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Politica

Superbonus più facile, salta la stretta su affitti brevi

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Il decreto agosto e’ stato approvato al Senato con la fiducia: 148 voti favorevoli e 117 contrari. Pochi metri prima di ricevere il via libera, il provvedimento e’ inciampato in una polemica fra il Presidente del Senato, Elisabetta Casellati, e il Pd. Oggetto del contendere, alcuni emendamenti che stavano a cuore ai dem, ma che il vertice di Palazzo Madama ha bocciato, ritenendoli “estranei alla materia”. Fra questi, quello che il ministro della Cultura Dario Franceschini aveva definito “salva centri storici” e che poneva dei limiti agli affitti brevi. Il dl agosto arrivera’ alla Camera senza quella norma. L’impianto originario del provvedimento, che introduce “misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia”, comprende interventi come la proroga di 18 settimane della cassa integrazione e la semplificazione delle procedure per accedere ai superbonus energetico e antisismico, oltre al rifinanziamento del cashback, per premiare chi fa pagamenti digitali. I rilievi del presidente Casellati non sono piaciuti ai dem. “Il Pd – ha detto il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci – rispetta le prerogative del Presidente del Senato, pero’ pretende che ci sia sempre trasparenza”, invece “stentiamo a capire le motivazioni” della mannaia caduta su alcune norme. Anche quella sui centri storici e’ stata “cassata”. Prevedeva che venisse considerata attivita’ imprenditoriale l’affitto breve di piu’ di quattro appartamenti, con conseguente aggravio degli obblighi di tipo contabile, amministrativo e fiscale. Una “norma sacrosanta – ha detto Franceschini – Non e’ possibile che vi sia chi finge di avere B&B per avere il regime fiscale agevolato”. Il ministro ha annunciato che l’intervento verra’ riproposto con la manovra. Critiche anche Federalberghi, che ha chiesto al governo di “battere un colpo”, e Confindustria Alberghi: “Il fenomeno degli affitti brevi ha bisogno di una regolamentazione”. Confedilizia ha invece ricordato che quello degli affitti brevi e’ “un fenomeno che ha portato all’Italia turismo e denari”. La presidenza del Senato ha risposto alle critiche ricordando che “le valutazioni circa l’ammissibilita’ degli emendamenti” sono andate avanti “d’intesa tra il Presidente Casellati, il presidente della Commissione Bilancio Pesco”, che e’ del M5s, e i due relatori Errani e Manca”, il primo di Leu e il secondo del Pd. La Ragioneria dello Stato ha invece imposto di rivedere l’emendamento che portava al 160% i superbonus per la ricostruzioni, dopo i terremoti in Abruzzo del 2009 e in Centro Italia del 2016. La commissione Bilancio e’ intervenuta, salvando parte dell’agevolazione. Il risultato pero’ non e’ piaciuto alla Lega: “Non piu’ un ultrabonus, ma un super ecobonus e un super sisma bonus al 110%”. I tetti di spesa sono aumentati del 50%, da 96 mila euro a 144 mila euro, ma “gli incentivi saranno riconosciuti solo per le spese sostenute entro fine anno”, ha commentato il senatore leghista Paolo Arrigoni. Fra gli emendamenti passati indenni dalle verifiche della presidenza del Senato e della ragioneria ci sono: il bonus fino a 3.500 euro per trasformare il motore dell’auto da termico (benzina o diesel) a elettrico, la proroga al 30 aprile al 15 ottobre dello stop al pagamento della Tosap (la tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche) per i commercianti ambulanti, lo slittamento delle imposte dovute il 20 agosto da partite iva, negozianti, pmi, artigiani e professionisti che abbiano subito una diminuzione del fatturato del 33 per cento: potranno pagare entro il 30 ottobre, con una maggiorazione dello 0,8%. Per quel che riguarda la semplificazione sui superbonus al 110%, “le delibere potranno essere adottate con una maggioranza” dell’assemblea di condominio “che rappresenti un terzo dei millesimi dell’edificio”, ha spiegato nei giorni scorsi il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro. In tema cashback, il premier Giuseppe Conte ha gia’ anticipato quale potra’ essere una forma di premio per chi paghi con carte di credito, bancomat o altre modalita’ elettroniche e digitali: la possibilita’ di recuperare il 10% della spesa, fino a una restituzione massima di 300 euro all’anno.

