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Salute

Tumore seno ereditario, variante gene antenata di 3.000 anni fa

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Tumore ereditario della mammella e dell’ovaio, la variante patogenetica del gene Brca1 ritenuta responsabile su un campione di 27 famiglie proverrebbe da un’antenata, o da un antenato della Garfagnana o della Versilia, comunque della provincia di Lucca, che viveva 3mila anni fa. E’ la scoperta fatta grazie a uno studio della sezione Genetica molecolare dell’Azienda ospedaliero universitaria pisana i cui risultati sono stati pubblicati dall’International Journal of Molecular Science, e presentati al convegno dei Breast ovarian cancer Consortia a Riga la settimana scorsa. Le varianti patogenetiche dei geni Brca1 e Brca2, riferisce l’Aoup, sono responsabili di una percentuale che va dal 30 al 50% dei tumori ereditari della mammella e delle ovaie: le donne portatrici hanno una probabilità particolarmente elevata di sviluppare cancro al seno (tra il 45 e il 79%) e/o cancro alle ovaie (tra il 39 e il 48%).

“La ricerca, iniziata 5 anni fa – spiega Maria Adelaide Caligo, direttrice della Genetica molecolare dell’Aoup e coordinatrice dello studio – ha analizzato i dati raccolti grazie ai test prescritti alle pazienti seguite dal Centro senologico dell’Aoup in circa vent’anni e relativi a circa 5mila famiglie. Una volta individuate le portatrici delle varianti patogenetiche, sono stati testati anche i familiari: fratelli, figli e, quando possibile, i genitori. Da questa estesa e approfondita ricerca sono emerse ventisette famiglie che, tra loro non avevano alcuna apparente correlazione, ma che condividevano la stessa variante patogenetica del gene Brca1”. Utilizzando poi gli strumenti della genetica di popolazione, che studia l’ereditarietà genetica in gruppi di individui, è stata “individuata la progenitrice (o progenitore), comune alle 27 famiglie, della mutazione che provoca tumore ovaie e mammelle: è vissuta (o vissuto) circa 3mila fa, lo spazio di 155 generazioni, e presumibilmente era nata (o nato) in Garfagnana o in Versilia”.

“La nostra ricerca – spiega sempre Caligo – è inquadrata tra gli obiettivi del Consorzio internazionale Enigma, che si occupa di studiare il significato patologico delle varianti identificate nei geni che predispongono ai tumori di mammella e ovaio. Siamo parte di un sottogruppo di Enigma che si è occupato di questa variante del gene Brca1: c’era bisogno di classificarla come variante patogenica e questo è avvenuto a Riga sulla base anche della nostra ricerca” che ha coinvolto la Fondazione Pisana per la scienza, il Dipartimento di ricerca traslazionale e nuove tecnologie in medicina e chirurgia dell’Università di Pisa, l’Istituto di Fisiologia clinica del Cnr. Sull’importanza delle ricerche genetiche interviene poi Manuela Roncella, direttrice del Centro senologico dell’Aoup che ha preso parte allo studio: “Gli esiti vengono declinati sul paziente che viene preso in carico dai professionisti del Centro senologico in base ai fattori di rischio con controlli personalizzati o chirurgia profilattica, sempre con un approccio multidisciplinare. Avere la possibilità di questa ricerca all’interno del centro clinico ci consente di essere all’avanguardia con le cure proposte alle pazienti”. “L’identificazione di portatori di mutazioni di geni di predisposizione allo sviluppo di tumori – si sottolinea ancora – è un dato utilissimo per pianificare efficaci strategie di screening e prevenzione”.

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Roma: sold out per il convegno della Fondazione TDC19 ETS su sanità e prevenzione dopo la pandemia

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Grande attesa per il convegno di presentazione della Fondazione TDC19 ETS, naturale evoluzione del Comitato Terapia Domiciliare, il gruppo di medici e professionisti sanitari che, durante l’emergenza Covid-19, ha offerto supporto gratuito a migliaia di pazienti, utilizzando approcci di cura precoce alternativi rispetto alle linee guida del Ministero della Salute.

Il convegno: strategie post-pandemiche

Il convegno, dal titolo “Sanità alla luce dell’esperienza pandemica: strategie di prevenzione e cura”, si terrà il 26 ottobre 2024, dalle 9 alle 18 presso la sala congressi di Via Palestro 24, a Roma. L’evento, già sold out, garantirà ai partecipanti un accreditamento ECM e vedrà la presenza di numerosi esperti del settore medico e sanitario. A moderare il convegno sarà il dott. Giuseppe Del Bello, con la partecipazione di importanti relatori, tra cui il prof. Serafino Fazio, il prof. Alessandro Capucci, il prof. statunitense Peter McCullough, il dott. Fabrizio Salvucci e il dott. Attilio Cavezzi. Tra i relatori vi saranno anche il dott. Andrea Mangiagalli e la dott.ssa Laura Teodori, insieme a psicologi, biologi, farmacisti e fisioterapisti.

Presentazione dell’Osservatorio giuridico-economico

Nel corso dell’evento, la dott.ssa Olga Rossella Barone presenterà l’Osservatorio giuridico-economico-culturale della Fondazione, composto da una rete di professionisti di diversi settori, come docenti universitari, avvocati, magistrati, giornalisti, ingegneri e architetti. L’Osservatorio promuoverà convegni su temi di rilevanza sociale e organizzare attività di formazione e ricerca.

Un nuovo strumento per la ricerca e il supporto legale

La Fondazione, presieduta dall’avv. Erich Grimaldi, ha annunciato il lancio di una web app che permetterà la raccolta di dati utili per il team di ricerca scientifica, che lavorerà in collaborazione con le università e gli enti di ricerca. Gli iscritti alla Fondazione potranno inoltre beneficiare di supporto legale a tariffe calmierate e di servizi di prevenzione, con un focus su patologie come insulinoresistenza, long Covid e reazioni avverse da vaccino.

