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Tragedia a Ercolano: esplosione in una fabbrica abusiva di fuochi d’artificio, tre giovani le vittime

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Un’esplosione devastante ha distrutto una fabbrica abusiva di fuochi d’artificio a Ercolano, causando la morte di tre persone. La tragedia si è verificata ieri pomeriggio in via Patacca, una zona rurale al confine con San Giorgio a Cremano, intorno alle 15. Il boato è stato avvertito a chilometri di distanza, coinvolgendo anche edifici vicini e causando gravi danni.

Le vittime

Le tre vittime accertate sono un giovane albanese di 18 anni, Samuel, e le sorelle gemelle Sara e Aurora, di 26 anni, originarie di Marigliano. Secondo i parenti, i tre si trovavano al primo giorno di lavoro presso la fabbrica abusiva e al momento dell’esplosione stavano consumando un panino durante la pausa pranzo.

I corpi delle vittime sono stati recuperati dai vigili del fuoco tra le macerie, in condizioni devastanti a causa della violenza dell’esplosione. I familiari, accorsi sul posto, hanno appreso solo in serata la tragica notizia, tra grida di disperazione.

La dinamica dell’esplosione

L’esplosione, secondo le prime ipotesi, è stata causata da una ingente quantità di polvere esplosiva conservata nel capannone e utilizzata per la fabbricazione di fuochi d’artificio illegali. Non ci sono stati piccoli scoppi preliminari, segnale che tutto il materiale stoccato è esploso in un’unica e violenta deflagrazione.

I vicini hanno descritto l’evento come improvviso e senza segni premonitori. Lo spostamento d’aria ha fatto tremare le abitazioni circostanti, mentre detriti e pezzi di macerie sono stati scagliati a distanza, infrangendo finestre e danneggiando le case vicine.

I soccorsi e le indagini

Sul posto sono intervenuti immediatamente i vigili del fuoco, le ambulanze del 118 e i carabinieri. L’area è stata isolata e posta sotto sequestro per consentire gli accertamenti. Le indagini sono affidate alla Procura di Torre Annunziata, che sta verificando la documentazione relativa all’immobile, acquistato di recente.

Il sindaco di Ercolano, Ciro Buonajuto, ha dichiarato: «Non risultano richieste di autorizzazione per una fabbrica di fuochi d’artificio. Stiamo svolgendo ulteriori verifiche».

Una tragedia annunciata?

Alcuni residenti hanno riferito che l’attività abusiva potrebbe essere stata nota, ma “tollerata”. Tuttavia, nessuno sembra aver mai denunciato ufficialmente la presenza della fabbrica. L’edificio era una piccola palazzina a due piani, completamente distrutta dall’esplosione, e includeva una zona esterna coperta da tettoie dove erano conservati materiali e automobili.

Il problema dei fuochi illegali

Questa tragedia evidenzia ancora una volta i pericoli legati alla produzione e all’uso dei fuochi d’artificio illegali, un fenomeno diffuso in molte aree del Sud Italia. La mancanza di controlli adeguati e la gestione irresponsabile di materiali pericolosi continuano a mettere a rischio vite umane.

Le indagini continuano per individuare i responsabili e accertare le cause dell’esplosione. Questa tragedia rappresenta un nuovo, drammatico monito sulla necessità di un controllo più rigoroso e di una sensibilizzazione contro la produzione e l’utilizzo di fuochi d’artificio illegali.

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Maxi operazione dei Carabinieri: smantellata organizzazione criminale dedita a furti di auto e appartamenti

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Un’importante operazione dei Carabinieri di Reggio Calabria ha portato all’arresto di sei persone accusate di furto aggravato di auto e rapine in abitazione. L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria diretta dal dott. Giuseppe Lombardo, ha messo in luce l’esistenza di un’organizzazione criminale ben strutturata, operativa in città.

Gli arresti e il modus operandi della banda

L’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. di Reggio Calabria, ha colpito sei soggetti, di età compresa tra i 18 e i 54 anni, tutti già noti alle forze dell’ordine per reati contro il patrimonio. Le indagini hanno rivelato una serie di crimini predatori pianificati nei minimi dettagli, perpetrati con estrema professionalità.

