“Da questo momento sono un official scugnizzo”: ed è così che Luciano Spalletti è diventato un cittadino napoletano: il sindaco Gaetano Manfredi gli ha conferito la cittadinanza onoraria in una cerimonia al Maschio Angioino. Così l’uomo che ha riportato il Napoli a vincere uno scudetto dopo 33 anni e che se lo è tatuato sul braccio, è ormai napoletano.
“La cittadinanza ha un significato enorme, ha detto Spalletti, me ne sono andato per preservare la bellezza che avevo nel cuore”. In prima fila, un sorridente Aurelio De Laurentiis che già in precedenza aveva abbracciato l’ex allenatore del Napoli dello scudetto e ne aveva tessuto le lodi, nonostante il contenzioso che è derivato dal passaggio del coach alla Nazionale.
Selfie, foto, applausi per Spalletti, qualche battuta a margine con i giornalisti anche del presidente del Napoli che, ha scritto Repubblica, ha spiegato che “I napoletani sono perdenti perchè non sono mai contenti. Pensa che io vengo con sette zii di cui quattro napoletani e una zia tra loro è fortunatamente ancora viva a novantatré anni e sono degli scassacaxxo a cavallo”.
Tante le personalità presenti sugli scranni, folla di telecamere con qualche problema per la concomitanza con la conferenza stampa di Mazzarri prima dell apartenza per Torino ma è stata una bella cerimonia.
La laudatio è stata affidata dal sindaco Manfredi al professore Bruno Siciliano, illustre scienziato, pure lui professore universitario come il primo cittadino.
Il professor Bruno Siciliano
Dopo la cerimonia pranzo organizzato dal Sindaco da Cicciotto a Marechiaro, tra le personalità che hanno partecipato alla cerimonia prima e al successivo pranzo il direttore Generale del Comune di Napoli, Pasquale Granata, il Professor Antonio Giordano e Giancarlo Arra presidente e vice della Sbarro Health Research Organization, i calciatori Fabio e Paolo Cannavaro, l’Assessore Edoardo Cosenza e Gianluca Capuano, proprietario del ristorante Cicciotto.
Antonio Giordano, Luciano Spalletti, Gaetano Manfredi
LAUDATIO A LUCIANO SPALLETTI
Grazie Sindaco, mio carissimo amico e collega di lunga data. Assolutamente onorato della tua richiesta. Sono un napoletano profondamente radicato a Napoli, eternamente grato alla città, ai napoletani, alla Federico II. Tifoso assiduo, alterno gli impegni internazionali di lavoro con le partite. Sono appena rientrato da Doha dove ero per un convegno internazionale e un incontro con il ns. Ambasciatore per promuovere programmi di cooperazione bilaterale fra Italia e Qatar. Abbonato storico dal 1966, da piccolo in Tribuna con mio padre e mio zio. Quindi gli anni giovanili della Curva e delle prime trasferte con gli amici. Prima la B e poi la A negli anni a cavallo dei due scudetti. Da circa 15 anni nei Distinti, spaccato vivo delle classi sociali come brillantemente descritto nel capitolo “L’elogio dei distinti” del libro “Il resto della settimana” dell’amico Maurizio De Giovanni. Unico anno saltato quello trascorso nel 1985/86 al Georgia Tech ad Atlanta durante il dottorato di ricerca. A seguire cattedre rifiutate in prestigiose università americane per amore di Diego Armando Maradona e del Napoli. Venendo al passato recente, solo tre trasferte perse il primo anno di Spalletti nel quale avevamo già potuto apprezzare la sua impronta. L’anno scorso tutte le 38 partite di campionato compreso le trasferte vietate + le trasferte di Champions (meno una a Liverpool) per l’apoteosi, decine di migliaia di chilometri macinati in aereo, treno e auto. E, come me, tanti altri tifosi appassionati del nostro amato Napoli che fanno sacrifici per seguirlo ovunque. Idealmente, oggi ho l’onore di rappresentarli tutti.
Più che un sogno, è stato un risveglio fragoroso e allo stesso tempo dolcissimo dopo un letargo durato 33 lunghi anni ed essersi destati solo in un paio di occasioni per averlo appena sfiorato. Finalmente lo scudetto. Bramavo di viverlo con i miei figli, che oggi sono qui in sala, dopo aver mostrato loro le videocassette e i filmati su YouTube del Napoli del D10S. Piansi di gioia con loro in quel di Udine alle 22:37 dello scorso 4 maggio, pur avendo la consapevolezza di poterlo vincere oramai già da qualche settimana. Uno scudetto che non è motivo di rivalsa calcistica, sociale, economica, ma piuttosto un dato “scientifico” servito a dimostrare che Napoli può tutto quando vuole. Questo è lo spirito che anima tanti professionisti napoletani di nascita e di adozione, e che ha animato Mister Spalletti in questi due anni.