Educazione e tutela dei diritti civili

Oltre alla ricerca, la Fondazione TDC19 si occuperà di promuovere educazione, istruzione e formazione professionale, anche post-universitaria, organizzando attività culturali e convegni di interesse sociale, con l’obiettivo di tutelare i diritti civili degli utenti e dei consumatori.

L’iniziativa rappresenta un passo importante per la sanità italiana, con un impegno diretto verso la prevenzione e la cura post-pandemica, ponendo l’attenzione sulla collaborazione interdisciplinare e sulla tutela dei diritti dei cittadini.

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Cervello più vecchio di 3 anni già per i 40enni che dormono male

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Un buon sonno dopo i 40 anni è garanzia contro l’invecchiamento del cervello: uno studio pubblicato su Neurology svela che con una scarsa qualità del sonno il cervello è quasi tre anni più vecchio già dalla mezza età. In pratica adulti di mezza età con una cattiva qualità del sonno, che ad esempio hanno difficoltà ad addormentarsi o a rimanere addormentati, presentano volume cerebrare ridotto rispetto ai coetanei. “I problemi del sonno sono stati collegati in ricerche precedenti a una ridotta capacità di ragionamento e memoria nelle persone già in là con gli anni, e a un rischio maggiore di demenza” – precisa l’autrice Clémence Cavaillès dell’Università della California di San Francisco. “Il nostro studio, che ha utilizzato scansioni cerebrali per determinare l’età cerebrale dei partecipanti (il grado di riduzione del volume cerebrale corrisponde a una specifica età), suggerisce che la scarsa qualità del sonno è collegata a quasi tre anni di invecchiamento cerebrale aggiuntivo già dalla mezza età.”

Lo studio ha coinvolto 589 persone con un’età media di 40 anni all’inizio della ricerca. I partecipanti hanno completato dei questionari sul sonno sia all’inizio dello studio che cinque anni dopo. Le scansioni cerebrali sono state effettuate 15 anni dopo l’inizio dello studio. I ricercatori hanno registrato sei caratteristiche del sonno problematico per ciascun partecipante: breve durata del sonno, scarsa qualità del sonno, difficoltà ad addormentarsi, difficoltà a mantenere il sonno, risvegli mattutini anticipati e sonnolenza diurna. I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi: il gruppo con sonno sano (al massimo una caratteristica negativa), un gruppo medio (due o tre caratteristiche negative) e un gruppo con scarsa qualità del sonno (più di tre). I ricercatori hanno esaminato le scansioni cerebrali dei partecipanti, e usato l’intelligenza artificiale per determinare l’età cerebrale di ciascuno. È emerso che le persone del gruppo medio avevano un’età cerebrale media di 1,6 anni maggiore rispetto a quelle del gruppo con pochi problemi, mentre quelle del gruppo con più disturbi del sonno avevano un’età cerebrale media di 2,6 anni maggiore. Il cervello più invecchiato si riscontra soprattutto quando la qualità del sonno è scarsa, con difficoltà ad addormentarsi, risvegli notturni o anticipati, specialmente quando queste caratteristiche si verificano costantemente per cinque anni.

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Salute

Diabete, ancora non chiaro su quale organo intervenire

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Nonostante i progressi della ricerca sui meccanismi regolatori della glicemia, ancora non è noto quale sequenza di eventi negli organi porti all’insorgenza del diabete. Il dibattito su quali debbano essere i target delle terapie, se fegato e intestino o muscolo e pancreas, è al centro del primo incontro del 30° Congresso nazionale della Società italiana di diabetologia (Sid) in corso a Rimini. “Sono stati scoperti meccanismi e tessuti responsabili del mantenimento dell’omeostasi del glucosio”, spiega Andrea Natali.

“Oltre alle cellule beta (secrezione di insulina), e le cellule muscolari (utilizzazione del glucosio), fondamentali sono le cellule alfa con la produzione di glucagone, gli epatociti che rilasciano glucosio nella circolazione e l’intestino con il rilascio di ormoni per la secrezione di insulina e con l’assorbimento di glucosio”. Come evidenzia Angelo Avogadro, presidente uscente Sid, “nel diabete di tipo 2 tali meccanismi sono alterati, ma non si sa esattamente in quale successione avvenga”.

Per arrestare e prevenire la malattia occorre “capire e colpire il tessuto, e in esso il processo biologico che per primo si altera”. Ricerche recenti dimostrano che, a parità di insulino-resistenza, una maggiore secrezione insulinica predispone allo sviluppo di diabete. Altri rivelano l’importanza della velocità di assorbimento di glucosio nell’alterata tolleranza a esso. Altro fattore di rischio è il controllo glicemico dopo i pasti: l’emergente approccio ‘nutrient preload’, che prevede l’ingerimento di una piccola quantità di alimenti ricchi di proteine e grassi a inizio pasto, migliora la tolleranza del glucosio e si presta a una maggiore aderenza da parte delle persone, senza controindicazioni.

Altro elemento di dibattito sono le Beta cellule. Rimane incerto, infatti, se nell’insorgere del diabete sia più importante la quantità, e quindi la riduzione della massa beta cellulare, oppure le alterazioni funzionali delle cellule. Dagli ultimi studi, tuttavia, sembra emergere che la funzione sia più importante della massa. Non chiaro anche il ruolo del fegato: se nel prediabete si registra insulino-resistenza epatica, non si sa esattamente quanto essa alteri glicemia a digiuno. Chiarire tali aspetti, sostengono gli esperti, permetterà la migliore gestione delle strategie di prevenzione del diabete.

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