La banda utilizzava veicoli “apripista” per monitorare la presenza delle forze dell’ordine e prevenire eventuali controlli, rendendo così difficile l’intervento delle pattuglie. I furti d’auto avvenivano principalmente nel centro cittadino: i veicoli rubati venivano poi impiegati per chiedere un riscatto ai proprietari con la tecnica del “cavallo di ritorno”, oppure smontati in officine clandestine per alimentare il mercato nero dei ricambi.

Furti in appartamento e traffico di armi

L’organizzazione non si limitava ai furti d’auto. Ha messo a segno numerosi colpi in appartamento, sottraendo denaro contante, gioielli, pietre preziose, orologi di lusso e persino armi. Durante le perquisizioni, i Carabinieri hanno recuperato diverse armi nascoste in comparti di edilizia popolare nella zona di Arghillà, spesso utilizzata come nascondiglio per la refurtiva.

L’impatto sui residenti e la risposta dell’Arma

Il blitz dei Carabinieri ha posto fine a un’escalation di reati che stava seminando paura tra i residenti di Reggio Calabria. Tutti gli arrestati sono stati trasferiti in carcere, in attesa di ulteriori accertamenti. La brillante operazione rappresenta un segnale forte per la comunità, dimostrando l’impegno costante dell’Arma nel contrastare la criminalità e tutelare il tessuto sociale.

Un invito alla collaborazione

I Carabinieri hanno sottolineato l’importanza del dialogo con i cittadini, invitando le vittime di furti o atti criminali a segnalare tempestivamente ogni episodio sospetto. La collaborazione tra forze dell’ordine e popolazione si rivela fondamentale per contrastare fenomeni di questo tipo e garantire una maggiore sicurezza per tutti.

Il principio di presunzione di innocenza

È importante ricordare che il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e che, per gli indagati, vale il principio di non colpevolezza fino a condanna definitiva.

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Aggressione a scuola a Castellammare di Stabia: il caso della sexy chat e le accuse contro una docente

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Un episodio sconcertante ha sconvolto la scuola media “Catello Salvati” di Castellammare di Stabia, dove giovedì scorso un gruppo di circa trenta mamme ha fatto irruzione nell’istituto e aggredito un’insegnante di sostegno. Alla base dell’aggressione ci sarebbe una chat, denominata “La Saletta”, che coinvolgerebbe sei alunni e la docente.

Secondo l’accusa riportata in un esposto firmato da cinque genitori, nella chat sarebbero stati condivisi messaggi audio con allusioni sessuali esplicite. La vicenda, al vaglio della Procura di Torre Annunziata, apre interrogativi delicati sia sulle presunte molestie sia sulle dinamiche che hanno portato all’aggressione, avvenuta sotto gli occhi di studenti presenti nell’istituto.

Le accuse contro la docente e le indagini in corso

L’accusa contro l’insegnante è grave e complessa. L’esposto fa riferimento al presunto comportamento inappropriato della docente, ma al momento non è chiaro se la voce presente negli audio sia effettivamente quella dell’insegnante. Gli inquirenti stanno valutando l’autenticità del contenuto della chat, prendendo in considerazione anche la possibilità che possa essere stato manomesso o falsificato.

Ad aggravare la situazione, emergono elementi che potrebbero indicare una possibile ritorsione contro la docente. Due giorni prima dell’aggressione, la professoressa aveva infatti sorpreso un alunno di dodici anni a fumare nei bagni, fatto che aveva portato alla sua sospensione. Il ragazzo era tra i partecipanti alla chat incriminata.

In parallelo, la Procura sta indagando su episodi di hackeraggio dei profili social della docente e su minacce di morte ricevute sui social network negli ultimi mesi. Un quadro investigativo complesso che richiede verifiche approfondite prima di attribuire responsabilità.

Il contesto della violenza: la spedizione punitiva

Giovedì scorso, la tensione è sfociata in un’aggressione fisica all’interno dell’istituto. La docente, colpita duramente, ha riportato un grave trauma cranico diagnosticato dai medici. Attualmente è in malattia e potrebbe decidere di rinunciare al suo incarico.

L’episodio ha scatenato il timore tra il personale scolastico, portando la dirigente Donatella Ambrosio a richiedere un presidio fisso delle forze dell’ordine davanti alla scuola.

Durante il rientro a scuola ieri mattina, la tensione era palpabile. I carabinieri erano presenti, mentre alcuni genitori hanno affisso striscioni con messaggi come «Sì ai docenti no alla direzione» e «Tutela per i nostri figli, solidarietà alle mamme».

