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Cronache

Tragico incidente stradale sul lungomare di Napoli, muore il notaio Gaetano Monda

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Un tragico incidente stradale. È morto nella notte tra giovedì e venerdì sul lungomare di Napoli uno dei notai più conosciuti ed amati di Napoli, Gaetano Monda. Le circostanze dell’incidente devono essere chiarite, e se ne occuperanno i vigili urbani di Napoli. Quello che è certo è che Gaetano Monda è deceduto dopo che la sua vettura si è schiantata contro un albero, in via Anton Dohrn, nei pressi del circolo del Tennis. Il notaio non si è mai ripreso dopo schianto. Non è sceso dalla vettura. I sanitari del 118 arrivati pochi minuti dopo l’incidente e dunque i primi a tirarlo fuori dall’abitacolo non hanno potuto fare altro che constatare il decesso dell’uomo che forse ha perso la vita subito.

Lo schianto contro l’albero e le ferite riportate non sono compatibili con una morte dovuta all’impatto.  Che cosa è potuto accadere? Sarà tutto più chiaro anche visionando le immagini del circuito di videosorveglianza della zona. Possibile sia stato un malore a far perdere il controllo dell’auto a Monda che aveva 82 anni, ma fisico asciutto e atletico.

Giocava a tennis, sport che amava e che praticava. Il notaio di via Duomo lascia cinque figli e la moglie Rosa Russo.  Gaetano Monda era una persona di grande cultura, intelligente, brillante e raffinato. Sin La sua passione per il diritto e per gli studi giuridici non gli aveva impedito di coltivare un’altra passione, quella per il tennis. Era stato un ottimo tennista di terza categoria nazionale. Un destino beffardo ha voluto che perdesse la vita proprio davanti ai campi da tennis dove ancora si dilettava a giovare. Non c’è ancora una data dei funerali perchè è con ogni probabilità necessaria una autopsia per chiarire le circostanze del decesso.   La scomparsa di Monda, giurista di grande valore e napoletano perbene che aiutava il prossimo ed aveva a cuore le sorti della sua comunità, lascia “un grande vuoto e silenzio nella nostra famiglia”, così, con poche parole, i figli Lidia, Nicola, Letizia Gioia, Matteo Gabriele e Angela Maria Vittoria ricordano il loro papà.

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Cronache

Dirottano ambulanza in un altro ospedale e trovano la polizia

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“Dirottano” un’ambulanza, costringendola a dirigersi in un ospedale diverso da quello previsto, dove però li aspetta la polizia: a riferire l’episodio, avvenuto ieri, a Napoli, è l’associazione Nessuno tocchi Ippocrate, secondo cui si tratta dell’aggressione numero 47 del 2024 ai danni di personale dell’Asl Napoli 1 (la 66/a, includendo la Asl Napoli 2).

Secondo la ricostruzione dell’associazione, l’ambulanza aveva soccorso un uomo e, come indicato dalla centrale operativa, si stava recando all’ospedale Vecchio Pellegrini, ma i parenti del paziente, “con minacce ed aggressioni verbali, hanno intimato all’autista del mezzo di soccorso di dirigersi al San Paolo di Fuorigrotta”. L’infermiera a bordo ha quindi subito premuto il tasto ‘aggressione’ sul tablet di cui il personale è dotato e all’arrivo al San Paolo c’erano i poliziotti, che hanno identificato gli aggressori.

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Toghe pronte a nuova bufera. Nordio: non critichino leggi

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Alla vigilia del pronunciamento dei giudici sul trattenimento dei migranti in Albania, su cui ora grava il decreto ‘Paesi sicuri’, il clima è già incandescente. Al convegno nella capitale sui 60 anni di Magistratura Democratica le toghe si preparano all’ennesimo polverone politico, prevedendo sentenze simili a quelle dello scorso 18 ottobre, che bocciarono il trattenimento dei primi dodici migranti portati nel centro italiano in Albania. “Una nuova bufera? Ne parleremo domani. Credo che quanto successo finora sia già molto grave e problematico”, dice rompendo il suo silenzio stampa la presidente di Md, Silvia Albano, giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma.

Si tratta della stessa magistrata che non ha convalidato il trattenimento di uno dei primi dodici migranti nel cpr di Gjader, per la quale – solo qualche giorno dopo – è stata disposta una vigilanza per le minacce giunte sulla sua mail e sui social. “Sono stata scelta io come parafulmine perché era molto comodo. Abbiamo subito una campagna che nei fatti si è tradotta in un’intimidazione”, si sfoga Albano, che precisa: “Non ho nessuna intenzione di andare allo scontro con il governo, è il governo che vuole fare uno scontro con me e io voglio sottrarmi. In tasca non abbiamo il libretto di Mao nè il Capitale di Marx, ma la Costituzione”, prosegue la magistrata rimandando al mittente le critiche del vicepremier Matteo Salvini sulle toghe rosse.

Tutta l’Anm ora teme “che possa reinnescarsi una polemica che non giova a nessuno”, tanto da confidare “che ciò che è stato scritto nei provvedimenti già emersi possa essere letto, compreso. Si può dissentire o meno, la parola la diranno la Corte di Cassazione (il 4 dicembre si esprimerà sulla mancate convalide di trattenimento del 18 ottobre, ndr) e quella di Giustizia ma non c’è nessuna volontà di politicizzazione”, ribadisce il leader del sindacato Giuseppe Santalucia. Di fronte alle toghe progressiste, in videocollegamento con la sala del Campidoglio dove si svolge l’evento di Md, Nordio propone uno scambio per favorire il dialogo: “Mi auguro che nel confronto futuro ci sia sempre meno una critica della magistratura al merito politico delle leggi in Parlamento e un abbassamento di toni da parte della politica a criticare le sentenze”, dice il Guardasigilli.

