A passi veloci verso il futuro. In linea con la tradizione di una realtà da sempre innovativa, sin da quando il suo fondatore – Agostino Lauro – avvicinò le isole del golfo di Napoli alla terraferma con spirito pionieristico e con appassionata competenza. Oggi, con i trasporti marittimi che si sono notevolmente evoluti da quel tempo in cui operavano mezzi e servizi grossolani, la mission del gruppo Lauro e di chi opera nel settore dei trasporti veloci, ancor di più quelli marittimi, non può che essere la sostenibilità e la digitalizzazione: difendere l’ambiente e ridimensionare l’impatto delle attività antropiche. “Per la verità è una delle nostre priorità da anni e ha ispirato il cosiddetto ‘refitting’ delle unità della nostra flotta, che hanno ridotto le emissioni di Co2 e sono già oggi sempre più silenziose ed ecocompatibili”, spiega Salvatore Lauro, presidente del gruppo Volaviamare e interprete della seconda generazione, cui ha fatto seguito la terza, incarnata dalle figlie Mariaceleste e Mariasole e dal figlio Agostino. Nonostante la giovane età Mariaceleste è stata indicata tra i primi cento manager d’Itali della rivista “Forbes”.
“Abbiamo capito che bisogna fare ancora di più e non ci tireremo indietro”, aggiunge Lauro. Uno degli obiettivi è quello di decongestionare il traffico su gomma, tra le principali criticità di aree di alto pregio paesaggistico come la Penisola sorrentina e la Costiera amalfitana e cilentana, puntando sulle vie del mare con investimenti intelligenti e nella speranza che il Pnrr finalmente nel ns settore decolli e dia la possibilità di interventi a sostegno. Per questo motivo stiamo ormai per concludere la costruzione di un primo catamarano della serie ‘Volaviamare zero emissioni’ per le manovre nei porti.
Salvatore Lauro. Patron e anima del gruppo Volaviamare/Alilauro
“Proprio per questo, insieme ad Assonautica Italiana, stiamo programmando la realizzazione di una rete di idroscali distribuiti nelle coste e nelle isole italiane per la fruizione di idrovolanti a servizio del turismo e dell’economia locale”, anticipa Lauro.
Insieme con il vicepresidente nazionale di Assonautica, Gianni Gargano, Volaviamare studia una conversione ecologica della sua flotta anche attraverso dei nuovi mezzi denominati ‘swing’ mezzi a effetto superficie capaci di navigare fino a 130 chilometri orari. La parola d’ordine è navigazione elettrica. “Abbiamo già commissionato alla Sealence lo studio del retrofitting elettrico delle nostre navi”, conferma il presidente di Volaviamare. “La prima installazione di Jet elettrici DeepSpeed (in questi giorni il prototipo sarà presentato alla fiera navale CES di Las Vegas) sarà effettuata su una imbarcazione impiegata per effettuare escursioni turistiche nel golfo di Napoli e nelle isole partenopee, in primis Procida, che nel 2022 è la Capitale italiana della cultura. Si tratta della motonave Calypso della compagnia Capitan Morgan: sarà la prima, nel golfo di Napoli, a navigazione completamente elettrica, con operatività continua di nove mesi all’anno e autonomia di sei ore al giorno per una velocità di crociera di 12 nodi”. La nave ha una lunghezza di 24 metri e una capienza massima di 160 passeggeri: la propulsione sarà affidata ad un powertrain “DeepSpeed 840 Hybrid” che prevede l’installazione di due jet elettrici DeepSpeed 420, progettati originariamente per velocità nell’ordine dei 50 nodi e che al momento sono in fase di ottimizzazione dagli ingegneri della Sealence per permettere una navigazione efficiente anche a basse velocità.
“Che tempi ci sono? Beh. l’attività sperimentale sarà avviata nel 2022 dopo ‘effettuazione di tutti i test rallentati fino ad oggi dall’effetto covid e porterà all’entra in servizio dell’imbarcazione elettrica nel 2023”, anticipa Lauro. Che aggiunge: “Orientarci verso una navigazione più sostenibile e confortevole, priva cioè di rumori, vibrazioni ed emissioni di inquinanti in aria ed in acqua, senza naturalmente rinunciare al comfort e alla sicurezza dei passeggeri, è oggi la nostra mission principale”.
