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Sottosegretari e primi dl. Poi corsa contro caro bollette

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Non c’è “tempo da perdere”. Il caro-bollette morde, è diventato “insostenibile” e bisogna rafforzare al più presto le misure per proteggere famiglie e imprese. Anche per questo Giorgia Meloni ha in mente, d’accordo con Giancarlo Giorgetti, di rivedere già in settimana la Nadef, passaggio indispensabile perché il nuovo quadro macroeconomico sarà la base per mettere in campo sia il nuovo scudo anti-rincari sia la manovra. Bisogna correre, è il leit motiv delle sue conversazioni con i ministri. Dare segni di “discontinuità” – e domani si parte dalla giustizia, dal Covid e pure dalla stretta sui rave party – ma anche “risposte immediate” a chi non riesce più a pagare luce e gas o rischia di chiudere l’azienda per i maxi-aumenti dell’energia, e delle materie prime. La revisione dei conti è un passaggio obbligato, di cui la premier discuterà probabilmente anche a Bruxelles, dove volerà giovedì per incontrare i vertici delle istituzioni europee. Un via libera della commissione è indispensabile. Le misure “nazionali” d’altronde, vanno “rafforzate” anche perché ancora non si è chiusa l’intesa su una risposta comune europea alla crisi energetica. E la necessità per il 2023 diventa quella di alzare l’asticella del deficit, operando quello scostamento vissuto come extrema ratio finora sia a Palazzo Chigi sia a via XX settembre. Si dovrebbe trattare di circa mezzo punto, per fare salire la dote per la legge di Bilancio da 10 a circa 20-21 miliardi, mentre il tesoretto ereditato dal governo Draghi sarà utilizzato subito per arrivare fino alla fine dell’anno con nuovi aiuti. Per l’aggiornamento della Nadef la data cerchiata in rosso per ora è il 4 novembre, anche se ancora non c’è una decisione sul secondo Cdm della settimana. Ma la fitta agenda internazionale della premier nei primi 20 giorni di novembre impone di sfruttare tutte le finestre utili. Con il primo Consiglio dei ministri “operativo”, intanto, si dovrebbe chiudere anche la partita del sottogoverno: non tutti i tasselli sono ancora al loro posto ma i partiti della maggioranza sono convinti che domattina si troverà la quadra. I malumori maggiori si registrano di nuovo tra le file di Forza Italia. Dopo i “veti” subiti sui nomi dei ministri, che ancora lasciano strascichi di “delusione” nello stesso Silvio Berlusconi, gli azzurri fanno quadrato attorno al calabrese Giuseppe Mangialavori colpito dalla “solita macchina del fango”. Si è messa in moto “ad orologeria”, lo difende il governatore Roberto Occhiuto e con lui parte una batteria a sostegno del deputato Fi. Mangialavori, con gli azzurri al 16% in Calabria, risolve il problema del Sud, su cui il partito è scoperto nella compagine di governo. Per lo stesso motivo alla fine negli 8 di Fi dovrebbe rientrare anche Matilde Siracusano come sottosegretario proprio al Sud o ai Rapporti con il Parlamento (ma si fanno anche i nomi di Savino e Bergamini). A Forza Italia potrebbero andare tre viceministri sui 9 totali immaginati per la squadra (2 alla Lega e 4 a Fdi), con Paolo Sisto verso via Arenula, Valentino Valentini al Mise e Paolo Barelli all’Interno. La delega all’editoria dovrebbe andare ad Alberto Barachini, Francesco Battistoni all’Agricoltura, Ugo Cappellacci al Mef dove per la Lega ci sarà Federico Freni. A fianco a Piantedosi dovrebbe tornare per via Bellerio – che vuole anche il Dipe – Nicola Molteni mentre per Fdi è forte il nome di Wanda Ferro, spendibile anche per la commissione Antimafia. Quanto a Fdi, Meloni a Palazzo Chigi porterà quasi sicuramente il fedelissimo Giovanbattista Fazzolari (attuazione del programma) e Alessio Butti (Innovazione), mentre al sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano dovrebbe affidare anche la delega ai servizi. Maurizio Leo sarà viceministro al Mef mentre Edmondo Cirielli potrebbe diventare vice alla Farnesina (in questo caso Giulio Terzi potrebbe diventare presidente di commissione). Marcello Gemmato dovrebbe andare alla Salute, Andrea Delmastro alla Giustizia (o Infrastrutture), Galeazzo Bignami al Mise, Paola Frassinetti all’Istruzione, Salvatore Deidda o Isabella Rauti alla Difesa, Patrizio La Pietra all’Agricoltura e hanno chance anche Federico Mollicone e Augusta Montaruli.