Spalletti ha saputo cogliere e interpretare in pieno quel legame indissolubile fra squadra e città, fra tifosi e cittadini. Si dice Napoli per indicare la città e la squadra, si dice Napoletani per indicare i cittadini e i tifosi. E lo ha fatto in maniera decisa, una vera e propria “full immersion”, ma altrettanto si è fatto trovare pronto per ricevere tanto da Napoli, dai suoi uomini, dai tifosi, dalle persone comuni che ha incontrato. Nei suoi incontri con la città, ha sempre messo in luce l’importanza di trasmettere dei valori ai nostri giovani, quelli più esposti al nulla, che vivono e replicano il disagio conosciuto nelle famiglie senza possibilità di riscatto. Perché il calcio e in particolare il modo in cui lo si interpreta, possono essere d’ispirazione e guida per qualcuno.
Uomini forti destini forti! Dal punto di vista sportivo, Luciano Spalletti ha saputo recepire al meglio la sfida in questi due anni col suo carettere protettivo. Al di là degli obiettivi, del superamento degli ostacoli (infortuni, arbitraggi, polemiche mediatiche, etc), ha sempre dato l’esempio a tutti, addetti ai lavori e non. Non un Deus ex machina, ha amato e creduto profondamente di poter vincere con i giovani a disposizione, argutamente riconoscendo il loro valore e ricordandoglielo nei momenti topici. E, una volta vinto, questi giovani hanno avuto tutti la consapevolezza di essere cresciuti e cambiati per sempre.
Riprendendo una sua citazione, la partita è una scatola da riempire con tante cose in funzione degli uomini a disposizione e delle loro doti. Uno Zielo come uomo-esca a portare via un centrale e creare un buco per le incursioni del Di Lorenzo di turno, un Marittiello regista aggiunto all’occorrenza con la copertura di un concentratissimo Kim, un Lobo alto ad accorciare invece che restare basso davanti alla difesa, un tattico Politano a tutta fascia nel primo tempo e il Chucky a spaccare avversari sfiancati nel secondo, un Kvara libero di svariare su tutto il fronte d’attacco. Uscita veloce, uscita lenta, palleggio, costruzione delle trame di gioco e poi verticalizzazioni improvvise per il giaguaro Victor. Un gioco armonioso, effervescente, moderno, europeo, talvolta anche spensierato, che in definitiva corrisponde al nuovo volto della città e che si innesta perfettamente nelle tradizioni e nelle radici partenopee. Una reazione chimica esplosiva, frutto di una simbiosi unica fra ironia fiorentina e spirito napoletano sulla base di una grossa professionalità e dedizione al lavoro e al sacrificio.
A proposito di Napoli e della napoletanità, mi piace riprendere le citazioni di due napoletani illustri. La prima è di un collega mio e di Gaetano, Luciano De Crescenzo “Napoli per me non è la città di Napoli ma solo una componente dell’animo umano che so di poter trovare in tutte le persone, siano esse napoletane o no. A volte penso addirittura che Napoli possa essere ancora l’ultima speranza che resta alla razza umana”. Spalletti ha fatto nascere e nutrito quella componente nel suo animo in maniera virtuosa.
La seconda citazione è dello scrittore Erri De Luca “Napoli è una città che brulica di vita e di storia, ha avuto un passato grandioso e ha energie non solo per partecipare a un futuro, ma anche per precederlo. Il popolo napoletano con le sue mille risorse, la sua capacità di adattamento e il suo ingegno ha dato prova di saper affrontare qualsiasi avversità e di saper costruire un futuro”. Spalletti si è perfettamente calato nello spirito napoletano utilizzando al meglio le risorse messegli a disposizione dalla Società e dal Presidente più glorioso della nostra storia quasi centenaria, e ha lasciato una grossa eredità per il futuro, non fosse altro per il valore della rosa dei nostri giocatori.
In maniera sommessa rispetto a due giganti come De Crescenzo e De Luca, in un mio TEDx talk di qualche anno orsono su Robotica e Napoli, definii Napoli una città che allena alla complessità e ispira la creatività di coloro che sono nati qui e di coloro che vengono adottati da Napoli. Spalletti ha allenato un gruppo multietnico di giovani talentuosi ma non ancora affermati, di 17 nazionalità diverse alcune con poca tradizione nel calcio, che tutti assieme hanno valorizzato la loro professione sotto la guida creativa di un grande motivatore e uno stratega esperto come pochi.
