Giovanni Siniscalchi, avvocato penalista e segretario generale della Fondazione Castel Capuano, ha ricevuto due incarichi dal governo legati alla tutela ambientale. Arrivano da quel che sarà il ministero della Transizione Ecologica e dal ministero della Salute. Sono legati alla realizzazione di importanti opere pubbliche, rispettivamente la variante di valico sull’autostrada A1 e la bonifica della Terra dei Fuochi e dei siti inquinati in tutta Italia. L’avvocato napoletano farà parte di due gruppi di lavoro. Il primo, incaricato di verificare la conformità dell’opera alle norme ambientali; il secondo invece, dovrà promuovere interventi di bonifica dei siti inquinati. Siniscalchi è stato a lungo presidente della commissione ambiente all’interno del consiglio dell’ordine degli avvocati di Napoli e ha spesso difeso in tribunale persone vittime di reati ambientali. “Con i fondi del Recovery Fund– spiega Siniscalchi – non avremo più alibi: è il momento di bonificare le aree inquinate restituendo dignità e salute ai nostri territori”.
Avvocato Siniscalchi, partiamo dal primo incarico, relativo alla variante di valico. Di che cosa si tratta?
Dal ministero della Transizione Ecologica è arrivata la nomina a presidente dell’osservatorio ambientale per la costruzione della variante di valico sull’autostrada A1, fra Bologna e Firenze. È forse la più importante opera strutturale che abbiamo in Italia, un tracciato che si sviluppa per sessanta chilometri attraversando Toscana ed Emilia Romagna e che consente un flusso più agevole delle autovetture. Servono però ulteriori lavori di completamento e di perfezionamento. L’osservatorio ambientale avrà il compito di verificare che l’opera sia realizzata secondo le prescrizioni della commissione tecnica VIA-VAS di verifica dell’impatto ambientale. Inoltre, dovrà monitorare l’opera e verificare il rispetto delle norme ambientali per i due anni successivi al suo completamento.
Un organismo a tutela dell’ambiente e della salute umana.
Proprio così. Questo organo collegiale nasce col fine di proteggere la salute umana e salvaguardare le specie animali e gli ecosistemi, risorse essenziali per la vita. In particolare, verificheremo la corretta esecuzione delle attività con un monitoraggio ambientale, gestiremo le informazioni al pubblico attraverso un sito internet, recepiremo eventuali criticità in merito al progetto da parte di enti pubblici, comitati e associazioni. E faremo una relazione al ministro ogni due mesi proprio sulle criticità riscontrate e sulle misure che si renderanno necessarie per farvi fronte.
Ha ricevuto però anche un secondo incarico legato alla bonifica dei siti inquinati del Paese, ce ne parla?
Questo incarico proviene invece dal ministero della Salute. Sono stato nominato membro di un gruppo di lavoro finalizzato a proporre e promuovere interventi di carattere sociale e sanitario in ambito ambientale, con particolare riferimento alle aree da bonificare. Per noi abitanti del Mezzogiorno il tema è esplosivo. Nei giorni scorsi il report della procura di Napoli nord e dell’ISS ha infatti acclarato il nesso di causalità fra l’esposizione prolungata ai siti inquinati nella Terra dei Fuochi e l’aumento di patologie tumorali. Un fatto evidente; pensare che nel 2021 dobbiamo ancora convincerci della pericolosità di quei siti è allucinante.
Gli abitanti della Terra dei Fuochi dalle istituzioni hanno ricevuto tante promesse e rassicurazioni, ma le bonifiche non sono state realizzate. Perché questa volta dovrebbe andare diversamente?
