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Starmer annuncia una manovra lacrime e sangue in Gb

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Niente ottimismo alla Tony Blair, la prospettiva di un avvenire migliore per il Regno Unito del dopo Brexit è rinviato a data da destinarsi. Keir Starmer, a 50 giorni dalle elezioni del 4 luglio segnate dal ritorno al potere del Labour sotto la sua leadership moderata, mette le mani avanti in vista della ripresa post-estiva il 2 settembre dei lavori parlamentari a Westminster; e in un discorso dal Rose Garden di Downing Street spazza via i residui di sole della bella stagione preannunciando una finanziaria “dolorosa” per l’autunno: non senza avvertire i britannici che le cose andranno addirittura “peggio prima di migliorare”.

Un messaggio quasi da lacrime e sangue, incentrato sulla denuncia delle condizioni attuali del Paese e concepito come una sorta di requisitoria – degna del passato di procuratore della Corona dell’attuale primo ministro – volta a scaricare in anticipo tutte le colpe dei pesi che il suo gabinetto si prepara a far cadere sui sudditi di re Carlo III all’eredità dei governi precedenti. Ai “fallimenti” dei 14 anni di un ciclo di potere Tory tacciato di “populismo”.

Accusa non nuova – a partire dalla campagna elettorale dei mesi scorsi, culminata in un trionfo laburista reso possibile, in termini di maggioranza monstre di seggi, solo dal tracollo dei conservatori – ma che sir Keir si mostra deciso a riproporre con forza crescente nella polemica politica futura. Imputando all’ex partito di governo di aver lasciato dietro di sé caos e crisi, nonché un presunto “buco nero nascosto” da 22 miliardi di sterline nei conti pubblici e una voragine di “sfiducia” altrettanto ampia nel tessuto sociale: voragine che avrebbe contribuito a incubare fra l’altro i disordini diffusi dei riots anti-immigrazione e islamofobi esplosi nelle scorse settimane in varie città su impulso di frange dell’ultradestra extra-parlamentare. Un contesto rispetto al quale il premier indica la necessità di un “duro lavoro” che, ammonisce, non potrà dare risultati “dal giorno alla notte” nel tentativo d’invertire la rotta rispetto a “un decennio di declino”.

L’obiettivo ultimo, evidenziato dallo slogan di lungo periodo ‘Fixing the foundations’ (Ricostruire le fondamenta) trascritto sul podio dal quale Starmer si è rivolto ai giornalisti e alla nazione, resta quello di rilanciare la crescita dell’economia, ma pure di rimediare alle “crepe” sociali aperte a suo dire dai Tories; e sfruttate per ultimi dai “teppisti” che hanno alimentato i recenti riots. Nel quadro d’un percorso che richiede al momento “decisioni difficili”, a partire dalla temuta finanziaria d’esordio, in calendario il 30 ottobre, della sua ministra dell’Economia, Rachel Reeves, prima cancelliera dello Scacchiere donna nella storia dell’isola.

Ecco quindi il riferimento a una “manovra dolorosa”. E le prime anticipazioni esplicite sugli interventi fiscali in esame e sulle categorie che ne saranno più colpite: iniziando dai contribuenti “con le spalle più larghe”, nelle parole del primo ministro. Parole destinate a tradursi per ora secondo i media in una tassazione delle pensioni (inedita del Regno) e in un incremento dell’imposta di successione o di quella sui capital gain. Interventi presentati come necessari per porre riparo ai guasti altrui, ma che gli stessi conservatori – in attesa di darsi entro poco più di un mese un nuovo (o una nuova) leader in sostituzione di Rishi Sunak per cercare di uscire dal tunnel – già denunciano come frutto di una narrazione pretestuosa della realtà del Paese. E come un modo per giustificare quelle tasse su cui Starmer aveva glissato durante i comizi elettorali: evocando “promesse che sapeva fin d’allora di non poter mantenere”.

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Arresto di Sansal incendia i rapporti Francia-Algeria

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Si infiammano i rapporti già tesi tra la Francia e l’Algeria per la sorte di Boualem Sansal, lo scrittore algerino che da qualche mese ha ottenuto anche la nazionalità francese. Da sabato scorso, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, non si sa più nulla di lui. Settantacinque anni, da 25 impegnato da scrittore contro il potere di Algeri e i cedimenti all’integralismo islamico, potrebbe – secondo fonti algerine – essere processato per “violazione dell’unità nazionale e dell’integrità nazionale del Paese”. Preoccupati i familiari, gli amici, i sostenitori, mobilitata la stampa e il mondo degli intellettuali francesi, silenzioso il governo di Parigi con l’eccezione di Emmanuel Macron, che ieri sera ha espresso pubblicamente la sua forte preoccupazione.

L’arresto di uno degli intellettuali più critici contro il potere di Algeri ha inasprito i già tesi rapporti tra Francia ed Algeria, che avevano fatto toccare proprio nelle scorse settimane nuovi picchi per la visita di Macorn in Marocco e i toni di grande vicinanza col regno di Mohammed VI. Oggi anche l’editore francese Gallimard, che pubblica le opere di Boualem Sansal fin dall’uscita del suo libro più famoso, ‘Le serment des barbares’ (Il giuramento dei barbari), si è detto “molto preoccupato” e ha chiesto la “liberazione” dello scrittore. “Sgomento” ha espresso per l’arresto di Sansal anche la sua casa editrice italiana, Neri Pozza.