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Giustizia, stretta sulle toghe politicizzate e sui reati informatici: il decreto del governo in arrivo

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La riforma della giustizia torna al centro del dibattito con il nuovo decreto che il governo si appresta a varare lunedì prossimo in Consiglio dei Ministri. Tra le novità principali, spiccano due misure destinate a far discutere: l’introduzione di sanzioni per i magistrati che non rispettano il dovere di astensione in casi di conflitto di interesse e una stretta sui reati informatici e sul dossieraggio illegale.

Sanzioni per le toghe politicizzate

Il decreto introduce una nuova norma che obbliga i magistrati a astenersi dal giudicare su questioni rispetto alle quali si sono già espressi pubblicamente attraverso editoriali, convegni o social network. In caso di violazione, il Consiglio Superiore della Magistratura potrà adottare sanzioni che vanno dall’ammonimento alla censura, fino alla sospensione.

Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, questa norma intende tutelare il principio di imparzialità della magistratura, un obiettivo che la maggioranza considera fondamentale per garantire l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

La misura ha già suscitato polemiche tra le toghe e riacceso il dibattito sulla presunta politicizzazione della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazione per quella che definisce un’“invasione di campo” da parte del governo.

La questione delle migrazioni e il caso Silvia Albano

La norma sulle toghe politicizzate sembra trarre origine da recenti tensioni tra il governo e alcune sezioni della magistratura, in particolare sui temi legati all’immigrazione. Emblematico il caso della giudice Silvia Albano, che aveva criticato l’accordo tra Italia e Albania sui migranti, trovandosi poi a giudicare direttamente su questa materia.

Albano, presidente di Magistratura Democratica, è stata bersaglio di critiche da parte della maggioranza per la sua posizione pubblica contro il “decreto Paesi sicuri”. La sua decisione di non convalidare il trattenimento di 12 migranti nel centro italiano in Albania ha sollevato ulteriori tensioni.

Stretta sui reati informatici e dossieraggi

Il decreto affronta anche il problema dei reati informatici, introducendo nuove misure per contrastare l’accesso abusivo ai database pubblici. Tra le novità principali:

  • Arresto in flagranza per chi viola sistemi informatici di interesse pubblico, militare o legati alla sicurezza nazionale.
  • Trasferimento delle indagini sui reati di estorsione tramite mezzi informatici alla procura Antimafia, guidata da Giovanni Melillo.

Queste misure arrivano in risposta a recenti scandali legati al dossieraggio illegale, come l’indagine della DDA di Milano sulla “centrale degli spioni” che trafugava dati sensibili da banche dati governative, coinvolgendo figure politiche di primo piano come la premier Giorgia Meloni.

Un antipasto per la riforma delle carriere

Questo decreto rappresenta solo l’inizio di un più ampio progetto di riforma delle carriere di giudici e pm che il governo sta portando avanti in Parlamento. La maggioranza intende ridefinire i rapporti tra i poteri dello Stato, nonostante le inevitabili polemiche con la magistratura.

Secondo il ministro Nordio, l’obiettivo è garantire un sistema giudiziario più equo e trasparente, ma l’ANM e altre voci critiche temono che queste misure possano indebolire l’autonomia delle toghe.

Un Natale caldissimo per la giustizia italiana

Le nuove norme, che toccano temi delicati come la gestione dell’immigrazione, i reati informatici e l’imparzialità dei magistrati, promettono di accendere il dibattito politico e giudiziario. Il governo va avanti, ma il confronto con le toghe e le associazioni di categoria si preannuncia acceso.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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