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Serena Dandini, 70 anni per la ragazza della tv

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“Volevo essere Marianne Faithfull”. Era il desiderio di Serena Dandini adolescente, mentre, in un’aula scolastica, sognava di vivere le gesta trasgressive di quella che aveva eletto come sua musa personale. Lo scrive lei stessa nel suo libro “La vendetta delle muse” (Einaudi). Tanti auguri a Serena Dandini, che il 22 aprile festeggia 70 anni portati con ironia spavalda ed eleganza. Una vita, la sua, a tutto gas: conduttrice, scrittrice e autrice televisiva, nel corso della sua carriera ha sempre lanciato spettacoli all’insegna della satira e dell’innovazione, con una forte attenzione al mondo femminile e alle battaglie sociali.

Come racconta in un altro recente libro, sempre Einaudi, Cronaca di un paradiso perduto, è una contessa “felicemente decaduta” e gli altri personaggi sono, come lei, a caccia di un luogo ideale o di un’utopia. Figlia del conte Ferdinando de Sylva, avvocato discendente da un’antica famiglia dell’aristocrazia romana, Serena debutta in radio alla fine degli anni ’70. Il programma che la consacra sul piccolo schermo è La tv delle ragazze, in onda nel 1988 e tornato a distanza di 30 anni nel 2018.

Grazie a lei vengono lanciate importanti artiste come Sabina Guzzanti, Francesca Reggiani, Cinzia Leone, Lella Costa, Tosca D’Aquino e Angela Finocchiaro. Lungo il sodalizio che la lega a Corrado Guzzanti, fratello di Sabina. Tanti gli show radiofonici e televisivi di cui è autrice, tutti basati su una satira pungente e sul carattere sperimentale e innovativo, tra cui La vita di Mae West, Stati generali, con la presenza costante di Neri Marcorè e Paola Cortellesi con le loro esilaranti imitazioni.

Ha il merito di ospitare in un’altra nota trasmissione degli anni ’90, Tunnel, il frontman dei Nirvana Kurt Cobain poco più di un mese prima del suicidio. Nel 1988 stringe un sodalizio artistico con Valentina Amurri e Linda Brunetta: insieme partono alla conquista della Rai3 di Angelo Gugliemi. Dopo La tv delle ragazze, è la volta di Scusate l’interruzione, una sperimentazione comica che porta in seguito alla creazione del fortunato Avanzi, un format inedito che inaugura un nuovo stile di tv comica e fa conoscere al grande pubblico il genio dei fratelli Sabina e Corrado Guzzanti, oltre che Antonello Fassari e molti altri.

Insieme a Corrado realizza sempre per Rai3 Maddecheao’: Come secernere agli esami, un’esilarante preparazione agli esami di maturità che vede Serena nei panni dell’insegnante e Corrado in quelli del pluriripetente Lorenzo. Approda poi in prima serata con Tunnel, uno show comico in grande stile con band e ospiti internazionali. Nel 1995 presenta il Dopofestival di Sanremo, insieme a Pippo Baudo, un’esperienza che lei definirà estrema: “Ma che una volta nella vita vale la pena fare. Una volta”. Parallelamente alla passione per la satira, Serena Dandini coltiva da sempre l’amore per il cinema.

È l’inviata sui set per la domenica pomeriggio di Andrea Barbato; conduce in prima serata Producer, il primo esperimento di quiz-show sulla storia del cinema, ideato insieme al giornalista Claudio Masenza. Inoltre è presente per due anni di seguito alla Mostra di Venezia con La Mostra della Laguna, una striscia quotidiana in diretta su Rai3. Al 1999 risale il sodalizio con Gino & Michele, con i quali realizza e scrive per Italia1 Comici. Nel 2000 ritorna su Rai2 con L’ottavo nano, firmato con Corrado Guzzanti, un nuovo show satirico che a causa dei temi politici trattati con graffiante ironia diventa un caso. Come autrice, a Roma è direttrice artistica del Teatro Ambra Jovanelli nel 2001.

In prima linea per le battaglie sociali, conduce con Michele Santoro un evento in occasione dei 110 anni della Fiom, il concerto in occasione dell’Earth Day. Dall’autunno del 2004 conduce su Rai3 il suo primo talk show, Parla con me, ideato con Andrea Salerno e con il suo stoico gruppo di autori. Tra gli intervistati, anche nomi di fama internazionale come Tim Burton, Annie Lennox, Will Smith, Quentin Tarantino, Isabel Allende, Leonardo DiCaprio, Martin Scorsese, Sting, Mika, Chris Cornell. La sua volontà di lanciare nuovi volti del mondo dello spettacolo e della comicità si nota anche quando passa a La 7, conducendo The Show Must Go Off in cui partecipano giovani talenti come Edoardo Ferrario, Virginia Raffaele e Caterina Guzzanti.

Tra il 2012 e il 2013 mette in scena il suo primo testo teatrale, Ferite a morte, ispirato a fatti di violenza sulle donne realmente avvenuti e interpretato tra le altre, da Lilli Gruber, Geppi Cucciari, Angela Finocchiaro, Isabella Ragonese, Lella Costa, Paola Minaccioni, Malika Ayane, Concita De Gregorio, Ambra Angiolini. Nel 2013 il testo teatrale diventa anche un libro, pubblicato da Rizzoli. Nel 2015 lo spettacolo inizia un tour mondiale che lo porta in molte città del mondo tra le quali Washington, New York, Bruxelles, Londra, Tunisi.