Pensando di interpretare il sentimento comune di tutti i napoletani, tifosi e non, desidero abbracciare Luciano Spalletti come segno di fratellanza e appartenenza che va al di là della cittadinanza onoraria che gli viene conferita oggi. D’altro canto, il ns concittadino Luciano –con oggi, mi permetto di chiamarlo semplicemente per nome (potrei dire fratm’ alla napoletana), essendo entrambi nati nello stesso anno, il 1959 che poi è l’anno in cui fu realizzato il primo robot dell’era moderna e fu inaugurato lo Stadio San Paolo (oggi Maradona)– dicevo Luciano ha rispettato un fioretto che aveva fatto tatuandosi –lui che non aveva alcun tatuaggio– sul braccio sx lo scudetto con la N del Napoli e sul dx i nomi dei suoi tre figli (numero perfetto si dice, tre come gli scudetti del Napoli e tre anche come i miei figli, altrettanto due maschi e una femmina). Bellissimo che, attraverso questi tatuaggi, il Napoli e l’esperienza di vita vissuta a Napoli rappresentino una cicatrice che porterà orgogliosamente per sempre sulla sua pelle, a cominciare dall’avventura del Paradiso della Nazionale come da lui stessa definita qualche giorno orsono.
Grazie di cuore, carissimo Luciano a nome di tutti noi napoletani. Ti saremo grati per sempre e ogni volta che vorrai tornare troverai la Napoli che tanto ami pronta ad accogliere e abbracciare te, i tuoi parenti, i tuoi amici. Napoli sarà sempre la tua seconda famiglia. Una Napoli che vuole proiettarsi verso il futuro, anche auspicabilmente attraverso nuove intese con una Società calcistica moderna, finanziariamente solida che ci ha reso orgogliosi in Italia e in Europa. Tu non hai insegnato solo calcio in questa città. Hai insegnato amore in questa città. Hai insegnato amore PER questa città: “Tutto per lei”. È questo l’insegnamento che hai lasciato a questa città, la tua eredità, il tuo regalo più bello, più dello stesso scudetto. Tutto per lei. Anche ora che non siedi più sulla nostra panchina, tutti noi napoletani dobbiamo tenerlo ben presente: dobbiamo vivere ogni giorno cercando di dare tutto per lei. Tutto per questa città. E siamo sicuri che, anche grazie a questa tua lezione, Napoli sarà una città ancora migliore.
La dieta mediterranea, molto più di un semplice regime alimentare, si è affermata come simbolo di identità culturale, sostenibilità ambientale e salute globale. Questo è stato il tema centrale dell’evento “Mediterranean Diet: A Living Heritage, Unleashing One Health”, tenutosi ieri presso la sede delle Nazioni Unite a New York, promosso dalle Missioni permanenti di Italia e Marocco in collaborazione con il Comune di Pollica e il supporto del Future Food Institute.
Un patrimonio culturale vivente
L’evento ha celebrato il 14º anniversario del riconoscimento della dieta mediterranea come patrimonio culturale immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco. È stata un’occasione per riaffermare l’importanza di questo modello non solo dal punto di vista alimentare, ma anche come pilastro per lo sviluppo sostenibile e la promozione della salute.
Rappresentanti di istituzioni come la Fao, l’Unesco e il mondo accademico hanno sottolineato come la dieta mediterranea possa essere un faro per l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, affrontando temi come la riduzione dell’impatto ambientale e i benefici sulla salute umana.
L’impegno di Pollica e il modello cilentano
Pollica, capofila della rete delle Comunità Emblematiche Unesco, ha annunciato la sua candidatura a Città Creativa della Gastronomia Unesco. Stefano Pisani, sindaco di Pollica, ha spiegato: «Abbiamo dimostrato come il modello della dieta mediterranea possa tradursi in azioni pratiche, dall’urbanistica integrata al Master Plan Cilento Sud, fino a progetti innovativi come il Mediterranean Mind Lab».
Questi progetti, supportati dal Future Food Institute, consolidano il Cilento come cuore pulsante della dieta mediterranea, unendo tradizione e innovazione in un laboratorio internazionale di rigenerazione ecologica.
Presidi della Dieta Mediterranea nel mondo
Durante l’evento sono stati presentati i “Presidi della Dieta Mediterranea nel Mondo”, un’iniziativa volta a celebrare le eccellenze culturali e gastronomiche. Tra i primi riconoscimenti:
Pasquale Cozzolino, chef italiano noto a New York per i suoi ristoranti “Ribalta” e “Amo”.
