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Cronache

Sesso e regali per voti e un lavoro, arrestato l’ex senatore Totò Ruggeri

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Sesso, casse di pesce, chili di aragoste, vini pregiati e anche soldi in cambio di un posto di lavoro, favori o per comprare voti: e’ quanto emerge dall’inchiesta della procura di Lecce che ha portato agli arresti domiciliari insieme con altre quattro persone l’ex assessore regionale ed ex senatore Toto’ (Salvatore) Ruggeri, 72 anni, (Udc, assessore al Welfare della Puglia fino al 2020 e oggi nel consiglio di amministrazione di Acquedotto Pugliese) considerato al centro di un sistema di corruzione “pervasivo e radicato nel tempo” che avrebbe attraversato vari ambiti, quello sanitario, dei concorsi pubblici, dei consorzi di bonifica, per finire alla gestione del bacino elettorale. L’inchiesta, che coinvolge in tutto 21 indagati tra cui anche i sindaci salentini di Scorrano e di Otranto, nasce da una costola dell’inchiesta su un altro appalto in sanita’. Oggi la guardia di finanza ha eseguito undici misure cautelari personali, tra cui cinque arresti domiciliari, con le accuse a vario titolo di corruzione per esercizio della funzione, falsita’ ideologica, corruzione elettorale, traffico di influenze illecite. Oltre a Ruggeri, ai domiciliari e’ finito anche anche Antonio Renna, commissario straordinario dei Consorzi di Bonifica Ugento Li Foggi , oggi collaboratore della Provincia di Lecce per la gestione dei fondi Pnrr, accusato di falso e corruzione. Stessa misura per l’ex consigliere regionale Mario Romano e il figlio Massimiliano, assessore al Comune di Matino (Lecce), ed Emanuele Maggiulli , responsabile dell’area tecnica del Comune di Otranto. Obbligo di dimora per il neo sindaco di Scorrano Mario Pendinelli mentre al sindaco di Otranto Pierpaolo Cariddi e’ stato notificato un divieto di dimora . Secondo l’accusa, Ruggeri avrebbe versato 16 mila euro in due trance, a procacciatori di voti per sostenere l’elezione di Pendinelli (Popolari con Emiliano) alle regionali del 2020, promettendo anche posti di lavoro. A Otranto, invece, avrebbe esercitato la sua influenza per far passare nel giugno 2020 una pratica che riguardava un lido balneare di sua proprieta’. Gli altri provvedimenti riguardano il divieto di svolgere attivita’ professionale per il medico Elio Vito Quarta, Giantommaso Zacheo , il segretario particolare di Ruggeri e l’imprenditore Fabio Marra. Per il direttore generale dell’Asl di Lecce, Rodolfo Rollo, c’e’ una richiesta di sospensione dell’attivita’. Undici in totale gli episodi di presunta corruzione contestati dal 2019 al maggio 2021, sette dei quali al solo Ruggeri che per i suoi favori avrebbe ricevuto da un imprenditore balneare varie utilita’, casse di pesce fresco, aragoste e vini di pregio come saldo del suo interessamento a sbloccare il rinnovo contratto di impiego della figlia in un Consorzio di Bonifica. A Ruggeri e’ contestato anche l’avere ottenuto prestazioni sessuali da una donna con la promessa di un posto di lavoro in un distretto sanitario. Tra i principali episodi di corruzione contestati uno lo vede coinvolto con il dg dell’ asl leccese e suor Margherita Bramato, la madre superiora direttrice dell’ospedale Pani’co di Tricase che e’ indagata. L’ex assessore avrebbe fatto da intermediario per l’ottenimento di prestazioni dialitiche extratetto poi svolte presso il centro di Leuca di proprieta’ del Pani’co.

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Non solo sciolti per mafia, ipotesi tutor per i Comuni

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Un delicato equilibrio tra il rispetto del voto dei cittadini e la gravità dell’infiltrazione criminale. Questo il tema che oggi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha portato all’attenzione dell’Anci, lanciando la proposta di rimodulare l’articolo del testo unico sugli enti locali sullo scioglimento delle amministrazioni ‘sospette’. L’idea del titolare del Viminale è quella di creare una nuova figura, una sorta di tutor, che possa intervenire nelle situazioni meno gravi e complesse evitando quindi lo scioglimento del Comune, provvedimento “lacerante e doloroso”, come ha spiegato lui stesso all’assemblea dei sindaci riunita a Torino. Ma non solo, Piantedosi ha anche confermato l’intenzione del governo di voler ripristinare le Province, con l’elezione diretta e la rimodulazione delle competenze. “La cosiddetta abolizione si è rivelata fallimentare – ha detto – pensiamo ad un un passo indietro”. Il focus dell’intervista che oggi ha visto protagonista il ministro dell’Interno è stato quello della riforma del Tuel, un testo che – ha detto lo stesso Piantedosi – “ha ormai un quarto di secolo di vita”.

