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Spezzato tabù Macedonia, Italia a un passo da Euro ’24

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L’Italia torna all’altezza della sua storia scacciando i fantasmi macedoni. Il 5-2 dell’Olimpico porta la nazionale di Luciano Spalletti a un passo – anzi a un punto – dalla qualificazione diretta a Euro 2024, ma contiene al suo interno tutto e il suo contrario: la doppietta di Chiesa, l’ennesimo rigore sbagliato da Jorginho, il brivido della Macedonia che sotto di tre gol a fine primo tempo ne fa due nella ripresa e riapre tutto, la goleada finale con gli attaccanti protagonisti. Segnali da considerare, in vista della partita decisiva di lunedì, a Leverkusen, contro l’Ucraina. Proprio come aveva chiesto e sperato il Ct Luciano Spalletti, gli azzurri, seppur con qualche brivido di troppo, spazzano via la Macedonia del Nord che li aveva esclusi dal Mondiale 2022; prima con il gol di testa di Darmian e poi con un Federico Chiesa da impazzire. L’attaccante della Juventus in avvio fa preoccupare l’Olimpico per un brutto fallo subito al ginocchio e poi scatena la gioia dei tifosi con una doppietta da applausi che sembrava aver chiuso il match già nel primo tempo.

Nella ripresa la nazionale rallenta e arriva il gol degli ospiti con Atanasov e dopo tante occasioni azzurre sprecate ecco anche il 3-2 sfortunato con Donnarumma tradito dalla deviazione di Acerbi sotto porta. Nel finale ci pensa Raspadori a rompere definitivamente il tabù macedone con il bel gol del 4-2. La chiude definitivamente il romanista El Shaarawy entrato nel finale. Ora la Nazionale può volare a Leverkusen con un pizzico di ottimismo in più per la partita decisiva alle qualificazioni degli Europei 2024 contro l’Ucraina di lunedì prossimo, dove le bastera’ non perdere per l’accesso diretto agli Europei, senza dover passare per i play off. In avvio, nessuna sorpresa per l’Italia con Gatti preferito a Buongiorno al posto dell’infortunato Bastoni in difesa e Darmian che sostituisce lo squalificato Di Lorenzo sulla destra. Jorginho torna nell’undici titolare per la prima volta da giugno, mentre in attacco partono Berardi, Raspadori e Chiesa. Subito un brivido azzurro in avvio, non per una azione da gol ma per un brutto fallo su Chiesa colpito duro al ginocchio destro da parte da Dimoski. L’attaccante della Juventus resta a terra facendo temere il peggio ma poi pian piano si riprende e passa la paura per un nuovo infortunio.

L”Italia parte piano, mentre la Macedonia di fa viva con Elmas dalle parti di Donnarumma. Una fase di studio quella azzurra che dura solo pochi minuti con Barella e Jorginho che cominciano a comandare il gioco e arrivano i primi affondi proprio con Chiesa completamente ristabilito. Raspadori sguscia via servito alla perfezione da Jorginho andando a segno in contropiede ma il gol dell’attaccante del Napoli viene annullato per fuorigioco. Gli azzurri continuano a spingere e l’1-0 arriva poco dopo: l’azione parte dal corner sulla sinistra, Raspadori crossa sul secondo palo dove si fa trovare libero e pronto alla deviazione Darmian, che di testa insacca in rete. Una volta in vantaggio l’Italia sale sempre più in cattedra con Jorginho e Barella padroni del centrocampo ad orchestrare la fase offensiva. Il 2-0 è nell’aria: su corner dalla sinistra, colpo di mano in area di Serafimov ed è calcio di rigore per gli azzurri. Sul dischetto va Jorginho senza paura degli errori passati, ma la maledizione per il centrocampista dell’Arsenal continua con il suo tiro troppo lento che si infrange sui guanti del portiere macedone Dimitrievski. Quarto penalty fallito consecutivamente per Jorginho in azzurro, dopo i due con la Svizzera e quello della finale di Londra degli Europei vinti. Una doccia fredda che viene subito dimenticata grazie a Chiesa che realizza il 2-0: colpo di tacco di Barella verso Chiesa che dal limite dell’area fa partire una gran botta che si insacca nell’angolino.

