Il Piano strutturale di bilancio, che verrà presentato ufficialmente la prossima settimana, rappresenta un passaggio cruciale per il futuro della Pubblica Amministrazione (Pa) italiana. Tra le riforme principali, il governo intende ottenere dall’Unione Europea l’estensione del percorso di aggiustamento dei conti pubblici da quattro a sette anni, riducendo così la correzione annua del deficit. In cambio, l’Italia proporrà una serie di riforme strutturali, tra cui spiccano le modifiche nella Pa, che avranno un ruolo centrale.
Carriere e digitalizzazione: i pilastri della riforma
La riforma della Pa si articolerà principalmente su due fronti: il ripensamento delle carriere e il rafforzamento delle competenze digitali. Il ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, è impegnato a ridisegnare un sistema di progressione professionale che, accanto al tradizionale concorso pubblico, possa basarsi anche su valutazioni personali e professionali. L’obiettivo è rendere più flessibile l’avanzamento di carriera, superando un sistema che oggi appare ingessato e troppo legato all’anzianità di servizio.
Una delle proposte chiave è quella di introdurre percorsi di carriera dedicati alle figure con competenze tecnologiche e digitali, sempre più indispensabili negli uffici pubblici. Oltre a questo, si punta a incentivare la formazione interna per migliorare l’efficienza della Pa e attrarre quei profili professionali altamente qualificati che spesso preferiscono il settore privato a causa delle limitate opportunità di crescita nel pubblico.
La sfida dei concorsi e delle rinunce
Il problema della scarsità di talenti nella Pa è emerso con forza negli ultimi anni. Nonostante il boom di candidati ai concorsi pubblici — due milioni nei primi otto mesi del 2023 — molte posizioni, soprattutto quelle che richiedono elevate competenze tecniche, restano vacanti a causa delle rinunce. I profili più qualificati, infatti, preferiscono spesso le opportunità offerte dal settore privato, che garantisce percorsi di carriera e retribuzioni più dinamiche.
Zangrillo ha sottolineato come il sistema attuale, incentrato esclusivamente sui concorsi, rischi di incentivare i candidati a concentrarsi più sullo studio che sul raggiungimento degli obiettivi professionali. L’intenzione è quindi di affiancare al concorso nuovi strumenti di avanzamento professionale, senza però violare l’articolo 97 della Costituzione, che impone il concorso per l’accesso agli impieghi pubblici. Alcuni esempi di carriera senza concorso esistono già nella Pa, come nel caso di prefetti e diplomatici, e potrebbero essere estesi ad altre figure professionali.
Valutazione dei dirigenti: un nuovo modello
Un altro aspetto centrale della riforma riguarda la valutazione dei dirigenti pubblici. Zangrillo ha proposto un modello che superi la tradizionale impostazione verticale, coinvolgendo nella valutazione non solo i superiori ma anche i pari grado, i dipendenti e persino gli utenti. Questo sistema di valutazione diffusa permetterebbe di premiare non solo la conoscenza delle normative, ma anche competenze immateriali come la capacità di valorizzare il personale, incentivare la produttività e migliorare il benessere organizzativo.
Una sfida cruciale per il futuro della Pa
La riforma della Pa è considerata essenziale non solo per migliorare l’efficienza degli uffici pubblici, ma anche per rendere il lavoro nel settore pubblico più attrattivo per i giovani talenti e per chi possiede competenze digitali avanzate. Il percorso di trasformazione, però, non sarà semplice e richiederà tempo. Tuttavia, l’obiettivo è chiaro: creare una Pubblica Amministrazione più moderna, dinamica e in grado di competere con il settore privato per attirare le migliori risorse professionali.
Con queste riforme, l’Italia spera di rafforzare la propria posizione in Europa e ottenere l’allungamento del percorso di aggiustamento dei conti, contribuendo al rilancio del Paese con un’amministrazione pubblica più efficiente e capace di rispondere alle sfide del futuro.