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Sparano al prof, sospesi i due studenti

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Una sospensione compresa tra i 7 e i 14 giorni: è la decisione presa nel corso della riunione straordinaria del consiglio di classe sui due studenti di 17 anni che frequentano l’istituto Romanazzi di Bari e che la scorsa settimana hanno portato in classe e usato contro un docente un’arma giocattolo. La durata della sospensione, secondo quanto si apprende, implica che il provvedimento resti di competenza del consiglio di classe: se infatti fosse stata superiore ai 14 giorni, la decisione su una possibile espulsione sarebbe stata vagliata dal consiglio di istituto.

Nel corso della riunione del consiglio di classe di oggi, a cui avrebbero partecipato anche le famiglie dei due alunni, sarebbe stata vagliata anche l’ipotesi di percorsi di rieducazione e di affidamento al Terzo settore. Secondo quanto emerso finora, uno dei due 17enni avrebbe portato in classe l’arma giocattolo mentre l’altro avrebbe premuto il grilletto contro il docente che non ha riportato ferite ma ha avuto un malore per lo spavento. Sull’episodio è intervenuto anche il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara che nel pomeriggio di oggi ha sentito telefonicamente la dirigente scolastica della scuola barese per esprimere “la mia solidarietà alla persona del docente e alla scuola”.

Per il ministro, quanto accaduto nel capoluogo pugliese “conferma quanto sia urgente affermare il principio che un docente va rispettato in ogni caso e che qualunque offesa o violenza sarà sanzionata in modo efficace”. “La cultura delle regole e del rispetto deve partire dalla scuola”, ha aggiunto Valditara evidenziando che “la riforma del voto di condotta e dell’istituto della sospensione va proprio in questa direzione” e che tocca al Parlamento approvarla. “Non dobbiamo lasciare a casa gli studenti ‘bulli’ ma aiutarli a capire concretamente gli errori fatti e i doveri che discendono dall’appartenere a una comunità”, ha concluso.

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Truffa da 700mila euro su fondi del Pnrr, arrestato imprenditore

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Un imprenditore 45enne di origini torinesi, operante nel settore della compravendita e noleggio di auto di grossa cilindrata, è stato arrestato dalla Guardia di Finanza di Brescia con le accuse di truffa aggravata ai danni dello Stato, malversazione di erogazioni pubbliche, riciclaggio, indebita percezione del Reddito di Cittadinanza, oltre a reati contro il patrimonio, tributari e fallimentari. I pm di Brescia hanno scoperto una truffa da oltre 700mila nell’ambito dei fondi Pnrr ai quali l’imprenditore aveva indebitamente avuto accesso.Secondo quando ricostruito dagli inquirenti, avvalendosi di una serie di prestanome, l’uomo era riuscito ad accedere ai fondi del Pnrr presentando bilanci gonfiati, business plan destinati falsi e una serie di credenziali contraffatte. Ha percepito anche per mesi il reddito di cittadinanza senza averne diritto.

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Caso Grillo-Onorato archiviato, non è traffico influenze

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È stata archiviata a Milano l’indagine in cui Beppe Grillo e Vincenzo Onorato, patron del gruppo Moby, erano accusati di traffico di influenze per una presunta “mediazione illecita” da parte del fondatore dei Cinquestelle: secondo l’ipotesi, poi ritenuta infondata, tra il 2018 e il 2019, Grillo avrebbe inoltrato a tre parlamentari del Movimento le richieste di aiuto avanzate dall’armatore, amico di lunga data, quando la sua compagnia era in crisi finanziaria. In cambio Onorato avrebbe siglato contratti per fare pubblicità a Moby sul blog dell’ex comico. A chiudere il caso, con l’archiviazione, è stato il gip Mattia Fiorentini che ha accolto la richiesta inoltrata lo scorso giugno dal pm Cristiana Roveda e dall’aggiunto, ora procuratore a Bergamo, Maurizio Romanelli.

