Donald Trump si costituirà giovedì per la sua quarta incriminazione, quella per aver tentato di sovvertire il voto in Georgia nel 2020. Ma già emergono le prime crepe tra lui e gli altri 18 imputati: l’ex presidente del partito repubblicano della Georgia, David Shafer, ha affermato in un atto giudiziario che lui e la delegazione di suoi falsi elettori “agirono su ordine del presidente in carica e di altri dirigenti federali”. Un modo per scaricare le responsabilità, ma anche per spostare il processo a livello federale e confidare in una immunità che – secondo alcuni esperti – potrebbe essere riconosciuta al presidente e ai funzionari governativi in sede di appello da quella Corte suprema che Trump ha spostato a destra con le sue tre nomine. Già tre degli imputati, tra cui il suo ex chief of staff Marc Meadows, hanno presentato un’istanza in questo senso.
Ma intanto giovedì per il tycoon l’appuntamento con la giustizia sarà diverso e più imbarazzante: dovrà presentarsi non in tribunale ma nel carcere di Rice Street ad Atlanta, famigerato per il suo sovraffollamento, le sue pessime condizioni igienico-sanitarie e la catena di morti misteriose. Diversamente dai procedimenti precedenti, inoltre, sarà trattato come tutti gli imputati e quindi non gli saranno risparmiate né la rilevazione delle impronte digitali né quella foto segnaletica che lui spera di trasformare in un’icona elettorale, nel simbolo del suo martirio politico-giudiziario. Ma c’è di più. Per la prima volta ha dovuto pagare una cauzione per restare in libertà: 200.000 dollari, la somma più alta tra i suoi correi, anche se Michael Cohen, il suo ex avvocato tuttofare diventato poi suo accusatore, trova “comico e ironico” aver dovuto pagare 500 mila dollari per evitare la cella nel caso della pornostar Stormy Daniels mentre all’ex presidente è stato chiesto meno della metà per aver tentato di ribaltare le elezioni. Si tratta comunque di cifre discrete, soprattutto quando toccherà ad un altro imputato rimasto al verde: Rudy Giuliani, l’ex avvocato personale del tycoon, cui ha chiesto finora inutilmente aiuto.
“Trump è un idiota se non gli paga le spese legali”, ha osservato Cohen, profetizzando che Giuliani potrebbe incastrarlo al processo, come ha fatto lui patteggiando con gli inquirenti. A Trump sono state infine imposte severe misure restrittive: non potrà intimidire testimoni o imputati né potrà comunicare con loro se non attraverso i suoi avvocati; inoltre gli è stato vietato fare qualsiasi “minaccia diretta o indiretta di qualsiasi natura contro la comunità o qualsiasi proprietà nella comunità”, inclusi “post sui social media o ripubblicazioni di post” da parte di altri sui social. Un bavaglio che non gli ha impedito di attaccare nuovamente su Truth la procuratrice della “sinistra radicale” Fani Willis, che “continua a far campagna e a raccogliere soldi con questa caccia alle streghe”, in “stretto collegamento con il corrotto dipartimento di giustizia di Joe Biden”.
“Ha insistito per una cauzione di 200.000 dollari… Presumo, quindi, che pensasse che fossi a rischio di fuga: sarei volato lontano, forse in Russia, Russia, Russia, avrei condiviso una suite dalla cupola dorata con Vladimir (Putin, ndr), per non essere mai più visto né sentito”, ha ironizzato. Vincoli analoghi sono stati imposti anche agli altri imputati, che hanno cominciato la processione per la cauzione e le formalità dell’arresto entro la scadenza di venerdì. Tra loro John Eastman, l’ex avvocato del tycoon ritenuto la mente del piano per ribaltare l’esito delle elezioni.
“Questa incriminazione rappresenta l’attraversamento del Rubicone per il nostro Paese, implicando il diritto fondamentale del primo emendamento” e l’attività dei legali per i loro clienti, ha accusato, promettendo battaglia. Intanto Trump, forte degli ampi vantaggi nei sondaggi, non solo diserterà mercoledì sera il primo dibattito tv su Fox News tra candidati repubblicani alla Casa Bianca organizzato dal partito ma cercherà di boicottarlo con un’intervista trasmessa in streaming nelle stesse ore su X, l’ex Twitter. Un’intervista già registrata nei giorni scorsi con l’amico e sostenitore Tucker Carlson, l’anchor cacciato da Fox che sta lanciando sulla piattaforma di Elon Musk una propria media company su abbonamento. I suoi rivali, otto quelli qualificatisi al confronto, cercheranno di approfittare della sua assenza per emergere. Ma lui resterà l’ingombrante convitato di pietra, che oscurerà anche i commenti del giorno dopo con lo show del suo arresto.