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Soldi e risparmi, 15enni italiani sotto la media Ocse

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Gestione dei soldi, acquisti, comprensione dei rischi finanziari, capacità di gestire il denaro e di risparmiare: i 15enni italiani in competenze finanziarie si collocano al di sotto della media degli studenti dei Paesi Ocse: il nostro punteggio è di 484 contro la media Ocse che è di 498. Gli italiani, insomma, hanno ottenuto un punteggio simile agli studenti norvegesi e spagnoli ma più basso di Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Austria, Polonia, Portogallo e Ungheria.

I numeri arrivano dal “Financial Literacy-Ocse Pisa 2022”, il quale certifica che rispetto ai cicli precedenti c’è un miglioramento di 11 punti rispetto al 2015 e che l’Italia ottiene un punteggio superiore al 2012 di ben 17 punti. Sono forti le differenze tra nord e sud e tra ragazzi e ragazze: i ragazzi superano le ragazze in competenze finanziarie di 20 punti e tra il 2012 e il 2022 il divario di genere in Italia è molto aumentato, passando da 8 a 20 punti.

E se il 18% degli studenti italiani non raggiunge il livello base di competenza (che è il Livello 2), ritenuto il minimo per una corretta gestione delle questioni finanziarie nella vita di tutti i giorni, solo il 5% si colloca nel livello più alto (Livello 5). Sono forti però le differenze a livello territoriale: il Nord Est e il Nord Ovest ottengono punteggi medi superiori alle altre aree geografiche e alla media nazionale, mentre il Sud e le Isole mostrano risultati inferiori. Anche il tipo di scuola incide: i Licei ottengono le performance migliori, seguiti dagli Istituti Tecnici, mentre gli Istituti Professionali e la Formazione Professionale registrano punteggi più bassi.

Tuttavia, al miglioramento dell’Italia rispetto a PISA 2012, corrisponde un aumento degli studenti che raggiungono il livello più alto di performance. E questi studenti, i cosiddetti top performer, sono soprattutto al nord ovest e al sud isole, dove si registra anche una diminuzione di studenti al livello minimo di competenze. “Non siamo peggiorati e abbiamo mantenuto un comportamento costante rispetto ad altri Paesi, il quadro non è negativo”, hanno detto gli studiosi Angela Romagnoli di Banca d’Italia e Carlo Di Chiacchio di Invalsi che oggi hanno illustrato il rapporto, speranzosi che i nuovi interventi previsti nella scuola porteranno ad un ulteriore miglioramento dei risultati.

Lo studio ha mostrato anche che i ragazzi si confrontano con i propri genitori in misura maggiore delle ragazze su argomenti quali il budget. E complessivamente gli studenti che provengono da famiglie svantaggiate discutono meno degli altri in famiglia di questioni economiche. Si parla di più di questi argomenti con i genitori nelle regioni del sud. La gran parte dei giovani, in Italia e all’estero, subisce l’influenza degli amici e soprattutto le ragazze ammettono di comprare spesso qualcosa che è costato più di quanto preventivato. All’indagine in Italia hanno partecipato 6.200 studenti di 343 scuole; complessivamente, hanno preso parte alla rilevazione 98.000 studenti rappresentativi di circa di 10 milioni di 15enni.

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Non solo sciolti per mafia, ipotesi tutor per i Comuni

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Un delicato equilibrio tra il rispetto del voto dei cittadini e la gravità dell’infiltrazione criminale. Questo il tema che oggi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha portato all’attenzione dell’Anci, lanciando la proposta di rimodulare l’articolo del testo unico sugli enti locali sullo scioglimento delle amministrazioni ‘sospette’. L’idea del titolare del Viminale è quella di creare una nuova figura, una sorta di tutor, che possa intervenire nelle situazioni meno gravi e complesse evitando quindi lo scioglimento del Comune, provvedimento “lacerante e doloroso”, come ha spiegato lui stesso all’assemblea dei sindaci riunita a Torino. Ma non solo, Piantedosi ha anche confermato l’intenzione del governo di voler ripristinare le Province, con l’elezione diretta e la rimodulazione delle competenze. “La cosiddetta abolizione si è rivelata fallimentare – ha detto – pensiamo ad un un passo indietro”. Il focus dell’intervista che oggi ha visto protagonista il ministro dell’Interno è stato quello della riforma del Tuel, un testo che – ha detto lo stesso Piantedosi – “ha ormai un quarto di secolo di vita”.