Rossella Episcopo ed Emiliano Cammardella, promotori cilentani del progetto “Flora”.
Un’eredità per il futuro
Sara Roversi, presidente del Future Food Institute, ha ribadito: «La dieta mediterranea è un modello perfetto per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Il nostro impegno è trasformarlo in un’eredità viva e tangibile per il pianeta». Questo approccio conferma come la dieta mediterranea non sia solo un patrimonio culturale, ma una risorsa per il futuro del pianeta.
Discutere della sentenza della Corte penale internazionale sull’arresto di Benjamin Netanyahu al tavolo del G7 e provare a concertare assieme agli alleati una linea comune. Nelle stesse ore in cui 4 soldati italiani restano feriti nella base Unifil in Libano dopo un lancio di missili di Hezbollah, il governo cerca di gestire il nodo della decisione dell’Aja sul leader israeliano – e sul suo ex ministro della Difesa Gallant – coinvolgendo i partner europei e occidentali. E’ l’input che Giorgia Meloni affida ad Antonio Tajani (che tra l’altro rivendica su questi temi il ruolo di palazzo Chigi e della Farnesina) dopo le divisioni emerse nell’esecutivo che di certo non le avranno fatto piacere, anzi.
Le fughe in avanti dei ministri irritano palazzo Chigi che, invece, sui dossier delicati vorrebbe che il governo si esprimesse con un’unica voce. Ecco perchè di fronte al susseguirsi di dichiarazioni la premier, in vista del vertice di maggioranza convocato per lunedì, decide intanto di mettere nero su bianco quella che deve essere la linea di tutto il governo. La premessa è che sulla sentenza della corte dell’Aja vadano fatti degli approfondimenti per capirne le motivazioni che, sottolinea, “dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”.
Ma “un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas”. Una presa di posizione che ha come obiettivo anche quello di mettere a tacere i distinguo e le voci in libertà nella compagine. Accanto alla posizione prudente di Antonio Tajani, c’era stata infatti la dichiarazione più netta di Guido Crosetto. Il ministro della Difesa, pur criticando il pronunciamento della Cpi, aveva aggiunto: “La sentenza andrà rispettata”. Ma soprattutto, a pesare è quanto detto da Matteo Salvini. Il leader della Lega è quello che si è spinto più avanti, arrivando ad invitare il premier israeliano in Italia dandogli il “benvenuto” perchè, avvisa, “i criminali di guerra sono altri”.
Parole che pesano negli equilibri internazionali alla vigilia del G7 dei ministri degli Esteri in programma a Fiuggi lunedì. Non è un caso infatti (forse anche dopo contatti con Chigi) che il leader della Lega cerchi poi di ammorbidire i toni invocando la condivisione delle decisioni: “Troveremo una sintesi – confida Salvini – il problema è a livello internazionale”. Chi sceglie di non esprimersi è la Santa Sede. Il Vaticano si affida alle laconiche parole del segretario di Stato Pietro Parolin: “Abbiamo preso nota di quanto avvenuto, ma quello che a noi interessa è che si ponga fine alla guerra”. Intanto, le dichiarazioni dei ministri e dei leader della maggioranza finiscono sotto il fuoco di fila delle opposizioni che vanno all’attacco.
Ma le tensioni sulla politica estera sono solo l’ultimo punto che si aggiunge ad una lista di nodi che Meloni dovrà sciogliere con i due alleati di governo nel vertice in programma per lunedì 25, prima della riunione del Consiglio dei ministri. Il ‘caso’ Netanyahu sarà uno dei temi che i tre leader del centrodestra dovranno discutere, ma altrettanto dirimenti, sono le decisioni da prendere sul versante interno. La sconfitta alle regionali ha alzato il livello dello scontro e, di conseguenza, le richieste di Lega e Forza Italia da inserire nella legge di Bilancio. Ufficialmente tra i partiti di maggioranza regna la concordia: “Ci incontreremo e risolveremo i problemi nel miglior modo possibile”, è la convinzione di Tajani a cui fa eco il vicepremier leghista: “Siamo in sintonia su tutto”.
Ma il taglio dell’Irpef, la flat tax per i dipendenti e la riduzione del canone Rai sono tre temi su cui da giorni è in atto un vero e proprio braccio di ferro. E la mancanza di un accordo ha fatto slittare alla prossima settimana le votazioni sul decreto fiscale. Alle richieste dei partiti si aggiungono i desiderata dei ministri. Un elenco impossibile da realizzare (visti i fondi a disposizione) su cui la premier dovrà dire una parola definitiva. In stand by invece resta la decisione sul successore di Raffaele Fitto.L’idea della presidente del Consiglio pare sia quella di tenere le deleghe a palazzo Chigi fino a gennaio, scavallando quindi la sessione di bilancio. Nessuna fretta anche anche perchè, raccontano nella maggioranza, per la prossima settimana è attesa anche la decisione dei giudici se rinviare o meno a giudizio la ministra per il Turismo Daniela Santanchè.