Una rivoluzione silenziosa, è il caso di dirlo, che rientra nella visione di un’azienda, Lauro.it, che ha già precorso i tempi su più versanti, resistendo con tenacia e resilienza alle insidie della pandemia. “La digitalizzazione rende per esempio più facile ed immediato il contatto tra il bordo, gli uffici a terra, la parte sicurezza, l’ufficio manutenzioni e customer care. – prosegue Lauro – Il cruscotto di lauroholding.it è una creatura nata, cresciuta e sviluppata in casa fin dal 2010 ed è diventatp cruscotto 4.0 alla fine del 2021: è già stato avviato l’iter per il brevetto e la registrazione. E oggi il nostro hub Volaviamare al Beverello è un punto di riferimento per i viaggiatori, cui offre comfort e servizi di prim’ordine – aggiunge Lauro – e già da tempo abbiamo puntato sul viaggio in termini di esperienza: chi ci sceglie, sceglie affidabilità e visione, rispetto per l’ambiente e progresso”.
L’economia europea ha il fiato corto e a risentirne è l’euro che scivola ai minimi da due anni rispetto al dollaro di fronte alla doccia fredda degli indici Pmi, una misura del grado di fiducia dei responsabili agli acquisti delle imprese. Il biglietto verde, da parte sua, continua ad avanzare, e non solo rispetto alla moneta unica, sull’onda della vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali. E lo stesso fa il Bitcoin, che prosegue il rally e supera i 99.300 dollari, ormai diretto verso la soglia dei 100.000 grazie alla sostegno del nuovo presidente americano alle criptovalute e all’idea di un regolamentazione più benevola. Il pmi composito dell’eurozona, finito a novembre a 48,1 (contro le attese che lo davano a 50), complice il calo inaspettato nei servizi più ancora che nell’industria manifatturiera, ha frenato le Borse del Vecchio Continente nella prima parte della giornata.
Non ha aiutato la revisione al ribasso del Pil della Germania, cresciuto nel terzo trimestre solo dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti. A far scattare le vendite sull’azionario hanno contribuito le scommesse del mercato su un taglio deciso dei tassi, di 50 punti base, alla prossima riunione Bce per dare ossigeno alle economie della zona euro in una scenario ormai di stagnazione: bassa crescita e inflazione non ancora sotto controllo. La prospettiva di tassi di interesse più bassi ha avuto l’effetto di far calare i rendimenti dei titoli di Stato a partire dal Bund tedesco, sceso al 2,23%. Quello dell’Oat francese è diminuito al 3% e del Btp italiano al 3,5%. Lo spread si è allargato intanto sopra i 126 punti base.
Le Borse europee hanno invece rialzato la testa nell’ultima parte della seduta sulla scia di Wall Street, spinto dal Pmi composito negli Stati Uniti, arrivato a 55,3 meglio delle stime a conferma di un’economia in crescita. A fine giornata il maggior rialzo lo ha messo a segno Londra (+1,38%) indifferente agli indici Pmi del Regno Unito, anch’essi in flessione. Ha fatto tutto sommato bene anche la Borsa di Francoforte (+0,92%) malgrado i brutti dati Pmi e il Pil deludente. Parigi ha registrato un guadagno finale dello 0,52% malgrado anche nella seconda maggiore economia dell’eurozona gli indici Pmi siano stati sotto le attese. Meglio intonata Piazza Affari (+0,6%) malgrado abbiamo perso terreno le banche, in sintonia con i big del credito spagnoli Santander e Bbva penalizzati dalla decisione del governo di Madrid di aumentare la tassa sugli extraprofitti. Con l’effetto di far segnare alla Borsa del Paese solo un timido +0,39%.
L’euro in serata si è confermato debole col cambio sul dollaro a 1,042, ai minimi da novembre 2022. Che la Bce si prepari a nuovi tagli dei tassi d’interesse nei prossimi mesi, di fronte a un target d’inflazione al 2% che dovrebbe essere raggiunto a metà 2025, lo ha detto anche il presidente della Bundesbank Joachim Nagel, spiegando che i dati Pmi di oggi confermano lo scenario di stagnazione dell’economia tedesca. Nel complesso, visti i Pmi, difficilmente la situazione avrebbe potuto rivelarsi peggiore, è l’opinione condivisa dagli analisti secondo cui il settore manifatturiero dell’eurozona sta affondando sempre più nella recessione. Dopo due mesi in lieve crescita anche il settore dei servizi inizia poi a essere in difficoltà. E non c’è troppo da stupirsi considerato la confusione politica delle maggiori economie dell’area: il governo francese si muove su un terreno instabile e la Germania è alle prese con le elezioni anticipate. A tutto questo si aggiunge Donald Trump e la minaccia concreta di nuovi dazi sulle importazioni. Alle aziende europee non resta che navigare a vista.