Richiesta che è arrivata oltre un anno dopo la chiusura dell’inchiesta con la quale era stata data una ricostruzione mesi dopo ‘ribaltata’. A far cambiare idea agli inquirenti sono state una serie di valutazioni giurisprudenziali e una memoria presentata dal legale di Onorato, l’avvocato Pasquale Pantano con cui si sostiene sia che la cifra versata al politico per la pubblicità era più che conveniente e sia la mancanza di una connessione temporale tra le presunte utilità e i favori. La Procura, in sostanza, ha dovuto stabilire se il comportamento di Grillo rientrasse nel perimetro di una “mediazione illecita o lobbistica”. Secondo la nuova rilettura dei fatti, poi condivisa dal giudice, l’intervento del fondatore di M5s sugli allora ministri in carica Luigi Di Maio, Danilo Toninelli e Stefano Patuanelli per far pervenire le richieste di Onorato fu “perentorio”. E sebbene a quelle istanze fu data risposta “con sollecitudine”, non si è configurato il traffico di influenze illecite, sia perché non c’è stato un conseguente abuso d’ufficio da parte dei ministri, mai indagati, sia perchè il presunto mediatore, ossia Grillo, non era portatore di una qualifica “pubblicistica”.

In pratica non era un pubblico ufficiale. Intanto stamane l’armatore e i suoi figli, Achille e Alessandro, si sono visti accogliere dal gup Luigi Iannelli, la richiesta di patteggiamento il primo a 3 anni e 10 mesi di reclusione e gli altri due a 2 anni con pena sospesa. I tre rispondono di bancarotta nell’indagine che riguarda Cin, la Compagnia italiana di navigazione, ammessa al concordato preventivo nel giugno 2021, una procedura fallimentare che si è chiusa tempo fa. La proposta di patteggiare avanzata sempre da Pantano ha avuto il parere favorevole del pm Luigi Luzi, titolare del fascicolo. Gli Onorato, nel corso delle vicende fallimentari del gruppo, ha sempre fatto notare il legale, hanno versato somme considerevoli per ripianare i debiti. Come si legge in una nota, la famiglia ora potrà “dedicare tutte le energie al piano di rilancio” di Cin.

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Truffa da 22 milioni alla Regione Puglia, patteggiano in sei

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Hanno patteggiato pene comprese tra un anno e sei mesi a due anni di reclusione (sospese) sei imputati di un processo sulle presunte truffe da 22 milioni di euro ai danni della Regione Puglia, sui compensi legali pagati dall’ente per migliaia di contenziosi sugli indennizzi agricoli. Il processo partì dall’inchiesta ‘Leguleio’ della Guardia di finanza che coinvolse 21 persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari, truffa ai danni dello Stato, truffa aggravata ai danni della Regione Puglia, autenticazione di firme false, firme false di persone decedute, riciclaggio e autoriciclaggio.

La pena più alta è stata concordata per l’avvocato Michele Primavera, coinvolto in questo filone insieme ai colleghi Oronzo Panebianco, Assunta Iorio e Francesca Fiore, il marito di quest’ultima Luca Pedroncelli e la dipendente del Tribunale di Bari Giuliana Tarantini. I patteggiamenti nei confronti dei sei, inizialmente respinti in udienza preliminare, sono stati ratificati oggi, in dibattimento, davanti al collegio presieduto dal giudice Marco Guida.

Secondo l’accusa, gli avvocati coinvolti avrebbero intentato migliaia di cause contro la Regione per conto di agricoltori e allevatori destinatari di contributi (con mandati falsi o rilasciati in modo illegittimo) e, per “impedire alla Regione Puglia un’efficace difesa in giudizio”, avrebbero creato “falsi domicili” intentando “azioni legali nei confronti dell’Ente in varie parti d’Italia”, come si legge negli atti della Procura, in modo da recuperare le spese legali.

Alcune cause erano intentate anche per conto di persone decedute. La vicenda si è poi divisa in più tronconi: per alcuni imputati il processo è ancora in corso in dibattimento, per altri la posizione è stata definita in abbreviato lo scorso novembre.

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