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Esteri

Suor Maria De Coppi uccisa in Mozambico durante un attentato

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Suor Maria De Coppi era in Mozambicoda sessant’anni e aveva anche ottenuto la cittadinanza. Sempre vicina, con le sue consorelle missionarie comboniane, alle persone piu’ fragili di questa area dell’Africa che aveva raggiunto una pacificazione e che invece negli ultimi anni e’ ricaduta nella spirale della violenza. La missione cattolica a Chipene e’ stata attaccata probabilmente da un commando jihadista, come dice l’arcivescovo locale, monsignor Inacio Saure. Tutto e’ stato dato alle fiamme, poi e’ cominciato l’attacco armato e suor Maria, 84 anni, e’ stata raggiunta da un proiettile alla testa. Due sacerdoti della missione, provenienti dalla diocesi di Pordenone, sono riusciti a fuggire a piedi. Sono don Lorenzo Barro e don Loris Vignandel che nella notte aveva mandato via chat un messaggio disperato: “Qui sparano. Ci vediamo in paradiso. Stanno incendiando la casa. Ho perdonato chi eventualmente mi uccidera’. Fatelo pure voi. Un abbraccio”. Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, che conosce bene il Mozambicoper il quale, con la Comunita’ di Sant’Egidio, trent’anni fa era riuscito a raggiungere gli storici accordi di pace, oggi piange per la suora uccisa: “Preghiamo per suor Maria che per sessanta anni ha servito il Mozambico, diventato la sua casa. Il suo sacrificio sia seme di pace e di riconciliazione – ha auspicato l’arcivescovo di Bologna – in una terra che, dopo anni di stabilita’, e’ nuovamente flagellata dalla violenza, causata da gruppi islamisti che da alcuni anni seminano terrore e morte in vaste zone del nord del Paese”. Anche la Comunita’ di Sant’Egidio ha espresso il suo cordoglio lanciando “un appello alla comunita’ internazionale per non dimenticare questi terribili attacchi di stampo jihadista, che hanno gia’ provocato troppi lutti e oltre 800mila sfollati che non si possono abbandonare alla loro sorte”. Parole di cordoglio arrivano dalla politica e dalle istituzioni soprattutto dal Veneto, regione di origine della religiosa. “Dal 1963 Suor Maria portava aiuto, sostegno, amore, dedizione alle popolazioni del Mozambico. E’ terribile, inaccettabile, dolorosissimo sapere che proprio li’, proprio mentre compiva la sua missione di pace e carita’, e’ stata brutalmente assassinata”, afferma il Presidente del Veneto Luca Zaia. Dolore per l’accaduto e’ stato espresso anche dal sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova e da Debora Serracchiani, presidente del gruppo Pd alla Camera. La fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, che sostiene i cristiani perseguitati nel mondo, chiede che “non solo le autorita’ civili, ma anche i leader religiosi condannino e isolino la radicalizzazione con maggiore determinazione. Oggi – ricorda il direttore Alessandro Monteduro – ricorre l’ottavo anniversario dell’eccidio delle Missionarie di Maria, suor Lucia Pulici, suor Olga Raschietti e suor Bernadetta Bogian, avvenuto in Burundi. A otto anni di distanza, le missionarie pagano ancora il tributo del sangue per evangelizzare le nazioni africane”.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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