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Economia

Tonfo Tech e spettro recessione, venerdì nero delle Borse

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Un venerdì nero per i mercati mondiali che, sotto il peso dei titoli tecnologici e quello dei timori per l’arrivo di una nuova recessione, hanno bruciato miliardi di capitalizzazione. La peggiore è Piazza Affari, dove in due giorni sono andati in fumo quasi 40 miliardi di euro. Il crollo a Wall Street di Amazon e di Intel e i deludenti dati Usa sul mercato del lavoro, con la disoccupazione risalita al 4,3%, alimentano le preoccupazioni per un rallentamento dell’economia mondiale più marcato delle attese, contagiando i listini dall’Asia all’America, passando per il Vecchio Continente, con il risultato di un vero e proprio ‘panic selling’. La Borsa di Tokyo è crollata perdendo il 5,81%, il secondo maggior calo in un giorno nella sua storia.

Lo Stoxx Europe 600, l’indice che rende meglio la fotografia dell’azionario in Europa, ha perso il 2,73%: le banche (-4,3%), i finanziari (-5,2%) e tecnologici (-6%, il calo più grande da ottobre 2020) sono stati i titoli più venduti, con gli investitori che si sono rifugiati in alcune azioni difensive, con le utility e alcuni prodotti farmaceutici che hanno sovraperformato, tra cui AstraZeneca (+0,78%) e Sanofi (+1,18%). Nel dettaglio Parigi ha perso l’1,61%, Londra l’1,31%, Francoforte il 2,33%. Ma la performance peggiore è stata registrata da Piazza Affari, con l’indice Ftse Mib che ha perso il 2,55% e che, penalizzato anche dall’andamento dei bancari, ha chiuso la settimana a quota 32 mila punti bruciando 17,8 miliardi di capitalizzazione, dopo i 21,8 miliardi andati in fumo ieri. Sicuramente una giornata da dimenticare per le azioni del comparto bancario in tutta Europa, dunque anche in Italia su cui potrebbero aver pesato anche i rumors di una tassa sugli extraprofitti: con Bper in calo del 4,59%, Mps del 4,7% ed Intesa Sanpaolo del 4,41%.

Tra i peggiori ST (-5,77%) ma anche Stellantis (-3,3%). Perdita contenuta per Enel (-0,49%) mentre Snam (+2,43%) e Terna (+2,02%) si sono mosse in controtendenza rispetto al mercato. Oscillazioni che hanno portato la Consob, secondo quanto apprende l’ANSA, ad avviare accertamenti sull’operatività sui titoli, anche per quanto riguarda le vendite allo scoperto, per verificare la concentrazione degli scambi e la coerenza rispetto ai flussi informativi. Il crollo di Amazon (-8,78%) affonda invece Wall Street, insieme a quello del colosso dei chip Intel, che perdere oltre il 26,06% e registra il calo maggiore da almeno il 1982, portando l’indice Nasdaq a scivolare in correzione e archiviare la seduta in calo del 2,43%. Alle trimestrali deludenti si sono aggiunte le preoccupazioni per una recessione in Usa. Le assunzioni negli Stati Uniti hanno subito un netto rallentamento a luglio e il tasso di disoccupazione è salito al livello più alto in quasi tre anni, suggerendo un deterioramento del mercato del lavoro più rapido di quanto si pensasse.

I dati potrebbero dare ai funzionari della Fed qualche ragione per credere che le loro politiche stiano raffreddando troppo il mercato del lavoro. Più che mai in vista, dunque, un taglio dei tassi a settembre. “I dati di oggi fanno temere che le banche centrali non si siano mosse abbastanza velocemente per tagliare i tassi, spingendo il mercato del lavoro in una spirale negativa”, commenta un gestore. “La cosa assurda è che ciò che sta accadendo sui mercati in reazione ai dati statunitensi è esattamente ciò che Powell aveva segnalato mercoledì. La questione di un taglio di 50 punti base a settembre potrebbe rapidamente diventare un problema reale”, commenta l’analista di IG.

C’è anche chi pensa che sia eccessivo parlare di recessione, come gli economisti del Santander: “I dati sono stati scarsi, ma non sono certo una prova di recessione”, ma in generale ora in tanti si accorgono che troppi segnali sono stati finora ignorati. La seduta è stata pesante anche per le valute, con il dollaro che ha visto il calo più marcato del 2024, in particolare nei confronti dello yen che passa di mano a 149 sul biglietto verde. Lo spread fra Btp e Bund chiude in rialzo. Il differenziale tra i due titoli di Stato conclude la seduta a 145,9 punti con il rendimento del decennale italiano sceso al 3,6% e quello tedesco al 2,16% (in Francia è sceso al 2.96% e nel Regno Unito il decennale rende 5 punti base in meno di ieri, il 3,83%). Forte indebolimento anche per il petrolio, con il Brent che arretra del 3,4% mentre il WTI scende del 3,36%. Dopo un top intraday nei pressi dei massimi storici, l’oro segna un calo dello 0,9% a fine seduta.