L’Olimipico esulta, ma non è finita, poco prima della fine del primo tempo arriva il terzo gol firmato ancora dall’attaccante juventino: Berardi in contropiede serve sulla sinistra Chiesa, che in fuga punta Manev e fa partire un tiro che, con la deviazione del difensore macedone, prende un effetto imprendibile e si infila in rete. In avvio di ripresa la squadra di Spalletti rallenta lasciando spazio ai macedoni che accorciano le distanze con Atanasov che tutto solo tra Acerbi e Gatti infila di testa portando i suoi sul 3-1. La reazione dell’Italia non si fa attendere con Darmian e Bonaventura ad un passo dal 4-1. Scatta l’ora delle sostituzioni: escono Bonaventura, Chiesa e Jorginho facendo posto a Frattesi, Cristante e Zaniolo che torna in campo dopo lo scandalo scommesse e viene sonoramente fischiato dall’Olimpico ancora avvelenato per il brutto addio alla Roma. L’Italia sciupa alcune occasioni per il 4-1 e la Macedonia riapre la partita sempre con Atanasov che trova la doppietta grazie ad una deviazione di Acerbi che sorprende Donnarumma.

L’Olimpico comincia ad avere paura della beffa clamorosa per una decina di minuti prima del gol scaccia fantasmi di Raspadori nel finale: pescato su un taglio da Barella l’attaccante napoletano dalla destra trafigge Dimitrievski per il quarto gol azzurro. 5-2 definitivo firmato da El Shaarawy in pieno recupero: pescato da Dimarco con un assist il romanista la mette in rete tutto solo a centro area. L’Italia del calcio tira un sospiro di sollievo che si trasforma in gioia pura in attesa del verdetto finale, lunedì.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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Esteri

Spagna, imprenditore sotto inchiesta denuncia: diedi 350mila euro a ministro e consulente

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L’imprenditore Victor de Aldama (nella foto col premier, che non è sotto accusa in questa inchiesta), uno dei principali accusati della rete di corruzione e tangenti al centro dell’inchiesta nota come ‘caso Koldo’, ha tentato oggi di coinvolgere numerosi esponenti dell’esecutivo, mentre il Psoe ha annunciato azioni legali per diffamazione. In dichiarazioni spontanee oggi davanti al giudice dell’Audiencia Nacional titolare dell’indagine, de Aldama ha segnalato anche il premier Pedro Sanchez, che a suo dire lo avrebbe ringraziato personalmente per la gestione che stava realizzando a favore di imprese spagnole in Messico, della quale “lo tenevano informato”, secondo fonti giuridiche presenti all’interrogatorio citate da vari media, fra i quali El Pais e Tve.

Al punto che lo stesso presidente avrebbe chiesto di conoscerlo, per ringraziarlo, in un incontro che – a detta dell’imprenditore, presidente del club Zamora CF e in carcere preventivo per altra causa – avvenne nel febbraio 2019 nel quartiere madrileno di La Latina, durante un meeting socialista. Un incontro che sarebbe documentato nella fotografia con Pedro Sanchez, pubblicata da El Mundo il 3 novembre scorso. Il presunto tangentista avrebbe sostenuto che Koldo Garcia, da cui deriva il nome del ‘caso Koldo’, divenne consulente dell’ex ministro dei Trasporti, José Luis Abalos, per decisione dello stesso Sanchez. Avrebbe sostenuto, inoltre, di aver consegnato tangenti per 250.000 euro ad Abalos e per 100.000 euro Koldo Garcia, arrivando a dire “io non sono la banca di Spagna, state esagerando”, secondo le fonti citate.

La rete di corruzione si sarebbe avvalsa dell’ex segretario di organizzazione del Psoe, Santos Cerdàn, al quale Aldama sostiene di aver consegnato una busta con 15.000 euro. Il tangentista avrebbe affermato anche si essersi riunito in varie occasioni con la ministra Teresa Ribera, per un presunto progetto di trasformazione di zone della Spagna disabitata in parchi tematici, secondo fonti giuridiche citate da radio Cadena ser. Un progetto al quale avrebbe partecipato anche Javier Hidalgo, Ceo di Globalia e al quale fu presente, in almeno una riunione, Begona Gomez, moglie di Pedro Sanchez. Fonti governative, riportate da Cadena Ser, definiscono un cumulo di menzogne le dichiarazioni di Aldana, che “non ha alcuna credibilità” ed è in carcere preventivo, per cui punterebbe a ottenere un trattamento favorevole in una prevedibile condanna.

“Il presidente del governo non ha né ha avuto alcuna relazione” con Aldama, segnalano le fonti. “Tutto quello che dice è totalmente falso”, ha dichiarato da parte sua ai cronisti Santos Cerdàn, “Questo signore non ha alcuna credibilità, sta tentando di salvarsi dal carcere. Non ha alcuna relazione con il presidente del governo, io non ho ricevuto mai denaro da lui e non lo conosco”, ha aggiunto l’esponente socialista, annunciando azioni .giudiziarie. Lo stesso ha fatto il portavoce parlamentare del Psoe, Patxi Lopez, che ha confermato “azioni legali” del partito della rosa nel pugno “perché la giustizia chiarisca tutte queste menzogne”.

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