Perché ci troviamo inevitabilmente in una nuova stagione storica, una fase in cui i fondi del Recovery Fund arriveranno in abbondanza e dovranno rappresentare uno strumento importante; questo aspetto mi fa ben sperare. Dobbiamo dare segnali tangibili, non si può più rimandare. Sappiamo quali sono i siti di interesse nazionale e regionale. È arrivato il momento di recuperare la salubrità dei nostri territori. Il gruppo di lavoro di cui farò parte darà il suo contributo, con funzioni consultive e propositive. È tempo di bonifiche fatte con serietà e nel pieno rispetto delle norme sulla tutela ambientale. Grazie ai fondi del Recovery Fund, non abbiamo più alibi.
Non c’è il rischio che la vostra diventi l’ennesima commissione che finisce per essere un ostacolo burocratico alla realizzazione delle opere pubbliche?
Non credo. Ciò che conta è che coloro i quali avranno il compito di porre in essere queste bonifiche, sfruttino questa occasione storica e irripetibile. La commissione del ministero della Salute non sarà di intralcio, ma al contrario darà un contributo finalizzato ad individuare le aree di interesse e a garantire la qualità dell’intervento.
Come giudica il nuovo ministero per la Transizione Ecologica? Non è certo il super ministero auspicato dal Movimento 5 Stelle…
È senz’altro ancora una nebulosa, dobbiamo ancora capirlo. Però la ratio di questa nuova formulazione è assolutamente intelligente e condivisibile. Se tutto ormai deve muoversi in un’ottica di compatibilità ambientale, anche economia, trasporti, energia non possono prescindere da una svolta green. È chiaro dunque che il nuovo ministero dovrà essere correlato al Mise e ai Trasporti con collegamenti interministeriali. È un’intuizione che va salutata con estremo entusiasmo. Ora bisognerà realizzare il passaggio dalla teoria alla pratica, traducendo questa idea in modo concreto. Mi consenta però anche di salutare e ringraziare il ministro uscente Sergio Costa, per il lavoro che ha portato avanti in questi anni.
In che modo la sua storia professionale è legata alla questione ambientale?
Sono stato per tanti anni presidente della commissione ambiente all’interno del consiglio dell’ordine degli avvocati di Napoli, un ruolo che mi ha consentito di svolgere incontri, dibattiti e approfondimenti di carattere tecnico-giuridico e di incontrare esponenti del mondo delle associazioni e del ministero dell’ambiente. Da avvocato inoltre, affronto queste tematiche spesso in qualità di difensore della parte civile, ossia delle vittime di problemi legati all’inquinamento ambientale. Sono stato, ad esempio, uno dei pochi che ha affrontato processi legati al tema dell’inquinamento da pm10; ho così approfondito il modo in cui l’emissione di queste polveri sottili incide sulla qualità dell’aria che respiriamo ogni giorno.
Orme di anfibi e rettili, ma anche piante, semi, impronte di pelle e persino gocce di pioggia: è un vero e proprio ecosistema fossilizzato su lastre di arenaria, quello scoperto nel Parco delle Orobie Valtellinesi in provincia di Sondrio. Riportato alla luce dallo scioglimento di neve e ghiaccio causato dal cambiamento climatico, conserva tracce di vita risalenti a 280 milioni di anni fa. I primi reperti, recuperati pochi giorni fa a 3.000 metri di quota con una spettacolare operazione supportata da un elicottero, sono stati mostrati per la prima volta al Museo di Storia Naturale di Milano.
Il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato, e la temperatura media globale sarà più di 1,5 gradi sopra i livelli pre-industriali, probabilmente più di 1,55 gradi. Lo scrive in un comunicato il servizio meteo della Ue, Copernicus.
“L’anomalia media della temperatura globale per i primi 10 mesi del 2024, da gennaio ad ottobre – scrive Copernicus -, è stata di 0,71 gradi superiore rispetto alla media 1991-2020: è la più alta mai registrata per questo periodo, e di 0,16 gradi più alta dello stesso periodo del 2023”.
