Tre dei sette giovani arrestati venerdì scorso a Palermo con l’accusa di violenza sessuale di gruppo saranno interrogati domani dal gip. Assistiti dai loro legali dovranno provare a difendersi e a spiegare cosa è successo quella notte da incubo del 7 luglio scorso quando, come ricostruito dai carabinieri, hanno violentato a turno una ragazza di 19 anni dopo averla fatta ubriacare ed averla trascinata a forza in una zona isolata del Foro Italico. A inchiodare i componenti del branco, oltre alla denuncia della ragazza e ai referti dei medici dell’ospedale, ci sono anche le immagini di alcune telecamere di sorveglianza che hanno ripreso il tragitto dalla Vucciria, nella zona della movida dove avevano trascorso la serata, fino al cantiere abbandonato del collettore fognario.
Lì si sarebbe consumato lo “stupro di massa”, come conferma lo stesso titolo inequivocabile del video girato da Angelo Flores che con il cellulare ha ripreso la violenza nei confronti della vittima inerme. E proprio sui cellulari degli indagati si sta concentrando l’attenzione degli inquirenti. Nel corso di una conversazione captata in caserma dai carabinieri due dei ragazzi arrestati, Samuele La Grassa ed Elio Arnao, parlano infatti della necessità di nascondere i telefoni, uno dei quali sarebbe stato “seppellito” sotto terra forse perché conteneva altri video compromettenti: “Poi me lo scrivi su WhatsApp dove lo hai messo”, chiedeva La Grassa ad Arnao che rispondeva: “Cosa, il telefono? Neanche in una pianta è… era in un magazzino pure in un punto sotto terra. Lo sappiamo soltanto io e Francesco. Te l’ho detto, devi sempre avere qualcosa nascosta”. Intanto Palermo, ancora sotto choc per una vicenda che ha suscitato rabbia e sconcerto, si mobilita. Ieri sera si è svolto un corteo per le strade del centro storico della città. Quelle stesse percorse dalla vittima insieme ai suoi aguzzini, tra l’indifferenza delle persone che assistevano alla scena. “Ho provato a chiedere aiuto – ha raccontato la ragazza ai carabinieri – . Nessuno è venuto in soccorso”. La manifestazione, alla quale hanno preso parte centinaia di persone, è stata promossa con un tam tam sui social dall’associazione “Non una di meno”.
“Era importante vedersi, riconoscersi fra alleati e alleate contro un sistema violento e patriarcale, discutere l’accaduto e farsi sentire!” spiegano gli organizzatori. Il corteo per esprimere solidarietà “alla giovane donna stuprata e a tutte coloro subiscono quotidianamente violenza di genere” è stato contrassegnato da striscioni e slogan come “Ti rissi no! (ti ho detto di no, ndr)”, “L’indifferenza è complicità”, e ancora “Lo stupratore non è malato è figlio sano del patriarcato”. “È stato un momento – sottolineano le promotrici della manifestazione – in cui ci siamo riconosciute come sorelle e ci siamo riappropriate delle strade e della città senza paura alcuna per dire che siamo libere di viverci come vogliamo e che respingiamo qualsiasi forma di militarizzazione dello spazio pubblico. Non importa quanto e cosa si è bevuto, cosa indossiamo, dove andiamo, a che ora ci muoviamo per le vie della città, che atteggiamenti abbiamo. Il sesso senza consenso è stupro”.