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Esteri

Trump sente Putin, ‘evitare escalation in Ucraina’

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Prima telefonata tra il presidente eletto Donald Trump e Vladimir Putin per parlare di Ucraina. Il colloquio risale a giovedì scorso, due giorni dopo la vittoria del tycoon alle elezioni, come ha svelato il Washington Post. Secondo il quotidiano, Trump ha consigliato allo “zar” di non intensificare la guerra in Ucraina e gli ha ricordato la consistente presenza militare di Washington in Europa. Quasi un monito, una esibizione di muscoli a scopo deterrente, anche se per ora non sembra aver frenato la brutale offensiva russa, come suggerisce l’ultimo massiccio attacco con droni.

Nella loro telefonata i due leader hanno discusso l’obiettivo della pace nel continente europeo, e il presidente eletto americano ha espresso interesse per ulteriori conversazioni per discutere “una rapida risoluzione della guerra in Ucraina”. Un primo approccio, quindi, cui dovrebbero seguirne altri. Trumpaveva dichiarato giovedì a NBC di aver parlato con circa 70 leader mondiali dopo le elezioni, tra cui il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in una chiamata a cui ha partecipato anche Elon Musk, ma non aveva rivelato la telefonata con Putin. Il governo ucraino è stato informato della telefonata con lo “zar” e non si è opposto alla conversazione, secondo il Washington Post. Le prime chiamate di Trump con i leader mondiali non si stanno svolgendo con il supporto del Dipartimento di Stato e degli interpreti del governo statunitense.

Il team di transizione di Trump diffida dei funzionari di carriera del governo. Mosca inizialmente ha reagito con freddezza alla vittoria del tycoon. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva detto ai giornalisti che Putin non aveva intenzione di chiamare il presidente eletto di “un Paese ostile, direttamente e indirettamente coinvolto in una guerra contro il nostro Stato.” Ma giovedì scorso lo “zar” si è pubblicamente congratulato conTrump per la vittoria, lodando la sua “risposta virile” al tentato assassinio in Pennsylvania e dicendosi “pronto” a parlare con lui. Come è successo lo stesso giorno. La Russia continua a ventilare spiragli di pace in Ucraina dopo i “segnali positivi” arrivati dall’America di Trump, mentre sul terreno infuria la battaglia di droni e un’armata di soldati di Mosca si prepara a riconquistare il territorio perso nel Kursk russo. Il prezzo di sangue è drammatico: Londra stima siano 700 mila i soldati del Cremlino uccisi o feriti dall’inizio della guerra, Mosca per parte sua rivendica l’uccisione di oltre mille militari ucraini solo nelle ultime 24 ore. E altro sangue scorrerà presto nel Kursk: i russi hanno ammassato una forza d’assalto di 50mila uomini, compresi i nordcoreani inviati da Pyongyang, che si prepara all’offensiva contro le truppe ucraine che hanno occupato pezzi della regione nel blitz di agosto. Da allora i russi si sono limitati a contenere gli attacchi, senza lanciare una vera e propria operazione di terra. Fonti americane e ucraine hanno rivelato al New York Times che l’attacco sarebbe imminente, è probabile già “nei prossimi giorni”. L’armata dei 50mila “non ha intaccato il dispiegamento russo nell’est ucraino”, sottolineano le fonti. I nordcoreani, che “si stanno addestrando all’uso di artiglieria e manovre tattiche di fanteria, sono dotati di armi e uniforme russe”.

Sarebbero 10 mila secondo le ultime stime dell’intelligence occidentale. In questo quadro, i droni continuano a farla da padrone. In un attacco senza precedenti le forze russe hanno impiegato in Ucraina in 24 ore un record di 145 droni, soprattutto kamikaze Shahed iraniani, causando danni e feriti. Le difese aeree di Kiev – hanno annunciato i militari – ne hanno abbattuti 62: altri 67 risultano dispersi, 10 hanno lasciato lo spazio aereo ucraino in direzione di Moldavia, Bielorussia e Russia. In una settimana sono 600 i droni lanciati all’assalto, ha denunciato il presidente Volodymyr Zelensky. Sull’altro fronte, i russi annunciano la distruzione di 70 velivoli, oltre la metà nella regione di Mosca – anche questo un record – che hanno causato feriti e la chiusura per diverse ore degli scali della capitale. Nonostante il clima di guerra guerreggiata, Mosca manda messaggi distensivi. La volontà di Donald Trump di arrivare a un accordo che porti alla pace in Ucraina indica che “i segnali sono positivi”, ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. “È difficile dire cosa succederà,” ha precisato, ma il presidente eletto “non parla di scontro, non dice di voler infliggere una sconfitta strategica alla Russia, e questo lo distingue favorevolmente dall’amministrazione in carica”.

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Cina, auto lanciata contro la folla: 35 morti e decine di feriti

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Trentacinque persone sono morte e 43 sono rimaste ferite a Zhuhai, nel sud della Cina, dopo che un’auto si è lanciata contro la folla in un impianto sportivo. Lo riferiscono i media cinesi. L’incidente è avvenuto ieri. Il presidente Xi Jinping ha ordinato oggi di curare i feriti e di punire con la massima severità il responsabile dell’incidente. Secondo le informazioni, alla guida dell’auto era un sessantaduenne, che si sarebbe scagliato contro la folla in un momento di furia omicida seguita a un divorzio. L’uomo sarebbe stato scontento dalla divisione dei beni e avrebbe tentato di suicidarsi con l’auto. E’ ricoverato in seguito alle ferite connesse all’incidente.

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Pakistan: bus festa di nozze cade in fiume, 26 morti e 10 dispersi

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Almeno 26 persone sono morte e altre 10 risultano disperse a causa di un incidente automobilistico avvenuto nel nord del Pakistan ieri sera, quando un autobus con 40 persone a bordo è precipitato in un fiume nella regione montuosa di Gilgit-Baltistan: lo hanno reso noto oggi i servizi di emergenza. Il gruppo era di ritorno da un matrimonio e ieri pomeriggio le autorità locali avevano riferito che nella sciagura erano morte 26 persone. “L’autobus trasportava 40 passeggeri. Solo la sposa è sopravvissuta. Finora sono stati estratti 14 corpi”, ha detto Wazir Asad Ali, uno dei responsabili delle operazioni di soccorso.

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Somalia: oggi elezioni nella regione separatista del Somaliland

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In un clima di grande tensione nel Corno d’Africa, si tengono oggi le elezioni presidenziali nell’autoproclamato Stato indipendente del Somaliland, da tempo al centro di una disputa tra il governo federale di Mogadiscio e l’Etiopia, che ha recentemente firmato un accordo con la regione separatista per avere accesso al suo spazio marittimo sull’oceano indiano. A sfidarsi nella tornata elettorale della regione, che non è mai stata riconosciuta dall’Onu, sono l’attuale leader Muse Bihi Abdi, al potere dal 2017, e Abdirahman Mohamed Abdilahi, capo dell’opposizione che ha comunque più seggi nel parlamento regionale, come riporta Garowe Online.

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