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Neva punta sull’innovazione con due fondi da 500 milioni

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Neva Sgr, la società di venture capital del gruppo Intesa Sanpaolo, raggiunge gli obiettivi con un anno di anticipo e lancia due nuovi fondi con una capacità di investimento di 500 milioni di euro. La vita di Neva è “già piena di successi. Visti i risultati ottenuti, siamo convinti che sia arrivato il momento di crescere ancora”, afferma Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo. I nuovi fondi Neva II e Neva II Italia, dedicati a investimenti in società che si impegnano a fornire soluzioni di business a problemi globali, avranno una capacità raddoppiata rispetto ai 250 milioni di euro dei fondi Neva First. In quattro anni di attività “siamo diventati un punto di riferimento non solo in Italia per il venture capital dedicato all’innovazione”, spiega il presidente Luca Remmert.

Risultati ottenuti anche grazie al supporto di Intesa Sanpaolo e alla collaborazione con Intesa Sanpaolo Innovation Center. Per presentare, oltre ai due nuovi fondi, i risultati conseguiti negli ultimi quattro anni e le prospettive di crescita, la società di venture capital di Intesa Sanpaolo, ha riunito alle Officine grandi riparazioni di Torino una platea di investitori istituzionali, esperti, imprenditori e startupper da tutta Italia e da numerosi altri Paesi, Stati Uniti in testa. Per i nuovi fondi sono stati fissato importanti obiettivi. Neva II punta a una raccolta finale di circa 400 milioni di euro, da investire nelle migliori aziende emergenti altamente innovative a livello mondiale, mentre Neva II Italia prevede di raccogliere 100 milioni di euro da riservare alle realtà italiane. Entrambi i fondi concentreranno l’attenzione su società che operano principalmente nei settori delle scienze della vita, la transizione energetica, la trasformazione digitale, la produzione manifatturiera di nuova generazione e l’aerospazio.

Neva ha deciso di costruire un fondo da 500 milioni perchè “ci presentiamo come un partner robusto solido e consistente”, afferma Mario Costantini, amministratore delegato e direttore generale. In particolare con Neva II Italia “consentiremo – aggiunge – ai fondi pensione, casse di previdenza e fondazioni bancarie di poter entrare in questo mercato”. Grande soddisfazione per le attività svolte negli ultimi quattro anni. Dall’agosto del 2020, nonostante le difficoltà causate dalla pandemia nei primi due anni, Neva ha raggiunto in anticipo gli obiettivi prefissati, arrivando a investire con i suoi primi tre fondi circa 170 milioni di euro in oltre 40 società altamente innovative e in forte crescita.

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Salone nautico Genova, più spazi e mille barche per 64^ edizione

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– Ci sono tutti i grandi marchi della nautica, e anche molti nuovi, a presentare gli ultimi modelli dei più innovativi, performanti, eleganti e anche sostenibili yacht, barche a vela e imbarcazioni di ogni taglia e tipologia. Il Salone Nautico internazionale di Genova, arrivato alla 64 esima edizione aprirà i battenti domani, fino al 24 settembre, con più spazi rispetto all’edizione precedente e un “contenitore” più completo, grazie all’avanzamento dei lavori del Waterfront di levante di Genova, progettato dall’architetto Renzo Piano, anche se resta ancora un pezzo di cantiere: il nuovo ingresso nel “vecchio” Palasport ristrutturato, le barche esposte anche nel canale che circonda per intero l’isola del Padiglione Blu.

Al di là della cornice, a testimoniare l’importanza del Salone Nautico di Genova, che conferma la sua vocazione multispecialistica, dagli yacht e superyacht ai fuoribordo, la vela, la componentistica e gli accessori, ci sono i numeri della rassegna: 1.052 brand, 1.030 imbarcazioni esposte, 220 mila metri quadrati di esposizione fra terra e acqua, 100 novità con 30 première, 23 espositori esteri in più dell’anno scorso nel solo settore della produzione. E ancora, più biglietti venduti online rispetto all’anno scorso, la presenza del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini e di Nello Musumeci ministro delle Politiche del mare, a testimoniare l’importanza del settore per l’economia, più il presidente del Senato Ignazio La Russa.

Il fatturato nazionale della nautica da diporto è cresciuto ancora a doppia cifra, con una corsa che continua ininterrotta da 7 anni, e conferma la leadership globale nella produzione italiana di superyacht che nel 2023 ha registrato +21% rispetto all’anno precedente detenendo il 51% degli ordini globali. Una crescita all’insegna dell’innovazione e della sostenibilità, nei materiali, nelle propulsioni, nelle tecnologie, che vuole diventare una bandiera anche della manifestazione, con il Nautico che punta alla certificazione Iso 20121per l’organizzazione di eventi sostenibili. Moltissime le novità in tutti i settori.

