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Si muove la Cina, Xi sente Zelensky e manda un inviato

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Si muove finalmente la Cina nella crisi ucraina e arriva la telefonata tra Xi Jinping e Volodymyr Zelensky, la prima dall’aggressione della Russia iniziata il 24 febbraio 2022, che il leader di Kiev aveva ripetutamente sollecitato per 14 lunghi mesi nella convinzione che solo il presidente cinese possa costringere il suo alleato Vladimir Putin a ritirarsi. L’auspicio è che Pechino decida veramente di ritagliarsi un ruolo di mediatore per una soluzione politica della crisi laddove tutti gli altri hanno fallito, anche se è troppo presto per sbilanciarsi sulle sue reali intenzioni. Tanto per cominciare però Xi invierà un rappresentante speciale in Ucraina: si tratta di Li Hui, ex viceministro degli Esteri ed ex ambasciatore per 10 anni in Russia, gratificato nel 2019 da Putin con una medaglia dell’amicizia. Li sarà il funzionario cinese di più alto livello a recarsi a Kiev, e il suo compito sarà stabilire “una comunicazione approfondita con tutte le parti”, ha riferito un’ampia nota serale della diplomazia cinese nella quale si traccia il mandato affidatogli.

Verosimilmente, quindi, dovrà parlare anche con gli Usa. “Con l’attuale aumento del pensiero razionale, è importante cogliere l’opportunità e creare le condizioni favorevoli per la soluzione politica della crisi”, ha osservato Xi. Zelensky, da parte sua, ha riferito di aver avuto “una telefonata lunga e significativa” con il leader comunista. “Credo – ha scritto su Twitter – che questa chiamata, così come la nomina dell’ambasciatore dell’Ucraina (Pavel Ryabikin, ndr) in Cina, darà un potente impulso allo sviluppo delle nostre relazioni bilaterali”. Il leader ucraino aveva disperatamente cercato un incontro o una telefonata con Pechino per mesi, da prima della visita di stato di Xi a Mosca del mese scorso, con l’obiettivo di illustrare la sua proposta di pace e spiegare le sue ragioni. Pechino finora si è dichiarata neutrale nel conflitto in Ucraina, senza mai condannare l’aggressione russa e assicurando anzi continua copertura diplomatica a Mosca, anche in sede Onu. L’incontro moscovita e le parole rivolte da Xi a Putin (“sta arrivando un cambiamento mai avvenuto in 100 anni e stiamo guidando questo cambiamento insieme”) hanno rafforzato l’interpretazione di una disponibilità cinese ad assecondare le pretese del Cremlino.

Del resto, la Cina ha già presentato lo scorso 24 febbraio ‘La posizione sulla soluzione politica della crisi ucraina’, un documento in 12 punti per la pace che gli occidentali hanno bocciato perché privo della richiesta di ritiro immediato dell’Armata russa dall’Ucraina occupata e del conseguente rispetto di integrità e sovranità territoriale di Kiev. La nota odierna della diplomazia cinese ha però fornito spunti interessanti su quanto detto da Xi: “Il rispetto reciproco di sovranità e integrità territoriale è la base politica delle relazioni Cina-Ucraina” (principio tutto da verificare nella pratica); i rapporti tra i due Paesi che “hanno attraversato 31 anni di sviluppo e raggiunto il livello di partenariato strategico”; infine la sottolineatura che “non ci possono essere vincitori in una guerra nucleare”, all’indomani delle nuove minacce dell’ex presidente Dmitri Medvedev sull’uso dell’atomica se necessario. “Il dialogo e i negoziati sono l’unica via d’uscita praticabile”, ha ribadito il presidente cinese, malgrado Usa e Ucraina continuino a temere che il Dragone possa fornire alla Russia aiuti militari letali.

“Prendiamo atto della disponibilità cinese a compiere sforzi per i negoziati ma riteniamo che il problema non sia la mancanza di buoni piani”, si è limitata a commentare freddamente la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, accusando “le autorità ucraine e i loro protettori occidentali”, Usa in testa, di non volere la pace. Diverso il commento di Stati Uniti e Ue: “Siamo contenti che Xi e Zelensky si siano parlati. E’ da tempo che chiediamo che la Cina ascolti la prospettiva ucraina – ha detto il detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza John Kirby -. Sta all’Ucraina e a Zelensky decidere se vogliono sedersi al tavolo dei negoziati per la pace”. Di telefonata “positiva” ha parlato anche Bruxelles, che ha sottolineato come l’Ue abbia “sempre incoraggiato la Cina a condividere la responsabilità globale di difendere e sostenere la Carta dell’Onu e i principi del diritto internazionale”.

