologo Gianfranco Bettin – nel tardo pomeriggio. proprio al’altezza del liceo Guggenheim in Corso del Popolo dove è accaduto il fatto. “Giacomo è morto perchè non si è girato dall’altra parte- hanno scritto su Facebook – non ha fatto finta che tutto andasse bene, perchè era un fratello generoso che quotidianamente lottava contro le ingiustizie, per un mondo più giusto e senza discriminazioni”. Oggi a Mestre in Corso del Popolo i ragazzi che frequentano il centro sociale erano ammutoliti ed hanno preferito non commentare. “Era un ragazzo altruista, generoso – sottolinea per tutti Michele Valentini – e lo è stato fino alla fine”.

Significativo lo striscione che hanno esposto sul luogo del delitto, scandendo lo slogan “Jack è vivo e lotta insieme a noi. Le nostre idee non moriranno mai”. Sono stati i residenti della zona, svegliati dal trambusto, a chiamare le pattuglie della polizia che sono giunte immediatamente insieme ai mezzi di soccorso. Dal riserbo delle indagini, emergerebbe comunque che l’aggressore è stato bloccato a poca distanza dall’omicidio, mentre cercava un altro colpo, per portare via la borsa ad un’altra donna. “Il primo pensiero e omaggio va alla vittima e all’amico aggredito, che hanno dimostrato abnegazione e altruismo in aiuto di una persona in pericolo – ha commentato il prefetto di Venezia, Darco Pellos, sottolineando che nella valutazione degli investigatori “si tratta di un fatto isolato”.

L’intenzione del Rivolta è quella di porre con forza il tema della sicurezza a Mestre, da tempo una delle piazze più frequentate dello spaccio di droga, con iniziative che proseguiranno anche nei prossimi giorni. Per il presidente del Veneto, Luca Zaia, quanto avvenuto “è di una gravità inaudita. Un fatto sul quale sono sicuro che gli inquirenti sapranno fare luce rapidamente, anche a tutela di tutta la comunità”. La morte di Giacomo, afferma Monica Sambo, segretaria del Pd di Venezia, “questo episodio è l’ennesimo di una lunga sequenza che ormai dura da anni: questa città ha smarrito la propria anima nelle strade e nei palazzi”

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