La fase è complessa. Siamo nel pieno della sessione bilancio, con una manovra complicata quest’anno dai vincoli delle nuove regole Ue. Mentre fuori incombono le “incertezze” dello scenario internazionale. E’ in questo contesto, spiega il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha preso forma una legge di bilancio che chiede “sacrifici”. Ma per crescere e tenere i conti in ordine “serve il contributo di tutti”, è l’appello del ministro, che rivendica anche i successi dell’approccio prudente del governo: lo spread si è dimezzato e due agenzie di rating hanno rivisto al rialzo l’outlook. E non è escluso che lo stesso possa fare anche Moody’s (arriva con un Baa3, il primo livello dell’investment grade, e un outlook stabile), che chiude in serata il ciclo di revisioni sul rating, iniziato a metà ottobre con le valutazioni di Fitch, S&P e Dbrs.
Cresce intanto l’attesa per il vertice di lunedì tra la premier Giorgia Meloni e i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, chiamato a sciogliere anche diversi nodi sulla manovra. A partire dal canone Rai, che tiene in stallo il decreto fisco in Senato e riaccende lo scontro tra Lega e FI. Per via Bellerio la conferma della riduzione del canone Rai da 90 a 70 euro “è una priorità” e siamo determinati a portarla avanti “fino in fondo”, mette in chiaro il capogruppo in Senato Massimiliano Romeo. Ma gli azzurri non ci stanno: il taglio è una scelta “ridicola”, commenta Tajani. E’ giusto il confronto, ma c’è un problema di coperture, aggiunge Mauro D’Attis, deputato di Fi e uno dei relatori della manovra.
I partiti della maggioranza intanto rivendicano ciascuno le proprie bandierine. Che trovano posto negli emendamenti super-segnalati alla manovra (circa 220 in un elenco che circola tra i parlamentari): le proposte di FDI vanno dal contributo di 500 euro l’anno per gli under14 al silenzio-assenso per i fondi pensione; la Lega insiste dall’allargamento della flat tax ai fondi al Ponte; FI va dal taglio dell’Irpef alla web tax. Ma i leader sfoderano ottimismo in vista del vertice: “Siamo assolutamente in sintonia su tutto”, dice Salvini; trovare un accordo non sarà difficile, assicura Tajani. Giorgetti intanto lancia un appello a fare ciascuno la propria parte. E lo fa parlando in videocollegamento con l’assemblea annuale dell’Anci: parole che suonano come una risposta alle critiche e preoccupazioni espresse dall’Associazione dei Comuni per i tagli previsti in manovra.
“Non posso non riconoscere che le sfide con cui vi confrontate quotidianamente richiedono sempre maggiori risorse”, ma il mio ruolo “mi impone” soluzioni che concilino “le esigenze locali” con gli “obiettivi complessivi del paese”, spiega. E così, anche se gli enti territoriali sono riusciti a tenere i conti “sotto controllo”, tutti sono chiamati a contribuire, anche le amministrazioni locali. La riduzione delle risorse per gli investimenti pubblici disposta dalla manovra è dettata dal bisogno di “dare priorità all’utilizzo delle somme previste nell’ambito del Pnrr e del Fondo di sviluppo e coesione”, spiega il ministro, che apre: “Possiamo e dobbiamo continuare a collaborare”. Un invito subito raccolto dal neopresidente Gaetano Manfredi dell’Anci. Presenteremo al governo “un’agenda con le priorità”, annuncia, con l’auspicio che la manovra “migliori” in Parlamento. I
l contesto comunque è di “grande incertezza”, evidenzia Giorgetti: le misure contenute in manovra possono dare una mano, ma per “realizzare la crescita che abbiamo previsto nel 2025” sarà cruciale “promuovere la domanda”. Servono sono poi la “stabilità politica” e la “prudenza” nella gestione dei conti portati avanti in questi due anni di governo, è la ricetta del titolare del Mef: ingredienti di una “credibilità” che sta dando frutti e se coltivata ulteriormente può contribuire a migliorare deficit e debito. Giorgetti difende la manovra anche sul fronte sempre caldo della sanità: le risorse sono aumentate, 12 miliardi in più in tre anni. Numeri, chiosa, che “certificano la falsità delle narrazioni strumentali”.