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La spia che venne dagli Usa, l’uomo di Mosca nel Donbass

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Le prime foto di lui, con il viso pixelato e abbracciato a un soldato, erano apparse sui canali di blogger militari russi il 28 ottobre, subito dopo l’operazione che lo aveva esfiltrato dal territorio ucraino. Ma oggi Daniel Martindale si è presentato a volto scoperto e mostrando i suoi documenti di americano davanti ai giornalisti a Mosca, affermando di aver operato per oltre due anni dietro le linee nemiche fornendo preziose informazioni alle truppe di Mosca nel Donbass. Ora Martindale, che ha 33 anni, dice di voler farsi una vita e una famiglia in Russia e lavorare come agricoltore.

Oltre che acquisire la cittadinanza russa. Come Edward Snowden, l’informatico e attivista statunitense già tecnico della Cia che dal 2013 vive in Russia dopo aver rivelato i dettagli di diversi programmi top secret di sorveglianza di massa del governo di Washington e quello di Londra. E non sarà certo una sorpresa se Mosca deciderà di concedere la cittadinanza anche al nuovo transfuga, che promette di diventare una importante pedina della macchina propagandistica. “Dal 2005 considero gli Usa il mio nemico”, ha dichiarato Martindale, presentatosi alla stampa in camicia arancione e un cappellino nero con visiera. Quello che accade in Ucraina, ha insistito, “è un tentativo dell’America di contenere la Russia per non permetterle di competere ad armi pari con gli Stati Uniti”.

Poi un messaggio diretto a Washington: “Se qualcosa succede a me o a qualche mio parente non sarà un incidente, ma opera delle autorità americane per costringermi a tornare negli Usa e accusarmi di tutti i peccati”. Martindale ha detto di essere stato un “missionario” in Polonia. Quando ha capito che stava per scoppiare una guerra, si è trasferito in Ucraina e, dopo essere passato per Kiev, è arrivato nel territorio della regione di Donetsk controllato dalle forze governative solo una decina di giorni prima dell’attacco russo. Da lì, ha detto, si è messo in contatto con le forze separatiste filorusse scrivendo sul loro canale Telegram. Lo stesso sistema ha utilizzato per mantenere poi i contatti con le agenzie di sicurezza russe, che gli hanno fatto arrivare un nuovo telefono cellulare con un drone.

La settimana scorsa le forze speciali della 29/a Armata hanno fatto un’incursione in territorio ucraino per farlo uscire, dopo che, sostengono i canali degli osservatori militari russi, aveva avuto “un ruolo chiave nella preparazione dell’assalto al villaggio di Bogoyavlenka”, caduto in mano russa qualche giorno fa. Anche oggi Mosca ha annunciato la conquista di nuovi villaggi, quelli di Kurakhivka nella regione di Donetsk e quello di Pershotravneve nella regione di Kharkiv, in un’avanzata nell’est dell’Ucraina che ha accelerato nelle ultime settimane. Le truppe ucraine stanno affrontando una delle più “potenti” offensive della Russia dall’inizio dell’invasione, ha detto il comandante delle forze armate, Oleksandr Syrsky. La situazione è difficile, e “le ostilità in alcune aree richiedono un costante rinnovamento delle risorse delle unità ucraine”, ha aggiunto.

Difficoltà confermate dall’intelligence militare dell’Estonia, secondo la quale solo nell’ultima settimana le forze russe hanno occupato circa 150 chilometri quadrati di territorio nella regione di Donetsk. Il presidente Volodymyr Zelensky ha denunciato massicci attacchi di droni nella notte su varie regioni, compresa Kiev, dove le autorità locali hanno parlato di incendi scoppiati in vari edifici residenziali. Due feriti sono segnalati nella capitale e cinque, di cui tre bambini, a causa di un bombardamento di artiglieria nella città meridionale di Kherson. “I costanti attacchi terroristici contro le città ucraine provano che la pressione esercitata sulla Russia e i suoi complici non è sufficiente”, ha affermato Zelensky. Le autorità russe hanno invece detto che quattro civili sono rimasti feriti in attacchi di droni ucraini sulla regione frontaliera di Kursk e uno su quella di Belgorod. Oltre a due persone rimaste ferite in un attacco di artiglieria delle forze di Kiev a Gorlovka, località nel Donetsk controllata dalle truppe di Mosca.

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Cinque passi verso la pace tra Russia e Ucraina

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Dopo due anni e mezzo di guerra della Russia contro l’Ucraina, pesanti impatti sulla sicurezza energetica a quella alimentare oltre alla crisi di rifugiati (oltre 14 milioni) più significativa in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale, la pace è urgente. Teha, coinvolgendo 9 think tank internazionali, ha disegnato una ‘road map’ che presenterà al Forum di Cernobbio: 5 proposte per rafforzare la sicurezza energetica, 5 per la sicurezza agroalimentare globale e 5 per arrivare alla pace. “Navighiamo in un panorama geopolitico instabile senza precedenti” sottolinea Valerio De Molli, il ceo di Teha Group, per questo “solo comprendendo le cause profonde della guerra e affrontando le sue implicazioni più ampie possiamo lavorare per un futuro in cui la resilienza, l’inclusività e la sostenibilità siano in prima linea nella governance globale”.

