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Cronache

Truffa dei bonus per i lavoratori dello sport: 17 indagati

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Alcuni cittadini neppure sapevano di avere richiesto il bonus per i lavoratori del settore sportivo: una truffa in piena regola per la quale 17 persone sono state indagate ed è stato eseguito un sequestro preventivo per 109.400 euro.

La Guardia di Finanza Torre Annunziata ha dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo – emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Torre Annunziata, su richiesta Procura della Repubblica di Torre Annunziata – e alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 17 soggetti, tutti indagati, a vario titolo, per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico e sostituzione di persona. Anche perchè la denuncia è scaturita dalla scoperta fatta da una persona che aveva scoperto, accedendo al proprio cassetto fiscale, di avere una certificazione compensi in più, di soldi percepiti con sport e salute di cui non sapeva nulla.
I provvedimenti cautelari reali eseguiti sono stati dunque emessi all’esito di indagini complesse di più ampio respiro espletate dalla Compagnia della Guardia di Finanza Massa Lubrense, sotto il coordinamento di quest’Ufficio, scaturite proprio dalla denuncia dell’ignara cittadina  in merito ad un’ipotesi di truffa ai propri danni, relativa all’indennità a favore dei collaboratori sportivi, misura assistenziale di 600 euro mensili, erogata, in presenza di determinate condizioni, da SPORT E SALUTE.S.p.a. (ex CONI), introdotta in epoca Covid-19 dal Decreto Legge “Cura Italia” n. 18 del 17 marzo 2020.


In particolare, la denunciante esponeva che, accedendo al proprio “cassetto fiscale” telematico presente sul sito dell’I.N.P.S. per acquisire la Certificazione Unica 2021, risultava destinataria – unitamente a quella regolarmente emessa dall’effettivo datore di lavoro – di un’ulteriore C.U. emessa dalla SPORT E SALUTE S.p.a., inerente a redditi percepiti nel corso del 2020 per € 3.200,00 quale collaboratore presso una struttura sportiva ubicata in Massa Lubrense, pur non avendo ella mai svolto alcuna prestazione di lavoro in tale settore.
Dalle attività d’indagine – effettuate tramite consultazioni delle banche dati, l’assunzione di sommarie informazioni nei confronti dei soggetti risultati “formalmente” percettori del contributo nonché l’analisi della copia forense dei dispositivi elettronici in possesso del principale indagato – è emerso che quest’ultimo, titolare della predetta struttura sportiva, avrebbe perpetrato, con la complicità di altri 16 soggetti, una truffa sistematica finalizzata ad ottenere l’indennità introdotta dal DL “Cura Italia” nei confronti di soggetti ignari, figuranti, a loro insaputa, quali richiedenti il beneficio alla predetta società erogatrice.
In particolare, il sistema messo in atto avrebbe consentito l’indebita percezione dei contributi destinati ai collaboratori sportivi- per un importo totale di €109.400,00 riferiti a 36 domande presentate- attraverso articolati artifizi consistiti nella trasmissione, agli Enti competenti, di documentazione istruttoria artefatta ovvero nell’utilizzo di dati e documenti relativi a soggetti (nella maggior parte) non consapevoli, procurando un ingiusto vantaggio con pari danno nei confronti sia degli Enti pubblici eroganti sia degli ignari soggetti nei cui confronti veniva formulata la richiesta di beneficio. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale oplontino, condividendo la ricostruzione investigativa operata da questa Procura della Repubblica sulla base delle attività svolte dalla Guardia di Finanza, ha ordinato il sequestro preventivo, anche nella forma per equivalente, delle somme indebitamentepercepite, sino alla concorrenza di € 109.400,00.
In sede di esecuzione è stata sottoposta a sequestro l’intera somma, ripartita in 24.690 euro rinvenuti in contanti durante le perquisizioni, 50.260,70 euro corrispondenti a disponibilità giacenti sui rapporti finanziari riconducibili agli indagati nonché in un bene mobile registrato, del valore di 34.449,30 euro, di proprietà del principale indagato, per un ammontare complessivo pari a 109.400 euro. Torre Annunziata, 15.9.2023

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Non solo sciolti per mafia, ipotesi tutor per i Comuni

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Un delicato equilibrio tra il rispetto del voto dei cittadini e la gravità dell’infiltrazione criminale. Questo il tema che oggi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha portato all’attenzione dell’Anci, lanciando la proposta di rimodulare l’articolo del testo unico sugli enti locali sullo scioglimento delle amministrazioni ‘sospette’. L’idea del titolare del Viminale è quella di creare una nuova figura, una sorta di tutor, che possa intervenire nelle situazioni meno gravi e complesse evitando quindi lo scioglimento del Comune, provvedimento “lacerante e doloroso”, come ha spiegato lui stesso all’assemblea dei sindaci riunita a Torino. Ma non solo, Piantedosi ha anche confermato l’intenzione del governo di voler ripristinare le Province, con l’elezione diretta e la rimodulazione delle competenze. “La cosiddetta abolizione si è rivelata fallimentare – ha detto – pensiamo ad un un passo indietro”. Il focus dell’intervista che oggi ha visto protagonista il ministro dell’Interno è stato quello della riforma del Tuel, un testo che – ha detto lo stesso Piantedosi – “ha ormai un quarto di secolo di vita”.

