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Cronache

Solo 2,7% degli italiani dona sangue, pochi giovani

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Gli italiani donatori di sangue restano una minoranza, e anche se lentamente ci si sta riavvicinando ai livelli pre-Covid, sono pari al 2,7% della popolazione che ne ha i requisiti. E a donare di meno sono soprattutto i giovani. Proprio con l’obiettivo di allargare la platea dei donatori – ricordando che con questo semplice gesto si possono salvare ben 1800 vite al giorno – parte la Campagna nazionale ‘Dona vita, dona sangue’ 2023 per la donazione di sangue e plasma, promossa dal ministero della Salute in collaborazione con il Centro nazionale sangue, partner istituzionali, associazioni e federazioni di donatori volontari. Se l’Italia raggiunge infatti l’autosufficienza del sistema sangue per quel che riguarda i globuli rossi, ancora lontano è l’obiettivo dell’autosufficienza in materia di plasma con il conseguente ricorso al mercato internazionale per i farmaci plasmaderivati. Tante dunque le iniziative sul territorio fino alla fine dell’anno per sensibilizzare i cittadini, a partire dagli eventi in programma per la Giornata mondiale del donatore di sangue il 14 giugno. Le trasfusioni di sangue “salvano vite, ogni giorno.

Eppure in Italia solo il 2,7% della popolazione dona il sangue – ha sottolineato Schillaci -. Rilanciamo con forza il messaggio e l’appello a donare: è un gesto responsabile, gratuito, sicuro, indolore che può salvare la vita”. Nel 2022, il numero di donatori di sangue, ha infatti rilevato, “è leggermente cresciuto rispetto al 2021, avvicinandoci sempre più ai livelli pre Covid, e sono state effettuate 2,8 milioni di trasfusioni. Negli anni però il totale delle donazioni ha avuto un trend in diminuzione e c’è stata una flessione in particolare nella donazione tra le fasce più giovani della popolazione con un calo lo scorso anno del 2%”. Di fatto, “assistiamo a un progressivo invecchiamento della popolazione dei donatori cui non sembra corrispondere un adeguato ricambio generazionale ed è critica anche la situazione relativa alla raccolta di plasma essenziale per la produzione di farmaci plasmaderivati”. La campagna, ha spiegato, “è uno sforzo importante e sinergico che mettiamo in campo per raggiungere e coinvolgere quanti più cittadini possibile dai 18 ai 65 anni. Lo facciamo con attività di comunicazione e una grande rete di eventi”. L’obiettivo è aumentare il numero dei nuovi donatori, fidelizzare chi dona occasionalmente, favorire il ricambio generazionale dei donatori coinvolgendo in particolare i giovani tra 18 e 35 anni.

Ma il target è tutta la popolazione: “per questo – ha annunciato il ministro – abbiamo anche presentato una proposta di modifica normativa per snellire la possibilità di accesso alla donazione estendendo l’età fino a 70 anni”. Attualmente è possibile donare fino ai 65 anni di età e non è prevista la possibilità di donare per la prima volta dopo i 60 anni. Testimonial della Campagna l’attrice Carolina Crescentini, protagonista dello spot istituzionale che sarà trasmesso sulle reti Rai e sugli altri principali network televisivi nazionali e radio. La campagna prevede anche numerose iniziative culturali, sportive e giornate di raccolta del sangue coordinate dal ministero della Salute. Tra le iniziative, il 14 giugno, Giornata mondiale del donatore di sangue, l’università di Roma La Sapienza sarà animata da convegni, eventi, concerti, stand informativi. Ci sarà anche la possibilità di donare mentre, nell’ambito del progetto “Curvatura biomedica” della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), saranno diffusi nelle scuole secondarie di secondo grado e facoltà di medicina brevi videoclip riguardanti la sensibilizzazione sulla donazione del sangue. La Fidas promuoverà poi l’evento “Metti in moto il dono”: le due ruote diventano protagoniste della promozione del dono di sangue e plasma, grazie a un tour a tappe in tutto il territorio durante l’estate, periodo in cui le donazioni diminuiscono a causa delle vacanze. A breve anche un accordo di collaborazione tra ministero della Salute e della Difesa per la promozione della donazione nella popolazione sanitaria militare.

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Non solo sciolti per mafia, ipotesi tutor per i Comuni

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Un delicato equilibrio tra il rispetto del voto dei cittadini e la gravità dell’infiltrazione criminale. Questo il tema che oggi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha portato all’attenzione dell’Anci, lanciando la proposta di rimodulare l’articolo del testo unico sugli enti locali sullo scioglimento delle amministrazioni ‘sospette’. L’idea del titolare del Viminale è quella di creare una nuova figura, una sorta di tutor, che possa intervenire nelle situazioni meno gravi e complesse evitando quindi lo scioglimento del Comune, provvedimento “lacerante e doloroso”, come ha spiegato lui stesso all’assemblea dei sindaci riunita a Torino. Ma non solo, Piantedosi ha anche confermato l’intenzione del governo di voler ripristinare le Province, con l’elezione diretta e la rimodulazione delle competenze. “La cosiddetta abolizione si è rivelata fallimentare – ha detto – pensiamo ad un un passo indietro”. Il focus dell’intervista che oggi ha visto protagonista il ministro dell’Interno è stato quello della riforma del Tuel, un testo che – ha detto lo stesso Piantedosi – “ha ormai un quarto di secolo di vita”.

