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Truffati al telefono, 3.500 segnalazioni in sei mesi: vademecum per riconoscere i truffatori

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Il truffatore talvolta simula un guasto per chiedere di attivare un nuovo contratto, o di essere un fantomatico ‘ente di verifica’ per ottenere le credenziali: le truffe che viaggiano per il telefono sono in aumento e utilizzano strategie sempre nuove e talvolta davvero fantasiose. Di certo il caro bolletta e i cambiamenti che hanno interessato i settori del gas e della luce hanno aperto spazi di incertezza e le truffe sono in aumento: ne hanno contate 3.500 negli ultimi sei mesi sul portale ‘antitruffa’ che, in collaborazione con Codacons, Consumerismo No Profit, Assium e Oig, è gestito gestito dall’ associazione Arte che riunisce 170 operatori reseller e trader del settore energetico.

I dati indicano che le truffe perpetrate tramite il telemarketing selvaggio da call center e operatori illegali sono in costante crescita – viene evidenziato – e si fanno sempre più sofisticate e pericolose, noncuranti del registro delle opposizioni, del codice di autocondotta e delle sanzioni milionarie decise dal Garante per la privacy. A destare preoccupazione – spiega l’associazione dei trader energetici – non è solo il numero dei raggiri che ogni giorno vengono messi in atto attraverso le telefonate commerciali, ma anche la tipologia delle truffe realizzate, sempre più ingegnose che mirano a realizzare tre diversi tipi di telemarketing illegale: la violazione dei dati personali, la truffa sull’offerta commerciale e la sostituzione di persona. Le strategie messe in atto in modo truffaldino spaziano da fantomatici guasti a centraline e cabine elettriche alla realizzazione di finti lavori stradali, dalla segnalazione di finti errori in bolletta alla richiesta di chiarimenti sui dati anagrafici. L’obiettivo è quello di estorcere l’adesione a contratti.

Dalle segnalazioni ricevute dagli utenti al portale di Arte emerge come sempre più spesso si ricevano telefonate che comunicano fantomatici guasti a centraline e cabine elettriche con la conseguente necessità di chiudere il vecchio contratto e aprirne uno nuovo per continuare ad ottenere la fornitura energetica, pena la sospensione del servizio. Ci sono poi i finti lavori stradali che danneggiano le tubature del gas portando all’imminente interruzione del servizio e all’esigenza di attivare una nuova fornitura.

Alcuni si presentano come un non meglio specificato “ufficio gestione pratiche” nazionale comunicando agli utenti la presenza di errori nelle tariffe praticate in bolletta, che sarebbero più alte del dovuto, e la necessità di cambiare contratto per ottenere il rimborso delle maggiori somme pagate, o informando circa errori anagrafici che imporrebbero la stipulazione di un nuovo contratto allo scopo di mantenere attive le forniture. Sempre più numerose poi le telefonate che millantano l’identità di falsi enti nazionali come l’Ente Nazionale Mercato Libero, l’Ente Nazionale Verifica Prezzi o addirittura l’Autorità di regolazione Arera, o che si presentano come incaricati delle associazioni dei consumatori, per apparire più credibili agli occhi della vittima.

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Castellammare di Stabia, brutale aggressione di 30 gentori a un insegnante di sostegno

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Un grave episodio di violenza si è verificato giovedì mattina presso una scuola media di Scanzano, frazione di Castellammare di Stabia. Una docente di sostegno è stata brutalmente aggredita da circa trenta genitori, sotto gli occhi di oltre 140 alunni. La donna è stata insultata, spintonata, colpita con pugni e privata di ciocche di capelli. Il bilancio dell’aggressione è drammatico: la docente è stata ricoverata in ospedale con un trauma cranico, mentre il padre, intervenuto per difenderla, ha riportato la frattura di un polso.

Presunti abusi e tam-tam sui social: nessuna denuncia ufficiale

L’origine dell’aggressione sembra legata a presunte accuse di abusi ai danni di alcuni alunni, diffuse attraverso un tam-tam tra famiglie, chat e social media. Tuttavia, nessuna denuncia formale è stata presentata alle autorità. Un post intitolato “L’urlo di una madre”, condiviso da diverse madri stabiesi, alimenta le accuse senza fornire nomi o riferimenti diretti all’irruzione nella scuola.