Le reazioni della comunità scolastica

La dirigente Ambrosio ha accolto gli ispettori dell’Ufficio scolastico regionale, giunti per valutare la situazione. Allo stesso tempo, molte mamme coinvolte nell’aggressione hanno difeso il loro gesto, sostenendo che la violenza fosse stata una risposta a una presunta mancanza di tutela verso i loro figli.

Al centro della vicenda c’è anche Teresa Manzi, una delle mamme che ha pubblicato un post su Facebook diventato virale. «Ci hanno chiamato camorriste, ma la verità è diversa», ha dichiarato.

La posizione dell’istituto

La docente aggredita non ha rilasciato dichiarazioni, mentre la professoressa responsabile del plesso, Teresa Esposito, ha sottolineato la necessità di lasciar fare il proprio corso alla giustizia: «Facciamo fare il suo corso alla giustizia. Non alla giustizia sommaria».

Conclusione

Questo episodio mette in luce non solo una frattura tra genitori e corpo docente, ma anche la pericolosa deriva verso forme di giustizia fai da te. La vicenda resta al centro di un’indagine complessa che mira a chiarire la verità e a garantire un ambiente sicuro e rispettoso per studenti, genitori e insegnanti.

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Stalking in famiglia: il caso Buonamici, rinviato a giudizio il fratello di Cesara

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Cesara Buonamici, celebre giornalista e volto noto di Canale 5, e suo marito Joshua Kalman sarebbero stati vittime di una lunga e tormentata persecuzione familiare. A finire sotto accusa è il fratello Cesare Buonamici, imprenditore oleario fiorentino, che per oltre quattro anni avrebbe posto in essere dispetti e prevaricazioni nei confronti della sorella e del consorte, tanto da compromettere, secondo la Procura di Firenze, la loro “tenuta psichica”.

Il gup del tribunale di Firenze, Agnese Di Girolamo, ha deciso di rinviare a giudizio Cesare Buonamici con l’accusa di stalking. Il processo è fissato per il 2 ottobre 2025, portando così in tribunale una vicenda familiare legata a dissapori per la gestione di una vasta proprietà situata sulle colline di Fiesole, che include una villa e un’azienda agricola.

La denuncia e l’accusa

L’inchiesta è scaturita dalla denuncia presentata nel 2020 dalla giornalista, stanca e amareggiata per il comportamento del fratello. Secondo la Procura, Cesare Buonamici avrebbe messo in atto comportamenti persecutori per ostacolare la sorella nella gestione dell’Azienda Agricola Buonamici, di cui entrambi sono soci al 50%.

Tra i comportamenti contestati:

  • Accesso ai conti correnti: Cesare avrebbe cercato di ottenere informazioni sui conti bancari aziendali, accompagnando la madre in banca per tentare di acquisire dati riservati. Il tentativo sarebbe stato bloccato dal rifiuto del direttore dell’istituto di credito.
  • Videosorveglianza deviata: Avrebbe manomesso le telecamere di sicurezza dell’azienda, puntandole verso l’abitazione della sorella per monitorarne i movimenti.
  • Ostacoli gestionali: Cesare avrebbe impedito a Cesara di partecipare attivamente alla conduzione dell’azienda, cercando di escluderla da decisioni importanti.

Un conflitto che si consuma in tribunale

Secondo l’accusa, il comportamento dell’imprenditore avrebbe rappresentato un tentativo di controllo sulla vita privata e professionale della sorella, aggravando un clima già segnato da tensioni legate alla gestione della proprietà familiare. La vicenda pone sotto i riflettori non solo il lato oscuro dei conflitti familiari, ma anche le implicazioni psicologiche che situazioni di stalking prolungato possono generare nelle vittime.

Le prossime tappe

Il processo, che si aprirà nell’autunno 2025, rappresenterà un banco di prova per chiarire le responsabilità di Cesare Buonamici. La difesa avrà il compito di smontare l’impianto accusatorio, mentre l’accusa, guidata dalla Procura di Firenze, porterà in aula le testimonianze e le prove raccolte durante le indagini.

La vicenda Buonamici evidenzia quanto complessi possano essere i rapporti familiari, soprattutto quando si intrecciano con questioni patrimoniali e professionali. L’attenzione ora si sposta al processo, che rappresenterà il culmine di una dolorosa faida familiare, destinata a far discutere sia per il profilo pubblico dei protagonisti sia per la natura delle accuse.

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