Un progetto sperimentale per tracciare la diffusione di Sars-CoV-2 in Campania attraverso il monitoraggio delle acque reflue. È quanto prevede una convenzione appena siglata tra il consorzio interuniversitario Cugri (Centro interuniversitario di previsione e prevenzione dei grandi rischi, a cui partecipano Università di Napoli Federico II e Università di Salerno), Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno e Arpa Campania. Le attività programmate rappresentano l’articolazione, a livello regionale, del Progetto di sorveglianza ambientale di Sars-CoV-2 nelle acque reflue in Italia (Sari), promosso e coordinato, a livello nazionale, dall’Istituto superiore di sanità (Iss), finalizzato a ottenere indicazioni sull’andamento epidemico e a fornire allerta precoce.
Il progetto è partito dalla considerazione che, in alcune regioni del Nord Italia, sono state riscontrate tracce di Rna del Sars-CoV-2 anche in campioni di archivio prelevati prima delle notifiche dei primi casi di Covid-19 in Italia. In linea generale, il progetto Sari punta a monitorare la presenza e la diffusione del virus nella popolazione residente nei bacini afferenti ai sistemi di depurazione, ad integrazione delle usuali attività di analisi epidemiologica basate sulla sintomatologia clinica. In tal senso, la presenza di tracce del virus nelle acque reflue diventa una “spia” della propagazione dei contagi sul territorio.
In Campania, il progetto, denominato Sari_Campania, viene implementato tramite una convenzione appena siglata tra Arpac, amministrazione capofila, che, indipendentemente dal progetto specifico, ha il compito istituzionale di monitorare gli impianti di depurazione, e inoltre il Cugri e lo Zooprofilattico, istituto quest’ultimo già attivo nella gestione della emergenza sanitaria. L’accordo, appena sottoscritto dal direttore generale Arpac avv. Stefano Sorvino, dal direttore del Cugri prof. Domenico Guida e dal direttore generale Izsm dott. Antonio Limone, ha individuato come responsabile scientifico delle attività il prof. ing. Vincenzo Belgiorno del Dipartimento di Ingegneria civile dell’Università di Salerno, affiancato dalla prof.ssa Maria Triassi del Dipartimento di Sanità pubblica dell’Università Federico II di Napoli.
Le attività programmate, articolate in fasi di impegno e approfondimento successive, sono regolate da un protocollo elaborato e condiviso, a partire dalle Linee Guida dell’Iss, ma rimodulato in riferimento alle particolarità del contesto insediativo e demografico campano ed agli avanzamenti delle ricerche in corso a livello nazionale ed internazionale. La fase di avviamento, auto-finanziata dalle parti, prevede un programma coordinato di campionamento ed analisi di laboratorio di calibrazione su alcuni impianti-pilota ritenuti statisticamente significativi dell’intero contesto insediativo campano. La seconda fase, attivabile sulla base delle risorse disponibili e dell’andamento della pandemia, prevede l’estensione delle attività calibrate agli impianti di depurazione ritenuti prioritari dai soggetti istituzionali competenti. La diffusione dei risultati delle attività previste sarà curata dall’Istituto superiore di sanità nell’ambito dell’accordo-quadro nazionale con il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente.
In sintesi, si tratta un piano di sorveglianza epidemiologica coordinato che sperimenta la possibilità di fornire al sistema sanitario allerta precoce (early warning) sulla diffusione del virus sul territorio, in un’ottica di prevenzione sanitaria, utile per supportare decisioni relative a misure di contenimento su scala nazionale, regionale e locale.