Gli investigatori stanno indagando su un contesto di avversione crescente nei confronti della docente, che nei giorni scorsi aveva ricevuto minacce di morte e subito l’hackeraggio dei suoi profili social. Gli inquirenti ipotizzano che il clima di tensione possa essere legato anche a un recente provvedimento disciplinare da lei emesso contro uno studente sorpreso a fumare nei bagni della scuola.

Interventi delle istituzioni: condanna unanime della violenza

L’aggressione ha scosso profondamente la comunità e attirato l’attenzione delle istituzioni. Il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha condannato fermamente l’episodio, definendolo un segnale di “imbarbarimento sociale” e richiamando alla necessità di recuperare i valori della civile convivenza.

Anche il sindaco di Castellammare di Stabia, Luigi Vicinanza, ha sottolineato la gravità dell’accaduto, confidando nel lavoro dei carabinieri per fare chiarezza sui fatti. Parallelamente, l’Ufficio scolastico regionale ha disposto un’ispezione presso l’istituto.

Un clima pesante in una scuola d’eccellenza

La scuola media “Salvati”, dove si è verificato l’episodio, era stata premiata per le sue attività innovative, tra cui corsi estivi per bambini in un contesto sociale complesso. Nonostante questo riconoscimento, l’ambiente scolastico è ora segnato da un clima pesante, con la docente in malattia e i colleghi che evitano di commentare quanto accaduto.

Solidarietà e iniziative future

In risposta all’aggressione, il coordinatore nazionale della federazione Gilda-Unams, Vito Carlo Castellana, ha annunciato un’iniziativa di solidarietà a Scanzano per esprimere vicinanza alla docente e condannare ogni forma di violenza contro il personale scolastico. La deputata Valeria Valente (Pd) ha inoltre presentato un’interrogazione parlamentare per accendere i riflettori su questi fatti drammatici.

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Per la morte del migrante nove medici indagati a Bari

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Ci sono nove medici indagati a Bari per omicidio colposo nel caso della morte di Bangaly Soumaoro, il 33enne migrante originario della Guinea, ospite nel Cara di Palese, morto nell’ospedale San Paolo di Bari lo scorso 4 novembre. L’uomo, come raccontato dalla direttrice della struttura, il 2 e il 3 novembre si era rivolto al presidio sanitario del centro e aveva ricevuto cure legate al sintomo che manifestava, cioè dei problemi intestinali. Il 4 novembre, poi, fu chiamato il 118 e fu trasportato in ospedale, dove perse la vita. “Hanno chiamato l’ambulanza solo dopo che la sua compagna si è messa a piangere”, disse il giorno dopo il decesso un migrante della struttura. Altri, invece, affermarono che per giorni fu curato solamente con la tachipirina.

Dalla Tac è emersa la presenza nel suo stomaco di corpi estranei, non riconducibili al cibo, motivo per il quale sul corpo di Soumaoro è stata disposta l’autopsia. L’iscrizione nel registro degli indagati dei sanitari è un atto dovuto proprio in relazione all’esecuzione dell’esame autoptico, ma rappresenta comunque una novità rispetto a una vicenda che, da Bari, ha avuto molta eco. Subito dopo aver saputo della morte di Soumaoro, infatti, i migranti ospiti del centro di Palese hanno dato vita a una rivolta durata dalla notte del 4 novembre al pomeriggio del giorno successivo.

La mattina del 5 in circa 200 marciarono da Palese, periferia nord di Bari nei pressi dell’aeroporto, fino alla prefettura, in pieno centro città, chiedendo cure e condizioni di vita migliori. Per ore, migranti e membri di associazioni del territorio rimasero all’esterno del Palazzo di governo chiedendo tra le altre cose, oltre a cure più adeguate, anche alloggi migliori e una maggiore libertà di entrata e uscita dal centro. Le denunce riguardavano presunti “maltrattamenti” avvenuti nella struttura (secondo quanto riportato da Solidaria e sportello di autodifesa sindacale), “condizioni di vita disumane” e la circostanza che gli ospiti dormano “nei container”.

Una delegazione di migranti fu poi ricevuta dal Prefetto Francesco Russo e nel pomeriggio la situazione ritornò alla normalità. Proprio nel Cara di Bari, lo scorso 19 ottobre, sono arrivati 12 migranti egiziani e bengalesi trasferiti dal centro italiano per il rimpatrio di Gjader, in Albania. Sempre nel corso delle proteste, i migranti hanno denunciato come Soumaoro sia stato il terzo migrante morto nel Cara di Bari nel 2024.