Ma questo dialogo con il governo secondo Albano deve tradursi nel coinvolgimento degli esperti su proposte di legge piuttosto che procedere a colpi di decreto: “Ci sono delle sedi dove è possibile farlo, così magari queste frizioni con la Costituzione rispetto al diritto europeo non ci sarebbero. È previsto dai regolamenti parlamentari che i magistrati vengano auditi. Se si ascoltasse il parere dei giuristi, forse verrebbe fuori un prodotto qualitativamente migliore dal punto di vista dei rapporti con gli ordinamenti che hanno un valore di fonte sovranazionale: è sempre stato così nel passato”. Ma per l’Anm il clima è “persino peggiorato” rispetto agli attacchi che arrivavano durante i governi Berlusconi.

“Prima – dice Santalucia – erano i pubblici ministeri le toghe rosse, che ora invece sono dappertutto, anche nei tribunali civili che si occupano di immigrazione. Una cosa è la critica e un’altra cosa è la rappresentazione di un potere che diventa arbitrario ed eversivo. Tutto questo è inaccettabile”. Nell’Esecutivo però un avvertimento arriva anche dal vice ministro della Giustizia: “È giusto criticare le leggi, ma non bisogna interferire con i percorsi formativi delle leggi” e le fonti del diritto “sanciscono che non ci si debba pronunciare anticipatamente su ciò che deve poi essere oggetto di giudizio”, dice Francesco Paolo Sisto, anche protagonista al convegno di un botta e risposta con il sostituto procuratore della Cassazione Marco Patarnello, il magistrato che lo scorso 19 ottobre inviò una mail nella piattaforma dell’Anm diventata un caso politico e criticamente rilanciata anche dalla premier Meloni.

Mentre dal palco il viceministro affrontava il tema della riforma della separazione delle carriere, dalla platea del convegno Patarnello ha chiesto: “Non temete che in questo modo il pubblico ministero avrà troppo potere?”. E Sisto: “Non lo temiamo, perché con la riforma, se il pm avrà un potere cinque volte superiore, il giudice lo avrà dieci volte superiore”.

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Domani giudici si pronunciano sui migranti in Albania

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Sei giudici della sezione immigrazione del tribunale monocratico di Roma si riuniranno domani per pronunciarsi sulle ordinanze di trattenimento dei sette migranti albanesi nel centro italiano in Albania (nella foto in evidenza di Imagoeconomica) di permanenza per il rimpatrio. Alcune settimane fa i magistrati si erano espressi – facendo riferimento a una sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre – con l’annullamento del trattenimento di dodici migranti, tra egiziani e albanesi, che sono quindi stati portati al Cara di Bari. Nelle prossime ore ci saranno altri provvedimenti, ma stavolta alla luce del nuovo decreto legge che aggiorna la lista dei Paesi di provenienza dei migranti che sono ritenuti Sicuri dall’Italia.

Nel cpr in Albania sono stati portati due giorni fa sette nuovi richiedenti asilo: uno degli otto selezionati per la procedura accelerata di frontiera – tre egiziani e cinque bengalesi – si era scoperto essere vulnerabile per problemi sanitari durante lo screening medico ed è stato portato in Italia. “Il provvedimento di domani, nel quale io non sono coinvolta, è un provvedimento monocratico – ha spiegato la presidente di Magistratura Democratica, Silvia Albano, giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma, la quale non ha convalidato il trattenimento di uno dei primi dodici migranti in Albania. “La sezione immigrazione del tribunale di Roma – annuncia – si è già riunita e c’è un verbale, ci sono delle questioni giuridiche importanti da affrontare e non sono posizioni dei singoli magistrati. Sono discussioni giuridiche che noi facciamo ma non solo su questo. Lo facciamo sempre quando entra in vigore una nuova normativa perché la dobbiamo analizzare e dobbiamo capire come questa nuova normativa si rapporta al diritto e sovranazionale”.

Parlando di questo tipo di provvedimenti in generale, Albano ha anche spiegato: “Se noi pensiamo che ci siano elementi di frizione tra la Costituzione o tra il diritto dell’Unione e certe norme, abbiamo l’obbligo o di sollevare la questione di costituzionalità o di disapplicare o di mandare alla Corte di giustizia. E questo è un obbligo rispetto alla Corte di giustizia previsto dai trattati”. Nelle precedenti ordinanze sulla mancata convalida del trattenimento, quelle risalenti allo scorso 18 ottobre, i giudici scrissero che “i due Paesi da cui provengono i migranti, Bangladesh ed Egitto, non sono sicuri, anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia”.

Per i giudici lo stato di libertà potrà essere riacquisito solo in Italia e per questo dovranno essere riaccompagnati nel nostro paese. Solo qualche giorno dopo, il 21 ottobre, in Cdm il governo ha poi approvato il decreto in cui ha deciso di affidare la lista dei Paesi sicuri ad una norma primaria – ovvero una regola che il giudice dovrà obbligatoriamente prendere in considerazione nelle sue valutazioni – cercando di blindare la sua posizione di fronte alle norme del diritto europeo, che fino ad ora hanno prevalso pesando sulle decisioni dei giudici.

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