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Tensione Pd su congresso, Letta lavora a mediazione

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 Aria tesa in casa dem alla vigilia dell’assemblea del partito che dovrà delineare il percorso costituente del ‘nuovo Pd’ e le primarie. Parallelamente al braccio di ferro sotterraneo sulla leadership (è sempre più vicina la candidatura di Stefano Bonaccini, che potrebbe essere ufficializzata ogni giorno utile, a partire da sabato), le correnti spingono ognuna in una direzione diversa sui tempi del congresso. Ed Enrico Letta, dietro le quinte, continua a lavorare ad una sintesi che dovrebbe sostanziarsi nell’anticipare la consultazione popolare al 19 febbraio, tre settimane prima della data già fissata del 12 di marzo. Ma l’atmosfera è pesante, tanto da sostanziare voci di dimissioni imminenti da parte del segretario. Una ricostruzione che crea fibrillazione tra i dem e che il Nazareno si affretta a smentire categoricamente: “Letta è completamente assorbito dall’impegno a presentare sabato una soluzione”. Intanto, in Lombardia il centrosinistra ha deciso di chiedere formalmente all’europarlamentare Pierfrancesco Majorino di candidarsi a presidente della Regione.

L’annuncio è stato fatto alla fine di una riunione a cui hanno partecipato i rappresentanti della coalizione. Majorino è tra i pochi candidati presidenti su cui potrebbe convergere anche il M5s. Ma il dado non è ancora tratto e in Regione chi si mette di traverso al ‘campo largo’ sono i rappresentanti di Più Europa. Un ultimo tentativo d’intesa con i pentastellati è in corso anche nel Lazio, dove Alessio D’Amato ha iniziato una serie di incontri bilaterali per allargare la coalizione. La frenata imposta da SI ha imposto un supplemento di riflessione, ma da più parti il bis di un’alleanza giallorossa viene considerata molto difficile. E l’annuncio di un esposto alla Corte dei Conti contro il termovalozzatore ‘della discordia’ da parte dei pentastellati non è un buon segno. Anche sul fronte congressuale, mettere tutti d’accordo non è affatto impresa facile. Per Andrea Orlando, la “questione è semplice: o si fa la costituente, costruendo le condizioni per un’apertura, oppure si fa un congresso ordinario” con “tempi anche più stretti. Bisogna decidere cosa si vuol fare”. A suo avviso, l’ipotesi circolata di invertire le fasi (ovvero tenere prima le primarie e poi la costituente) non sarebbe infattibile: “La cosa che non si può fare è svolgere le due fasi insieme”.

Chiede “una costituente vera” anche Roberto Speranza, leader di Articolo 1, sottolineando che “quello che c’è non basta”, serve “una costituente vera, senza scherzi, che rimetta in discussione il ‘chi siamo’”. Sull’altro versante, Lorenzo Guerini rimarca “l’esigenza largamente condivisa di accorciare i tempi. Letta sta costruendo un’ipotesi di lavoro. Mi auguro che l’assemblea”, dopo aver discusso, “con responsabilità e generosità, approvi questa ipotesi”. Botta e risposta, al vetriolo anche sulle alleanze. “Chi condivide l’opinione di Renzi sul Jobs Act o il silenzio di Conte sui migranti forse è bene che stia con loro”, punta il dito il capodelegazione del Pd al Parlamento Ue, Brando Benifei. “Ci serve un congresso rigenerativo non distruttivo”, ribatte a tono la deputata Lia Quartapelle.

Sul rapporto con il Movimento interviene anche Dario Franceschini: “C’è una forte richiesta di un campo largo. Ma come si concilia questo quando sento dire da tanti che non va bene Calenda, non vanno bene i 5 Stelle, non va bene Moratti?” Oggi vediamo che i pentastellati “si mettono sempre di più con parole e fatti nel campo progressista, c’è qualcosa che ci dà fastidio? Io penso invece che ci sia competizione virtuosa”. La mediazione del 19 febbraio, spiega chi ci ha lavorato, terrebbe conto della data delle regionali il 12 febbraio, e comprimerebbe di una settimana ciascuna, le tre fasi della partecipazione, dei circoli e delle primarie vere e proprie. Una soluzione il cui annuncio, sabato, dovrebbe essere abbinato ad un invito a presentare subito le candidature per la segreteria (ora è prevista la deadline del 28 gennaio).

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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