E’ il fil rouge del Paper “con l’obiettivo di fornire, si spera, un contributo costruttivo per avvicinare la pace” e il sogno, malcelato, è che il primo passo parta proprio da Cernobbio. Qui, nella prima giornata di lavori farà il suo intervento Viktor Orbán, Primo Ministro dell’Ungheria e Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea e dovrebbe partecipare anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Per incontrarlo potrebbe anticipare il suo arrivo Giorgia Meloni. Bisogna partire con il “riconoscere gli ingenti danni causati dalla guerra sia a livello regionale che globale”, secondo l’analisi condotta da Teha con DiXi Group, EDAM Centre for Economics and Foreign Policy Studies, Higher School of Economics, Jacques Delors Institute, Kyiv School of Economics, Limes, Observer Research Foundation e la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) è “il prerequisito di un processo di pace globale”.

Il passaggio successivo è “condurre un’analisi critica del fallimento diplomatico degli Accordi di Minsk” (firmati nel 2014 tra Ucraina, Russia e Osce, ndr). Le altre tappe sono: “segmentare il processo di pace in azioni a breve e medio-lungo termine per stabilire tappe e obiettivi chiari, facilitando risultati progressivi e garantendo che sia le esigenze immediate sia gli obiettivi di lungo termine siano raggiunti; organizzare una Conferenza di Pace internazionale” che coinvolga Russia e Ucraina e infine “creare un solido piano di assistenza finanziaria ed economica per sostenere l’Ucraina nel dopoguerra” prevedendo il problema del debito pubblico e il calo della popolazione. Per rispondere alle due grandi crisi, energetica e alimentare, originatesi con la guerra gli analisti di Teha suggeriscono cinque mosse per ognuna.

La diversificazione delle fonti energetiche, la creazione di riserve strategiche di energia, l’aumento degli investimenti nelle energie rinnovabili, l’introduzione di misure per l’efficienza energetica, e la creazione di un Network Energetico Pan-Europeo, sul fronte energetico. Par reagire all’insicurezza alimentare acuta ha raggiunto livelli record, riguardando 258 milioni di persone in 58 Paesi nel 2022, le proposte di TEHA sono: “avviare un’attività di coordinamento, che coinvolga le principali organizzazioni internazionali, nella gestione della crisi alimentare globale; istituire programmi internazionali di aiuto alimentare a sostegno dei paesi vulnerabili; dare un’assistenza finanziaria e aiuti allo sviluppo ai paesi vulnerabili per costruire sistemi agroalimentari e migliorare la resilienza a shock futuri; incentivare pratiche agricole sostenibili che aumentino la produttività riducendo al minimo l’impatto ambientale e infine avviare una riforma della politica agricola globale e della governance a sostegno della transizione verde per garantire un accesso e una distribuzione equi delle risorse agricole e alimentari”.

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Missili russi sull’ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev, 20 morti e 66 feriti

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Almeno 20 morti e 66 feriti: è il bilancio provvisorio del massiccio attacco missilistico lanciato oggi dalla Russia contro l’Ucraina. Finora si registrano infatti 35 feriti e 10 vittime a Kiev, incluse cinque nell’ospedale pediatrico Okhmatdyt, e altre 10 a Kryvyi Rig, città natale del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dove sono stati segnalati anche 31 feriti.

Ci sono persone intrappolate sotto le macerie dell’ospedale pediatrico Okhmatdyt Kiev colpito oggi da un attacco missilistico russo: lo riporta su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

“Ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev. Uno degli ospedali pediatrici più importanti non solo in Ucraina, ma anche in Europa. Okhmatdyt ha salvato e restituito la salute a migliaia di bambini. Ora l’ospedale è stato danneggiato da un attacco russo, con persone intrappolate nelle macerie, e non si conosce il numero esatto di feriti e dei morti. Ora tutti stanno aiutando a rimuovere le macerie: medici e gente comune”, si legge nel messaggio. “La Russia non può non sapere dove volano i suoi missili e deve essere ritenuta pienamente responsabile di tutti i suoi crimini: contro le persone, contro i bambini, contro l’umanità in generale. È molto importante che il mondo non rimanga in silenzio e che tutti si rendano conto di ciò che la Russia è e di ciò che sta facendo”, conclude Zelensky.

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