La crescita dell’Italia si mantiene moderata e quest’anno sarà sotto l’1%, con un deficit in calo al 4,6% e un debito che invece sale. L’analisi di Moody’s (nella foto Imagoeconomica in evidenza) mostra come i fondi del Pnrr continuano a sostenere le prospettive dell’Italia. Ma per il Belpaese sarà “impegnativo” spendere tutte le risorse disponibili dal programma entro il 2026 anche perché la spesa è stata finora inferiore al previsto. “Tassi di interessi elevati e un potenziale di crescita di circa lo 0,8% richiederanno un ampio aggiustamento fiscale per raggiungere e mantenere avanzi primari in grado di stabilizzare il debito”, afferma Moody’s annunciando il completamente della revisione del rating dell’Italia che, precisa, “non è un’azione sul rating e non è un’indicazione” sulle future decisioni sul rating. L’Italia ha al momento un rating Baa3 con outlook stabile.
“In un contesto di tassi di interesse più elevati, l’aumento del potenziale di crescita e gli avanzi primari saranno fondamentali per evitare un significativo aumento del debito”, aggiunge Moody’s spiegando come la riduzione del deficit – al 3,5% nel 2025 e al 3% nel 2026 – “non sarà sufficiente” per un calo del rapporto debito-pil in seguito agli effetti del Superbonus. L’agenzia prevede che il debito italiano salirà al 139,7% del pil nel 2024 dal 134,8% del 2023 e continuerà a salire fino al 2027 a oltre il 143%. I risultati ottenuti dall’Italia nell’attuazione del Pnrr sono “contrastanti”: l’Italia è stato il primo paese dell’Ue a chiedere le ultime tranche di finaziamento e “prevediamo che la settima tranche sarà richiesta entro la fine del 2024. Tuttavia la spesa di queste risorse è stata inferiore al previsto e la spesa totale dei fondi disponibili entro la fine del 2026 sarà impegnativa”, mette in evidenza ancora Moody’s. L’agenzia potrebbe alzare il rating nel caso di fossero prove di una crescita sostanzialmente più forte: “un miglioramento del potenziale di crescita contribuirebbe a mettere il debito su una chiara traiettoria discendente”. Il rating invece potrebbe essere rivisto al ribasso se “anticipassimo un significativo indebolimento della forza economica e di bilancio dell’Italia”.
La campagna di trasformazione del pomodoro 2024 in Italia si è chiusa con una produzione di 5,3 milioni di tonnellate, in leggera riduzione (-2,5%) rispetto al 2023 ma con una sostanziale flessione rispetto alle programmazioni fatte, in particolare nel bacino Nord, nonostante un maggiore investimento in ettari a livello nazionale (+11% sul 2023). Lo comunica Anicav. L’Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali sottolinea che è stata “una campagna molto complessa con siccità a Sud e sovrabbondanza di piogge al Nord che hanno causato frequenti fermi fabbrica e allungato il periodo di lavorazione fino ad inizio novembre”.
Il report di produzione registra che al Centro Sud sono state trasformate 2,87 milioni di tonnellate (+10% rispetto al 2023) mentre nel bacino Nord il trasformato finale è stato di 2,4 milioni di tonnellate (-14% rispetto allo scorso anno), “tutto ciò nonostante – fa presente Anicav – l’incremento delle aree trapiantate rispetto alla scorsa campagna di trasformazione”. L’associazione segnala che l’Italia si conferma il terzo Paese trasformatore di pomodoro a livello mondiale, dopo la Cina (che registra un incremento del 31% rispetto al 2023 e del 68% sul 2022) e gli Usa (in calo del 14% sulla scorsa campagna).
“Quella appena conclusa è stata – afferma Marco Serafini, presidente di Anicav – una campagna molto complicata. Le problematiche legate alla gestione delle risorse idriche, in particolare, hanno avuto un importante impatto sull’andamento della campagna e, se non si correrà ai ripari, la situazione sia al Nord che al Sud potrebbe, nei prossimi anni, diventare insostenibile. C’è bisogno, quindi, di interventi infrastrutturali finalizzati all’efficientamento della filiera e a scongiurare i rischi legati all’emergenza idrica, la costruzione della diga di Vetto nel bacino Nord e la creazione di un’opera infrastrutturale di collegamento tra la diga di Occhito, in provincia di Foggia, e quella del Liscione, in provincia di Campobasso, rappresenterebbero una prima importante risposta per il nostro settore.”