A larga maggioranza, e con tutte le toghe compatte, il Csm prende una posizione netta contro gli attacchi ai giudici sul fronte delle norme sui migranti. Per la prima volta dopo diversi anni il Consiglio superiore della magistratura approva una risoluzione di tutela a seguito delle reazioni dei rappresentanti del governo: non accadeva dai tempi degli scontri a distanza con l’ex premier Berlusconi. Sempre sul tema migranti-Albania arriva la novità sulle Corti di Appello, già annunciata nei giorni scorsi: un emendamento approvato in commissione Affari Costituzionali della Camera, prevede che per i “procedimenti” di “convalida” del “trattenimento” o di “proroga del trattenimento” del migrante che richiede la “protezione internazionale” sarà competente la Corte d’Appello in composizione monocratica.
Non più la sezione specializzata in materia di Immigrazione del Tribunale, alla quale resta invece la competenza per le controversie “aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti” per il “mancato riconoscimento dei presupposti per la protezione speciale”. Tema contiguo alla risoluzione approvata dal Csm che riguarda la tutela dei giudici di Bologna, gli stessi che rinviarono alla Corte europea di giustizia il decreto legge sui Paesi sicuri. Nel mirino era finito in particolare il presidente della sezione immigrazione dell’ufficio emiliano, Marco Gattuso, la cui imparzialità sarebbe stata messa in discussione anche da alcuni organi di stampa.
Ma il passaggio più importante, nel documento stilato dalla prima Commissione del Csm e approvato dal plenum, riguarda la replica dell’Esecutivo al provvedimento del tribunale di Bologna, oggetto di “dure dichiarazioni da parte di titolari di alte cariche istituzionali non correlate al merito delle argomentazioni giuridiche sviluppate nell’ordinanza, che adombrano un’assenza di imparzialità dell’organo giudicante priva di riscontri obiettivi”. La risoluzione del Csm è stata approvata con 25 voti favorevoli (dunque compresi quelli delle toghe, storicamente filogovernative, di Magistratura Indipendente) e cinque contrari, ovvero quello dei componenti laici di FdI, Lega e Forza Italia. Il vice presidente Pinelli non ha partecipato alla votazione e nessuno si è astenuto, anche se manca il voto della consigliera Rosanna Natoli, attualmente sospesa.
Secondo il documento votato “il Consiglio ritiene di dover affermare che, nel caso in esame, sono stati travalicati i limiti di cronaca e di critica dei provvedimenti giudiziari, così determinando un possibile indebito condizionamento dell’esercizio della funzione giudiziaria oltre che dei singoli magistrati”. Uno dei voti contrari è arrivato da Isabella Bertolini, in quota Lega, la quale assieme alla collega Claudia Eccher in questi giorni aveva anche chiesto l’apertura di una pratica contro il segretario di Magistratura Democratica, Stefano Musolino, per alcune sue frasi ‘antigovernative’. “Bisogna accettare le critiche. La magistratura non deve entrare nella partita, il cui campo è quello di applicare la giurisdizione, senza inutili protagonismi”, ha detto Bertolini. La ‘tutela’ non produce alcun effetto giuridico, ma di certo rappresenta una posizione ufficiale del Csm sulla vicenda, stigmatizzando le dure reazioni del governo nei confronti dei magistrati. L’ultima pratica attinente ai rapporti con la politica, sfociata in una risoluzione del plenum, risale a undici anni fa e riguarda le dichiarazioni dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi contro i giudici durante l’approdo del processo Mediaset in Cassazione e la sua successiva condanna definitiva per frode fiscale.
Ancora prima, nel 2009 al plenum approdò il caso Raimondo Mesiano, estensore della sentenza sul lodo Mondadori. Slitta per il momento al plenum il voto sulla riscrittura – attraverso un testo unico – delle regole che oggi determinano le nomine delle figure apicali degli uffici giudiziari. In Commissione Giustizia, intanto, il procuratore antimafia Giovanni Melillo lancia l’allarme in merito alla proposta di legge, approvata dal Senato, che pone il termine dei 45 giorni quale limite alle intercettazioni: “In un’epoca dominata dalla digitalizzazione, disciplinare i tempi delle attività di intercettazioni – che sono ormai quasi sempre telematiche – si risolve in un’incomprensibile compressione delle scelte investigative e in un’irreparabile precipizio della funzione di accertamento dei reati”, spiega il capo della Pna, il quale ha fatto cenno al “rischio di paralisi”. Tra le osservazioni c’è anche quella del presidente dell ‘Anm, Giuseppe Santalucia, che denuncia “un’incompletezza del catalogo dei reati per i quali questa normativa non opera. Entrerebbero a buon diritto nella deroga i reati del codice rosso”.