“Credo – ha ribadito – che ci sia un unanime convincimento che la riforma sia indispensabile e necessaria”. Tra le “questioni da limare” ci sarebbe proprio quella delle province, un tema che già dal suo insediamento anche il ministro per l’Autonomia, Roberto Calderoli, aveva fortemente rilanciato. “Noi – le parole di Piantedosi – cercheremo di condividere questa ipotesi di riforma con tutte le parti politiche, compresa l’attuale opposizione”. La revisione del testo, inoltre, potrebbe prevedere anche novità sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, previsto dall’articolo 143. “L’esperienza pratica ci ha insegnato” che è meglio mettere “nel sistema qualcosa in mezzo tra scioglimento e non scioglimento, come misure di affiancamento, una sorta di commissariamento”.

“Nessuno – ha sottolineato il titolare del Viminale – immagina di poter arretrare rispetto ai presidi di legalità. Ma è sempre lacerante e doloroso il fatto che ci siano misure molto forti che incidono sui principi democratici. Bisogna cercare una ulteriore forma di equilibrio tra mantenimento dell’esito dei circuiti democratici e il presidio di legalità”. Prima di lasciare il palco, il ministro è tornato a ribadire la volontà del governo di spingere sulla videosorveglianza nella città. “Vorremmo creare un paniere di risorse economiche per implementare e aggiornare i sistemi – ha concluso -. Non è che ci piace il Grande Fratello, ma i dati ci dicono che più del 50% dei reati che viene scoperto si avvale di strumenti di indagine legati alla videosorveglianza. Andiamo incontro all’intelligenza artificiale, è illusorio pensare che la privacy possa frenare le enormi potenzialità che questi sistemi danno. Credo che la soluzione sia nell’avere fiducia nelle istituzioni”.

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Porno attore italo-egiziano arrestato in Egitto, la preoccuoazione della mamma in Italia

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Del figlio non sa più nulla dal 10 novembre scorso, dal giorno dopo un arresto al Cairo dai contorni tutti da chiarire. E’ la vicenda che riguarda Elanain Sharif, 44enne nato in Egitto ma cittadino italiano, di cui la madre dice di avere perso le tracce dopo che è stato fermato dalle autorità egiziane al suo arrivo dall’Italia. Un caso seguito con la “massima attenzione” dalla Farnesina dopo la denuncia della donna che era col figlio al momento del fermo. L’uomo si troverebbe, comunque, in una struttura nota anche alle autorità italiane. La madre avrebbe appurato che si trova nel carcere di Alessandria d’Egitto.

Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. L’uomo vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano. “E’ una vicenda che inevitabilmente ci riporta ai casi di Regeni e Zaky – afferma l’avvocato Alessandro Russo, legale della famiglia -. Sono andati al Cairo dove hanno un appartamento, erano lì per commissioni come avevano fatto tante altre volte ma appena arrivato è stato bloccato e gli hanno sequestrato il passaporto italiano”. Su punto a quanto si apprende, essendo anche cittadino italiano, Sharif aveva scelto di rientrare in Egitto col passaporto egiziano, e anche per questo è stata più lenta la procedura per una visita consolare. Sui motivi dell’arresto gli elementi sono al momento pochi. “Ciò che ha portato all’arresto non è chiaro, si tratterebbe di qualcosa legato a contenuti su Facebook ma non abbiamo capo di imputazione”, dice l’avvocato. Sharif lavora nell’industria del porno (è noto come Sheri Taliani) e questo potrebbe essere il motivo dell’arresto e in particolare l’avere diffuso immagini vietate dalle leggi egiziane.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aggiunge – Le procedure di arresto sono state effettuate utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. Sharif è stato, quindi, trasferito nel carcere della Capitale. “E’ stato lì per alcuni giorni, in condizioni inumane: senza potere dormire, poteva stendersi solo per mezzora, per sedersi su una sedia, anche per pochi minuti, doveva pagare. La madre l’ha visto per pochi istanti, il 10 novembre poi più nulla”, aggiunge il legale.

Russo ha immediatamente allertato la Farnesina e l’ambasciata italiana. La sede diplomatica al Cairo, in stretto coordinamento con il Ministero degli Esteri, sta seguendo “con la massima attenzione il caso” e l’ambasciata sta avendo costanti contatti con la madre dell’uomo. La donna, non senza difficoltà, è riuscita ad appurare che Sharif è stato trasferito nel carcere di Alessandria d’Egitto. “Lei ora è lì, assieme al fratello che lavora nella polizia egiziana e spera di avere notizie di un suo rilascio ma è preoccupatissima”, aggiunge Russo.

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Imprenditore campano arrestato in Gallura per frode fiscale

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Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.

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