Dopo l’intensificarsi della pressione mediatica sulla sorte dello scrittore, l’Algeria è uscita oggi duramente allo scoperto attraverso la sua agenzia di stampa, accusando Parigi di essere covo di una lobby “anti-algerina” e “filo-sionista”. L’agenzia Aps conferma, nella sua presa di posizione, l’arresto di Sansal e attacca senza mezzi termini Parigi, la “Francia Macronito-sionista che si adombra per l’arresto di Sansal all’aeroporto di Algeri”. “La comica agitazione di una parte della classe politica e intellettuale francese sul caso di Boualem Sansal – scrive l’agenzia di stato – è un’ulteriore prova dell’esistenza di una corrente d’odio contro l’Algeria. Una lobby che non perde occasione per rimettere in discussione la sovranità algerina”. Si cita poi un elenco di personalità “anti-algerine e, fra l’altro, filo-sioniste” che agirebbe a Parigi, e del quale farebbero parte “Éric Zemmour, Mohamed Sifaoui, Marine Le Pen, Xavier Driencourt, Valérie Pécresse, Jack Lang e Nicolas Dupont-Aignan”.

Ad offendersi, secondo l’Aps, è uno stato che “non ha ancora dichiarato al mondo se ha la necessaria sovranità per poter arrestare Benyamin Netanyahu, qualora si trovasse all’aeroporto Charles de Gaulle!”. L’agenzia passa poi all’attacco diretto di Macron e di Sansal stesso: il presidente che “torna abbronzato da un viaggio in Brasile” scrive Aps, parla di “crimini contro l’umanità” in Algeria ricordando la colonizzazione francese “ma prende le difese di un negazionista, che rimette in discussione l’esistenza, l’indipendenza, la storia, la sovranità e le frontiere dell’Algeria!”, riferendosi a Sansal. Nel suo primo e più celebre libro, Sansal racconta la salita al potere degli integralisti che contribuì a far precipitare l’Algeria in una guerra civile negli anni Novanta. I libri di Sansal, editi in Francia, sono venduti liberamente in Algeria, ma l’autore è molto controverso nel suo Paese, in particolare dopo una sua visita in Israele nel 2014.

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Il porno attore italo egiziano Sharif nel carcere di Giza, rischia 3 anni di carcere

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E’ un appello accorato quello che arriva dall’Egitto dalla madre di Elanain Sharif, quarantaquattrenne nato in quel Paese ma cittadino italiano, fermato al suo arrivo in aeroporto al Cairo. “Sono molto preoccupata perché mio figlio sta male. Aiutatemi, lui ha bisogno di me e io di lui. Non so cosa fare” ha detto la donna con un audio diffuso tramite il legale che l’assiste, l’avvocato Alessandro Russo. E proprio per accertate le condizioni in cui è detenuto, le autorità italiane hanno già chiesto a quelle egiziane di poter effettuare una visita in carcere, alla quale dovrebbe partecipare anche la donna, e sono in attesa di una risposta. Sharif è accusato di produzione e diffusione di materiale pornografico.

Si tratta di reato, secondo la normativa egiziana, punibile con una pena da 6 mesi a tre anni. Il capo di imputazione è stato comunicato dal Procuratore egiziano al legale del 44enne e in base al codice penale egiziano, un qualunque cittadino di quel paese che commette un reato, anche fuori dall’Egitto, può essere perseguito. Un principio giuridico analogo a quello previsto dal nostro ordinamento. L’ex attore porno è stato già ascoltato dal procuratore che ha convalidato il fermo per 14 giorni, disponendo che il caso sia nuovamente riesaminato il 26 novembre. Le Autorità egiziane stanno infatti attendendo il risultato della perizia tecnica sul materiale presente online. Dopo il fermo all’aeroporto, il 9 novembre, l’uomo si trova ora nel carcere di Giza. “E’ stato messo in carcere appena siamo arrivati in aeroporto” ha detto ancora la madre di Sharif dall’Egitto.

“Non posso sapere come sta – ha aggiunto – perché non riesco a parlarci e sono molto preoccupata”. Sono in particolare le sue condizioni di salute a preoccuparla perché, ha spiegato, “mio figlio ha subito tre interventi alla schiena, l’ultimo 30 giorni fa a Londra”. Dal giorno in cui è stato bloccato la madre ha incontrato un paio di volte il figlio. “La prima – ha detto il legale – il giorno dopo a quello in cui era stato preso in consegna dalle autorità, in carcere al Cairo e poi dopo cinque o sei giorni trasferito dove è ora e l’ha visto sempre per un paio di minuti”. Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. Vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aveva ricordato ieri il legale – Le procedure di arresto sono state fatte utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. L’avvocato Russo ha poi spiegato che la madre si trova ancora in Egitto “assieme al fratello, che lavora nella polizia egiziana, e spera di avere notizie di un suo rilascio”. Con la donna, e con gli avvocati italiano ed egiziano e le autorità del Cairo, sono in contatto fin dall’inizio della vicenda sia l’ambasciata italiana sia la Farnesina.

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Brasile: la Corte trova la maggioranza, Robinho resta in carcere

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La Corte suprema ha raggiunto la maggioranza dei giudici per rigettare gli appelli e mantenere in carcere l’ex calciatore Robinho. L’atleta è detenuto in Brasile dal 22 marzo e sta scontando una condanna a nove anni per uno stupro di gruppo commesso in Italia nel 2013. Finora sei giudici hanno votato per respingere la richiesta di scarcerazione di Robinho. Si tratta del relatore del caso Luiz Fux, oltre ai giudici Edson Fachin, Luís Roberto Barroso, Cristiano Zanin, Cármen Lúcia e Alexandre de Moraes. Solo Gilmar Mendes ha votato a favore. Il processo si conclude il 26 novembre.

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