Secondo il servizio meteo della Ue, “è ora virtualmente certo che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato. L’anomalia della temperatura media per il resto del 2024 dovrebbe crollare quasi a zero perché il 2024 non risulti l’anno più caldo”. Inoltre, prosegue Copernicus, “dato che il 2023 è stato 1,48 gradi sopra il livello pre-industriale, è virtualmente certo che la temperatura globale annuale per il 2024 sarà di più di 1,5 gradi sopra il livello pre-industriale, ed è probabile che sarà superiore di più di 1,55 gradi”.
In un’epoca in cui le storie a lieto fine sembrano sempre più rare, ecco un racconto che riempie il cuore di speranza e orgoglio, come confermato dai responsabili dell’ASL di Napoli. Questa vicenda proviene dalla provincia di Caserta, dove è stata ritrovata una giovane cicogna nera, una specie migratrice e rara in Europa, gravemente ferita da arma da fuoco. La cicogna, una femmina di appena un anno, appartiene alla specie Ciconia nigra, considerata a rischio di estinzione, rendendo il suo ritrovamento e il suo recupero ancora più significativi.
Appena individuata, la cicogna è stata trasportata d’urgenza presso il Centro Recupero Animali Selvatici (CRAS) “Federico II”, parte del Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali. Questo centro, in collaborazione con l’ASL Napoli 1 Centro, svolge un ruolo cruciale per il recupero e la tutela della fauna selvatica, fornendo soccorso a esemplari in difficoltà. In questo caso, la storia è stata resa ancora più speciale dal supporto del Gruppo Carabinieri Forestale di Caserta, che ha affiancato il CRAS per gli aspetti giuridici della vicenda.
Il percorso di recupero della cicogna è stato lungo e complesso: le cure intensive, seguite da una delicata fase di riabilitazione, hanno richiesto dedizione, professionalità e pazienza. Dopo settimane di lavoro instancabile, finalmente l’esemplare è stato ritenuto pronto per essere reintrodotto nel suo habitat naturale.
A fine luglio, la cicogna nera è stata reintrodotta in natura. La fase di rilascio è avvenuta con un approccio controllato e graduale, durante il quale l’esemplare è stato monitorato attentamente dal personale veterinario dell’ASL Napoli 1 Centro e del CRAS “Federico II”. La fase di reimmissione è stata gestita in collaborazione con l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che ha supervisionato l’operazione e fornito supporto per il monitoraggio GPS
La cicogna nera è anche parte di un progetto europeo di inanellamento e monitoraggio satellitare tramite GPS, che permette di seguire gli spostamenti degli esemplari nel loro percorso migratorio dalla Polonia al Mediterraneo, fino all’Africa sub-sahariana. Al momento del rilascio, il personale autorizzato dell’ISPRA ha applicato un dispositivo GPS all’animale, permettendo così un monitoraggio a distanza per seguirne i movimenti e registrare eventuali spostamenti migratori.
Grazie ai dati trasmessi dal GPS, si è potuto constatare che la cicogna ha raggiunto un pieno recupero, confermato dai suoi spostamenti di medio raggio in una delle rare aree italiane che ospitano la specie. La presenza di giovani esemplari in questa zona del Sud Italia rappresenta un segno di speranza per la conservazione della Ciconia nigra, una specie che da tempo affronta gravi minacce alla sopravvivenza.
La storia di questa cicogna nera ferita e salvata è una testimonianza dell’impegno dei professionisti che lavorano nei centri di recupero animali, che ogni giorno si dedicano alla cura e alla protezione della fauna selvatica. Salvare una vita così fragile e restituirla alla natura rappresenta una vittoria per tutti coloro che, come il personale del CRAS “Federico II” e dell’ASL Napoli 1 Centro, si dedicano con passione a tutelare l’ambiente.
Non si può che emozionarsi di fronte alla visione di questa giovane cicogna, finalmente libera di tornare a volare nel suo habitat, libera di vivere la sua vita lì dove la natura l’ha destinata. Questo esempio di rinascita e speranza è un promemoria prezioso di quanto sia importante proteggere e rispettare le creature che condividono con noi questo pianeta.