“Credo – ha ribadito – che ci sia un unanime convincimento che la riforma sia indispensabile e necessaria”. Tra le “questioni da limare” ci sarebbe proprio quella delle province, un tema che già dal suo insediamento anche il ministro per l’Autonomia, Roberto Calderoli, aveva fortemente rilanciato. “Noi – le parole di Piantedosi – cercheremo di condividere questa ipotesi di riforma con tutte le parti politiche, compresa l’attuale opposizione”. La revisione del testo, inoltre, potrebbe prevedere anche novità sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, previsto dall’articolo 143. “L’esperienza pratica ci ha insegnato” che è meglio mettere “nel sistema qualcosa in mezzo tra scioglimento e non scioglimento, come misure di affiancamento, una sorta di commissariamento”.

“Nessuno – ha sottolineato il titolare del Viminale – immagina di poter arretrare rispetto ai presidi di legalità. Ma è sempre lacerante e doloroso il fatto che ci siano misure molto forti che incidono sui principi democratici. Bisogna cercare una ulteriore forma di equilibrio tra mantenimento dell’esito dei circuiti democratici e il presidio di legalità”. Prima di lasciare il palco, il ministro è tornato a ribadire la volontà del governo di spingere sulla videosorveglianza nella città. “Vorremmo creare un paniere di risorse economiche per implementare e aggiornare i sistemi – ha concluso -. Non è che ci piace il Grande Fratello, ma i dati ci dicono che più del 50% dei reati che viene scoperto si avvale di strumenti di indagine legati alla videosorveglianza. Andiamo incontro all’intelligenza artificiale, è illusorio pensare che la privacy possa frenare le enormi potenzialità che questi sistemi danno. Credo che la soluzione sia nell’avere fiducia nelle istituzioni”.

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Porno attore italo-egiziano arrestato in Egitto, la preoccuoazione della mamma in Italia

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Del figlio non sa più nulla dal 10 novembre scorso, dal giorno dopo un arresto al Cairo dai contorni tutti da chiarire. E’ la vicenda che riguarda Elanain Sharif, 44enne nato in Egitto ma cittadino italiano, di cui la madre dice di avere perso le tracce dopo che è stato fermato dalle autorità egiziane al suo arrivo dall’Italia. Un caso seguito con la “massima attenzione” dalla Farnesina dopo la denuncia della donna che era col figlio al momento del fermo. L’uomo si troverebbe, comunque, in una struttura nota anche alle autorità italiane. La madre avrebbe appurato che si trova nel carcere di Alessandria d’Egitto.

Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. L’uomo vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano. “E’ una vicenda che inevitabilmente ci riporta ai casi di Regeni e Zaky – afferma l’avvocato Alessandro Russo, legale della famiglia -. Sono andati al Cairo dove hanno un appartamento, erano lì per commissioni come avevano fatto tante altre volte ma appena arrivato è stato bloccato e gli hanno sequestrato il passaporto italiano”. Su punto a quanto si apprende, essendo anche cittadino italiano, Sharif aveva scelto di rientrare in Egitto col passaporto egiziano, e anche per questo è stata più lenta la procedura per una visita consolare. Sui motivi dell’arresto gli elementi sono al momento pochi. “Ciò che ha portato all’arresto non è chiaro, si tratterebbe di qualcosa legato a contenuti su Facebook ma non abbiamo capo di imputazione”, dice l’avvocato. Sharif lavora nell’industria del porno (è noto come Sheri Taliani) e questo potrebbe essere il motivo dell’arresto e in particolare l’avere diffuso immagini vietate dalle leggi egiziane.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aggiunge – Le procedure di arresto sono state effettuate utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. Sharif è stato, quindi, trasferito nel carcere della Capitale. “E’ stato lì per alcuni giorni, in condizioni inumane: senza potere dormire, poteva stendersi solo per mezzora, per sedersi su una sedia, anche per pochi minuti, doveva pagare. La madre l’ha visto per pochi istanti, il 10 novembre poi più nulla”, aggiunge il legale.

Russo ha immediatamente allertato la Farnesina e l’ambasciata italiana. La sede diplomatica al Cairo, in stretto coordinamento con il Ministero degli Esteri, sta seguendo “con la massima attenzione il caso” e l’ambasciata sta avendo costanti contatti con la madre dell’uomo. La donna, non senza difficoltà, è riuscita ad appurare che Sharif è stato trasferito nel carcere di Alessandria d’Egitto. “Lei ora è lì, assieme al fratello che lavora nella polizia egiziana e spera di avere notizie di un suo rilascio ma è preoccupatissima”, aggiunge Russo.

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Imprenditore campano arrestato in Gallura per frode fiscale

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Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.

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