È stata archiviata a Milano l’indagine in cui Beppe Grillo e Vincenzo Onorato, patron del gruppo Moby, erano accusati di traffico di influenze per una presunta “mediazione illecita” da parte del fondatore dei Cinquestelle: secondo l’ipotesi, poi ritenuta infondata, tra il 2018 e il 2019, Grillo avrebbe inoltrato a tre parlamentari del Movimento le richieste di aiuto avanzate dall’armatore, amico di lunga data, quando la sua compagnia era in crisi finanziaria. In cambio Onorato avrebbe siglato contratti per fare pubblicità a Moby sul blog dell’ex comico. A chiudere il caso, con l’archiviazione, è stato il gip Mattia Fiorentini che ha accolto la richiesta inoltrata lo scorso giugno dal pm Cristiana Roveda e dall’aggiunto, ora procuratore a Bergamo, Maurizio Romanelli.
Richiesta che è arrivata oltre un anno dopo la chiusura dell’inchiesta con la quale era stata data una ricostruzione mesi dopo ‘ribaltata’. A far cambiare idea agli inquirenti sono state una serie di valutazioni giurisprudenziali e una memoria presentata dal legale di Onorato, l’avvocato Pasquale Pantano con cui si sostiene sia che la cifra versata al politico per la pubblicità era più che conveniente e sia la mancanza di una connessione temporale tra le presunte utilità e i favori. La Procura, in sostanza, ha dovuto stabilire se il comportamento di Grillo rientrasse nel perimetro di una “mediazione illecita o lobbistica”. Secondo la nuova rilettura dei fatti, poi condivisa dal giudice, l’intervento del fondatore di M5s sugli allora ministri in carica Luigi Di Maio, Danilo Toninelli e Stefano Patuanelli per far pervenire le richieste di Onorato fu “perentorio”. E sebbene a quelle istanze fu data risposta “con sollecitudine”, non si è configurato il traffico di influenze illecite, sia perché non c’è stato un conseguente abuso d’ufficio da parte dei ministri, mai indagati, sia perchè il presunto mediatore, ossia Grillo, non era portatore di una qualifica “pubblicistica”.
In pratica non era un pubblico ufficiale. Intanto stamane l’armatore e i suoi figli, Achille e Alessandro, si sono visti accogliere dal gup Luigi Iannelli, la richiesta di patteggiamento il primo a 3 anni e 10 mesi di reclusione e gli altri due a 2 anni con pena sospesa. I tre rispondono di bancarotta nell’indagine che riguarda Cin, la Compagnia italiana di navigazione, ammessa al concordato preventivo nel giugno 2021, una procedura fallimentare che si è chiusa tempo fa. La proposta di patteggiare avanzata sempre da Pantano ha avuto il parere favorevole del pm Luigi Luzi, titolare del fascicolo. Gli Onorato, nel corso delle vicende fallimentari del gruppo, ha sempre fatto notare il legale, hanno versato somme considerevoli per ripianare i debiti. Come si legge in una nota, la famiglia ora potrà “dedicare tutte le energie al piano di rilancio” di Cin.