Nel segmento degli yacht e superyacht, al Salone ci saranno fra gli altri l’Amer 120 (35,50 metri) di Amer Yachts, dotato di un sistema catalitico che riduce le emissioni, l’Exuma 35 (35,20 metri) di Maiora, dotato di una terrazza di oltre 130 metri quadrati, e il Sanlorenzo SL86A (26,60 metri) che con l’organizzazione asimmetrica del ponte ha rivoluzionato il mondo dello yachting.

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Inflazione turistica, continua la salita dei prezzi

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Se nell’estate 2024 si registrerà un record di turisti stranieri in Italia – secondo l’ultimo calcolo di Cna Turismo sono stati oltre 32 milioni -, di certo sono state evidenti anche le difficoltà degli italiani, presi nella morsa del caro-prezzi. Lo confermano anche le stime di Demoskopika che ad agosto registra un tasso di inflazione turistica in aumento dell’1,0% su base mensile e del 4,6% su base annua (da 4,1% del mese precedente).

Crescono su base tendenziale i prezzi di pacchetti vacanza (da 19,5% a 23,2%), servizi ricettivi e ristorazione (da 4,3% a 4,4%). Riprende la crescita tendenziale dei servizi di trasporto (da -2,2% a +0,4%). Stabili i servizi ricreativi e culturali (3,8%). Sul versante congiunturale si registra un incremento più che significativo per i servizi di trasporto, pari al 7,8% rispetto a luglio. Al rialzo principalmente trasporto marittimo (+33,8%) e aereo passeggeri (+16,3%). Il differenziale inflazionistico, in termini tendenziali, tra l’indice generale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) e quello turistico (Nict) cresce in modo significativo portandosi a 3,5 punti percentuali (dai 2,9 di luglio 2024).

L’inflazione turistica acquisita per il 2024 è pari al 4,9%. Tra i primi cinque sistemi regionali a registrare l’inflazione turistica più elevata si collocano Abruzzo (6,5%), Liguria (6,5%), Valle d’Aosta (5,8%), Puglia (5,6%) e Trentino Alto Adige (5,3%). Sul versante opposto la dinamica dei prezzi più contenuta si registra prevalentemente nelle seguenti regioni: Lazio (3,8%), Basilicata (3,6%), Molise (3,6%) e Sicilia (3,4%). In base alle stime di Demoskopika, infine, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo turistico (Ipcat) per l’Italia, sviluppato per assicurare una misura dell’inflazione comparabile a livello europeo, registra a luglio un ritmo di crescita su base annua del 4,2% a fronte di un 4,6% dell’Unione Europea. Una dinamica dei prezzi del “paniere turistico” che colloca il belpaese al terzo posto preceduto soltanto da Portogallo (2,4%) e Francia (2,7%). Sul, versante opposto, a presentare, infine, un andamento dell’inflazione turistica più elevato dell’Italia le rimanenti destinazioni osservate: Polonia (6,8%), Grecia (6,8%), Paesi Bassi (6,1%), Austria (5,5%), Germania (4,9%), Svezia (4,7%) e Spagna (4,4%).

Conferma l’allarme il Codacons: il 45% degli italiani, circa 27 milioni di cittadini, secondo l’associazione, non si è concesso tra giugno e settembre una vacanza, e per la metà di questi il caro-prezzi nel settore turistico è la causa di rinuncia alle partenze. Nel 2019 la percentuale di chi rinunciava alle vacanze estive si attestava al 39%, oggi raggiunge il 45% – analizza il Codacons – e questo significa che rispetto al periodo pre-Covid è aumentato di 3,6 milioni il numero di italiani che non si concede una villeggiatura. Alla base di tale trend negativo il caro-prezzi che ha colpito il comparto turistico: non a caso più di un cittadino su due, il 55% di chi non parte, motiva tale decisione con l’impossibilità di affrontare le spese legate a una vacanza.

Ed effettivamente a parità di notti fuori casa e di beni e servizi acquistati, la spesa pro-capite di chi va in vacanza tra giugno e settembre (tra viaggio, alloggi, cibo e servizi vari) è salita in 5 anni del 26,3%, passando da una media di 950 euro del 2019 ai circa 1.200 euro del 2024, con un incremento di circa 250 euro a persona – stima il Codacons. “Tutti i numeri sul turismo confermano purtroppo i nostri allarmi circa la stangata che ha colpito le vacanze estive degli italiani – afferma il presidente Carlo Rienzi – Rincari del tutto ingiustificati dovuti unicamente alla ripresa del turismo nel nostro Paese e alla crescita delle presenze di visitatori stranieri, che hanno portato gli operatori del settore a ritoccare al rialzo i listini”.

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