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Università e ospedali plurisecolari su francobolli Italia

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Tre universita’ e cinque ospedali ”storici” italiani compariranno sui francobolli italiani. L’emissione dedicata alle università e’ stata emessa oggi e riguarda le universita’ di Napoli, Trieste e Firenze. La serie dedicata agli ospedali comparira’ invece il 24 novembre prossimo e riguardera’ ospedali di Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze. Le vignette dei francobolli (tutti validi per la posta ordinaria) mostrano per le universita’:

  • -una prospettiva della facciata principale dell’Università degli Studi di Napoli” Federico II” istituita il 5 giugno 1224 dall’Imperatore del Sacro romano Impero;
  • -su uno sfondo che riprende i colori istituzionali del centenario dell’Università degli Studi di Trieste, una rivisitazione del logo dell’anniversario che raffigura, un’illustrazione al tratto, l’edificio centrale dell’Ateneo;
  • -l’ingresso del Rettorato dell’Università degli Studi di Firenze che, nel 2024, celebra i 100 anni dalla sua fondazione; Per gli ospedali le vignette mostrano;
  • -ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze: il Loggiato di ingresso, progettato da Bernardo Buontalenti nel 1574, in cui è visibile l’affresco “Annunciazione” del XVII secolo attribuito al Pomarancio; -ospedale civile Santi Giovanni e Paolo di Venezia;
  • – il Portego delle Colonne della Scuola Grande di San Marco a Venezia (1485-1495);
  • -Ca’ granda ospedale maggiore policlinico di Milano: la Sala del Capitolo d’estate, edificata nel 1637 su progetto di Francesco Richini, che ospita l’archivio storico;
  • -ospedale di Santo Spirito in Sassia di Roma: le Corsie Sistine risalenti al XV secolo; -ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili di Napoli: la Farmacia storica degli Incurabili con i vasi in maiolica del 1747-1751.

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Giustizia, stretta sulle toghe politicizzate e sui reati informatici: il decreto del governo in arrivo

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La riforma della giustizia torna al centro del dibattito con il nuovo decreto che il governo si appresta a varare lunedì prossimo in Consiglio dei Ministri. Tra le novità principali, spiccano due misure destinate a far discutere: l’introduzione di sanzioni per i magistrati che non rispettano il dovere di astensione in casi di conflitto di interesse e una stretta sui reati informatici e sul dossieraggio illegale.

Sanzioni per le toghe politicizzate

Il decreto introduce una nuova norma che obbliga i magistrati a astenersi dal giudicare su questioni rispetto alle quali si sono già espressi pubblicamente attraverso editoriali, convegni o social network. In caso di violazione, il Consiglio Superiore della Magistratura potrà adottare sanzioni che vanno dall’ammonimento alla censura, fino alla sospensione.

Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, questa norma intende tutelare il principio di imparzialità della magistratura, un obiettivo che la maggioranza considera fondamentale per garantire l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

La misura ha già suscitato polemiche tra le toghe e riacceso il dibattito sulla presunta politicizzazione della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazione per quella che definisce un’“invasione di campo” da parte del governo.

La questione delle migrazioni e il caso Silvia Albano

La norma sulle toghe politicizzate sembra trarre origine da recenti tensioni tra il governo e alcune sezioni della magistratura, in particolare sui temi legati all’immigrazione. Emblematico il caso della giudice Silvia Albano, che aveva criticato l’accordo tra Italia e Albania sui migranti, trovandosi poi a giudicare direttamente su questa materia.

Albano, presidente di Magistratura Democratica, è stata bersaglio di critiche da parte della maggioranza per la sua posizione pubblica contro il “decreto Paesi sicuri”. La sua decisione di non convalidare il trattenimento di 12 migranti nel centro italiano in Albania ha sollevato ulteriori tensioni.

Stretta sui reati informatici e dossieraggi

Il decreto affronta anche il problema dei reati informatici, introducendo nuove misure per contrastare l’accesso abusivo ai database pubblici. Tra le novità principali:

  • Arresto in flagranza per chi viola sistemi informatici di interesse pubblico, militare o legati alla sicurezza nazionale.
  • Trasferimento delle indagini sui reati di estorsione tramite mezzi informatici alla procura Antimafia, guidata da Giovanni Melillo.

Queste misure arrivano in risposta a recenti scandali legati al dossieraggio illegale, come l’indagine della DDA di Milano sulla “centrale degli spioni” che trafugava dati sensibili da banche dati governative, coinvolgendo figure politiche di primo piano come la premier Giorgia Meloni.

Un antipasto per la riforma delle carriere

Questo decreto rappresenta solo l’inizio di un più ampio progetto di riforma delle carriere di giudici e pm che il governo sta portando avanti in Parlamento. La maggioranza intende ridefinire i rapporti tra i poteri dello Stato, nonostante le inevitabili polemiche con la magistratura.

Secondo il ministro Nordio, l’obiettivo è garantire un sistema giudiziario più equo e trasparente, ma l’ANM e altre voci critiche temono che queste misure possano indebolire l’autonomia delle toghe.

Un Natale caldissimo per la giustizia italiana

Le nuove norme, che toccano temi delicati come la gestione dell’immigrazione, i reati informatici e l’imparzialità dei magistrati, promettono di accendere il dibattito politico e giudiziario. Il governo va avanti, ma il confronto con le toghe e le associazioni di categoria si preannuncia acceso.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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