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Pochi medici di famiglia rispetto a Ue,ne mancano 10mila

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E’ il primo ad essere interpellato in caso di problemi di salute, ma ora rischia di ‘scomparire’. I medici di famiglia in Italia sono sempre di meno, soprattutto rispetto agli altri Paesi europei come attestano gli ultimi dati del Cnel, tanto che all’appello ne mancano almeno 10mila. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente a causa dei pensionamenti di massa previsti nei prossimi due anni, avvertono i sindacati che sono pronti a dare battaglia per ottenere misure urgenti nella legge di Bilancio ora all’esame del Parlamento. L’ultima fotografia dell’assistenza territoriale in Italia arriva dalla relazione annuale del Cnel sui servizi della PA: la dotazione di base, rileva l’ente, è di 68,1 per 100.000 abitanti, rispetto al 72,8 della Germania, il 94,4 della Spagna e il 96,6 della Francia. Anche la presenza di infermieri è bassa: 621,3 ogni 100.000 abitanti, a fronte di 633,9 in Spagna, 858,1 in Francia e 1.203,2 in Germania.

Negli ultimi 10 anni, inoltre, il numero di medici generici è diminuito di oltre 6mila unità, scendendo sotto i 40mila nel 2022. La loro carenza riguarda soprattutto il Nord, con 59,9 per 100.000 abitanti, a fronte di 63,9 al Centro e 72 nel Mezzogiorno. Il numero di assistiti è quindi fortemente aumentato: da 1.156 nel 2012 a 1.301 nel 2022. La percentuale di medici con più di 1.500 assistiti, il limite massimo, è passato dal 27,3% al 47,7%, con una forbice amplissima, tra il 71% della Lombardia e il 22,4% della Sicilia. La relazione considera anche l’insieme del personale medico (generico e specialistico): in questo caso si arriva in Italia a 423,4 ogni 100.000 abitanti, collocando il nostro Paese al 14/mo posto nell’Ue. La presenza risulta maggiore al Centro (477,5) e più bassa nel Nord-Ovest (398,1). Insomma, una situazione “critica” denunciata anche dai sindacati di categoria, che chiedono misure concrete in manovra. “Se spariranno i medici di famiglia, sparirà il Sistema sanitario nazionale.

E purtroppo, senza una urgente inversione di tendenza, siamo già su questa strada”, afferma Silvestro Scotti, segretario della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg). “Chiediamo che in Finanziaria si faccia qualcosa anche per la Medicina generale. Al momento – afferma – la categoria è in stato di agitazione. In mancanza di segnali concreti, non escludiamo ulteriori forme di mobilitazione”. La causa della scarsità di medici di base, secondo il segretario Fimmg, sta sempre nella scarsa attrattività di questa professione, a partire dalla condizione economica: “nell’ultima Finanziaria – spiega – è stato previsto un aumento dell’importo per le borse di specializzazione; nulla è stato però previsto rispetto alle borse del corso di formazione in Medicina generale. Un medico che si specializza in Medicina generale riceve circa 800 euro al mese, rispetto alla borsa di 1200-1600 euro delle altre specializzazioni. Un importo che non consente di andare avanti in modo dignitoso”.

Il corso di formazione è triennale e nell’ultimo concorso erano disponibili circa 2000 posti: “Con le domande pervenute è stato coperto solo il 60% dei posti”. Pochi aspirano dunque a diventare medico di base ed il numero complessivo calerà ulteriormente proprio per effetto dei prossimi pensionamenti: “In 2 anni stimiamo che andranno via circa 8mila medici di famiglia. Oggi siamo poco più di 37mila, quindi a breve mancheranno all’appello almeno 10mila medici di base. In queste condizioni – avverte Scotti – è ovvio che il numero di pazienti per medico sia ben oltre i 1500 previsti, con conseguenti disagi per i cittadini”. “Le ragioni della carenza di medici nel nostro Paese – afferma anche la segretaria del Sindacato medici italiani (Smi) Pina Onotri – sono molteplici: lavoro non valorizzato (i medici accedono alla professione di generalista tramite un corso di formazione e non una scuola di specializzazione universitaria), basse retribuzioni, carico burocratico eccessivo, mancanza di tutele (soprattutto per una professione che vira al femminile)”. Ciò che serve, conclude, è un “rilancio effettivo della professione del medico di famiglia”.

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