“Credo – ha ribadito – che ci sia un unanime convincimento che la riforma sia indispensabile e necessaria”. Tra le “questioni da limare” ci sarebbe proprio quella delle province, un tema che già dal suo insediamento anche il ministro per l’Autonomia, Roberto Calderoli, aveva fortemente rilanciato. “Noi – le parole di Piantedosi – cercheremo di condividere questa ipotesi di riforma con tutte le parti politiche, compresa l’attuale opposizione”. La revisione del testo, inoltre, potrebbe prevedere anche novità sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, previsto dall’articolo 143. “L’esperienza pratica ci ha insegnato” che è meglio mettere “nel sistema qualcosa in mezzo tra scioglimento e non scioglimento, come misure di affiancamento, una sorta di commissariamento”.

“Nessuno – ha sottolineato il titolare del Viminale – immagina di poter arretrare rispetto ai presidi di legalità. Ma è sempre lacerante e doloroso il fatto che ci siano misure molto forti che incidono sui principi democratici. Bisogna cercare una ulteriore forma di equilibrio tra mantenimento dell’esito dei circuiti democratici e il presidio di legalità”. Prima di lasciare il palco, il ministro è tornato a ribadire la volontà del governo di spingere sulla videosorveglianza nella città. “Vorremmo creare un paniere di risorse economiche per implementare e aggiornare i sistemi – ha concluso -. Non è che ci piace il Grande Fratello, ma i dati ci dicono che più del 50% dei reati che viene scoperto si avvale di strumenti di indagine legati alla videosorveglianza. Andiamo incontro all’intelligenza artificiale, è illusorio pensare che la privacy possa frenare le enormi potenzialità che questi sistemi danno. Credo che la soluzione sia nell’avere fiducia nelle istituzioni”.

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Porno attore italo-egiziano arrestato in Egitto, la preoccuoazione della mamma in Italia

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Del figlio non sa più nulla dal 10 novembre scorso, dal giorno dopo un arresto al Cairo dai contorni tutti da chiarire. E’ la vicenda che riguarda Elanain Sharif, 44enne nato in Egitto ma cittadino italiano, di cui la madre dice di avere perso le tracce dopo che è stato fermato dalle autorità egiziane al suo arrivo dall’Italia. Un caso seguito con la “massima attenzione” dalla Farnesina dopo la denuncia della donna che era col figlio al momento del fermo. L’uomo si troverebbe, comunque, in una struttura nota anche alle autorità italiane. La madre avrebbe appurato che si trova nel carcere di Alessandria d’Egitto.

Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. L’uomo vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano. “E’ una vicenda che inevitabilmente ci riporta ai casi di Regeni e Zaky – afferma l’avvocato Alessandro Russo, legale della famiglia -. Sono andati al Cairo dove hanno un appartamento, erano lì per commissioni come avevano fatto tante altre volte ma appena arrivato è stato bloccato e gli hanno sequestrato il passaporto italiano”. Su punto a quanto si apprende, essendo anche cittadino italiano, Sharif aveva scelto di rientrare in Egitto col passaporto egiziano, e anche per questo è stata più lenta la procedura per una visita consolare. Sui motivi dell’arresto gli elementi sono al momento pochi. “Ciò che ha portato all’arresto non è chiaro, si tratterebbe di qualcosa legato a contenuti su Facebook ma non abbiamo capo di imputazione”, dice l’avvocato. Sharif lavora nell’industria del porno (è noto come Sheri Taliani) e questo potrebbe essere il motivo dell’arresto e in particolare l’avere diffuso immagini vietate dalle leggi egiziane.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aggiunge – Le procedure di arresto sono state effettuate utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. Sharif è stato, quindi, trasferito nel carcere della Capitale. “E’ stato lì per alcuni giorni, in condizioni inumane: senza potere dormire, poteva stendersi solo per mezzora, per sedersi su una sedia, anche per pochi minuti, doveva pagare. La madre l’ha visto per pochi istanti, il 10 novembre poi più nulla”, aggiunge il legale.

Russo ha immediatamente allertato la Farnesina e l’ambasciata italiana. La sede diplomatica al Cairo, in stretto coordinamento con il Ministero degli Esteri, sta seguendo “con la massima attenzione il caso” e l’ambasciata sta avendo costanti contatti con la madre dell’uomo. La donna, non senza difficoltà, è riuscita ad appurare che Sharif è stato trasferito nel carcere di Alessandria d’Egitto. “Lei ora è lì, assieme al fratello che lavora nella polizia egiziana e spera di avere notizie di un suo rilascio ma è preoccupatissima”, aggiunge Russo.

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Imprenditore campano arrestato in Gallura per frode fiscale

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Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.

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