“Credo – ha ribadito – che ci sia un unanime convincimento che la riforma sia indispensabile e necessaria”. Tra le “questioni da limare” ci sarebbe proprio quella delle province, un tema che già dal suo insediamento anche il ministro per l’Autonomia, Roberto Calderoli, aveva fortemente rilanciato. “Noi – le parole di Piantedosi – cercheremo di condividere questa ipotesi di riforma con tutte le parti politiche, compresa l’attuale opposizione”. La revisione del testo, inoltre, potrebbe prevedere anche novità sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, previsto dall’articolo 143. “L’esperienza pratica ci ha insegnato” che è meglio mettere “nel sistema qualcosa in mezzo tra scioglimento e non scioglimento, come misure di affiancamento, una sorta di commissariamento”.

“Nessuno – ha sottolineato il titolare del Viminale – immagina di poter arretrare rispetto ai presidi di legalità. Ma è sempre lacerante e doloroso il fatto che ci siano misure molto forti che incidono sui principi democratici. Bisogna cercare una ulteriore forma di equilibrio tra mantenimento dell’esito dei circuiti democratici e il presidio di legalità”. Prima di lasciare il palco, il ministro è tornato a ribadire la volontà del governo di spingere sulla videosorveglianza nella città. “Vorremmo creare un paniere di risorse economiche per implementare e aggiornare i sistemi – ha concluso -. Non è che ci piace il Grande Fratello, ma i dati ci dicono che più del 50% dei reati che viene scoperto si avvale di strumenti di indagine legati alla videosorveglianza. Andiamo incontro all’intelligenza artificiale, è illusorio pensare che la privacy possa frenare le enormi potenzialità che questi sistemi danno. Credo che la soluzione sia nell’avere fiducia nelle istituzioni”.

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Porno attore italo-egiziano arrestato in Egitto, la preoccuoazione della mamma in Italia

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Del figlio non sa più nulla dal 10 novembre scorso, dal giorno dopo un arresto al Cairo dai contorni tutti da chiarire. E’ la vicenda che riguarda Elanain Sharif, 44enne nato in Egitto ma cittadino italiano, di cui la madre dice di avere perso le tracce dopo che è stato fermato dalle autorità egiziane al suo arrivo dall’Italia. Un caso seguito con la “massima attenzione” dalla Farnesina dopo la denuncia della donna che era col figlio al momento del fermo. L’uomo si troverebbe, comunque, in una struttura nota anche alle autorità italiane. La madre avrebbe appurato che si trova nel carcere di Alessandria d’Egitto.

Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. L’uomo vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano. “E’ una vicenda che inevitabilmente ci riporta ai casi di Regeni e Zaky – afferma l’avvocato Alessandro Russo, legale della famiglia -. Sono andati al Cairo dove hanno un appartamento, erano lì per commissioni come avevano fatto tante altre volte ma appena arrivato è stato bloccato e gli hanno sequestrato il passaporto italiano”. Su punto a quanto si apprende, essendo anche cittadino italiano, Sharif aveva scelto di rientrare in Egitto col passaporto egiziano, e anche per questo è stata più lenta la procedura per una visita consolare. Sui motivi dell’arresto gli elementi sono al momento pochi. “Ciò che ha portato all’arresto non è chiaro, si tratterebbe di qualcosa legato a contenuti su Facebook ma non abbiamo capo di imputazione”, dice l’avvocato. Sharif lavora nell’industria del porno (è noto come Sheri Taliani) e questo potrebbe essere il motivo dell’arresto e in particolare l’avere diffuso immagini vietate dalle leggi egiziane.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aggiunge – Le procedure di arresto sono state effettuate utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. Sharif è stato, quindi, trasferito nel carcere della Capitale. “E’ stato lì per alcuni giorni, in condizioni inumane: senza potere dormire, poteva stendersi solo per mezzora, per sedersi su una sedia, anche per pochi minuti, doveva pagare. La madre l’ha visto per pochi istanti, il 10 novembre poi più nulla”, aggiunge il legale.

Russo ha immediatamente allertato la Farnesina e l’ambasciata italiana. La sede diplomatica al Cairo, in stretto coordinamento con il Ministero degli Esteri, sta seguendo “con la massima attenzione il caso” e l’ambasciata sta avendo costanti contatti con la madre dell’uomo. La donna, non senza difficoltà, è riuscita ad appurare che Sharif è stato trasferito nel carcere di Alessandria d’Egitto. “Lei ora è lì, assieme al fratello che lavora nella polizia egiziana e spera di avere notizie di un suo rilascio ma è preoccupatissima”, aggiunge Russo.

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Imprenditore campano arrestato in Gallura per frode fiscale

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Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.

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