A New York lo spettacolo viene messo in scena nella sede delle Nazioni Unite, e alla lettura partecipano tra le altre Marina Abramovich e Valeria Golino. Nell’ottobre 2015 vince il premio come Miglior Evento No profit dell’anno nel corso della 12ª edizione del BEA – Best Event Awards. Nell’autunno 2018 Serena Dandini torna a lavorare in Rai con il remake della Tv delle ragazze, intitolato La tv delle ragazze – Gli Stati Generali 1988-2018, trasmesso in prima serata su Rai 3, seguito l’anno successivo da Stati generali, sempre in onda nella prima serata del giovedì su Rai 3.

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La Dieta Mediterranea: modello di sostenibilità e salute al centro dell’evento alle Nazioni Unite

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La dieta mediterranea, molto più di un semplice regime alimentare, si è affermata come simbolo di identità culturale, sostenibilità ambientale e salute globale. Questo è stato il tema centrale dell’evento “Mediterranean Diet: A Living Heritage, Unleashing One Health”, tenutosi ieri presso la sede delle Nazioni Unite a New York, promosso dalle Missioni permanenti di Italia e Marocco in collaborazione con il Comune di Pollica e il supporto del Future Food Institute.

Un patrimonio culturale vivente

L’evento ha celebrato il 14º anniversario del riconoscimento della dieta mediterranea come patrimonio culturale immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco. È stata un’occasione per riaffermare l’importanza di questo modello non solo dal punto di vista alimentare, ma anche come pilastro per lo sviluppo sostenibile e la promozione della salute.

Rappresentanti di istituzioni come la Fao, l’Unesco e il mondo accademico hanno sottolineato come la dieta mediterranea possa essere un faro per l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, affrontando temi come la riduzione dell’impatto ambientale e i benefici sulla salute umana.

L’impegno di Pollica e il modello cilentano

Pollica, capofila della rete delle Comunità Emblematiche Unesco, ha annunciato la sua candidatura a Città Creativa della Gastronomia Unesco. Stefano Pisani, sindaco di Pollica, ha spiegato: «Abbiamo dimostrato come il modello della dieta mediterranea possa tradursi in azioni pratiche, dall’urbanistica integrata al Master Plan Cilento Sud, fino a progetti innovativi come il Mediterranean Mind Lab».

Questi progetti, supportati dal Future Food Institute, consolidano il Cilento come cuore pulsante della dieta mediterranea, unendo tradizione e innovazione in un laboratorio internazionale di rigenerazione ecologica.

Presidi della Dieta Mediterranea nel mondo

Durante l’evento sono stati presentati i “Presidi della Dieta Mediterranea nel Mondo”, un’iniziativa volta a celebrare le eccellenze culturali e gastronomiche. Tra i primi riconoscimenti:

  • Pasquale Cozzolino, chef italiano noto a New York per i suoi ristoranti “Ribalta” e “Amo”.
  • Rossella Episcopo ed Emiliano Cammardella, promotori cilentani del progetto “Flora”.

Un’eredità per il futuro

Sara Roversi, presidente del Future Food Institute, ha ribadito: «La dieta mediterranea è un modello perfetto per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Il nostro impegno è trasformarlo in un’eredità viva e tangibile per il pianeta». Questo approccio conferma come la dieta mediterranea non sia solo un patrimonio culturale, ma una risorsa per il futuro del pianeta.

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Meloni stoppa Salvini ma avverte, Israele non come Hamas

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Discutere della sentenza della Corte penale internazionale sull’arresto di Benjamin Netanyahu al tavolo del G7 e provare a concertare assieme agli alleati una linea comune. Nelle stesse ore in cui 4 soldati italiani restano feriti nella base Unifil in Libano dopo un lancio di missili di Hezbollah, il governo cerca di gestire il nodo della decisione dell’Aja sul leader israeliano – e sul suo ex ministro della Difesa Gallant – coinvolgendo i partner europei e occidentali. E’ l’input che Giorgia Meloni affida ad Antonio Tajani (che tra l’altro rivendica su questi temi il ruolo di palazzo Chigi e della Farnesina) dopo le divisioni emerse nell’esecutivo che di certo non le avranno fatto piacere, anzi.

Le fughe in avanti dei ministri irritano palazzo Chigi che, invece, sui dossier delicati vorrebbe che il governo si esprimesse con un’unica voce. Ecco perchè di fronte al susseguirsi di dichiarazioni la premier, in vista del vertice di maggioranza convocato per lunedì, decide intanto di mettere nero su bianco quella che deve essere la linea di tutto il governo. La premessa è che sulla sentenza della corte dell’Aja vadano fatti degli approfondimenti per capirne le motivazioni che, sottolinea, “dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”.

Ma “un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas”. Una presa di posizione che ha come obiettivo anche quello di mettere a tacere i distinguo e le voci in libertà nella compagine. Accanto alla posizione prudente di Antonio Tajani, c’era stata infatti la dichiarazione più netta di Guido Crosetto. Il ministro della Difesa, pur criticando il pronunciamento della Cpi, aveva aggiunto: “La sentenza andrà rispettata”. Ma soprattutto, a pesare è quanto detto da Matteo Salvini. Il leader della Lega è quello che si è spinto più avanti, arrivando ad invitare il premier israeliano in Italia dandogli il “benvenuto” perchè, avvisa, “i criminali di guerra sono altri”.

Parole che pesano negli equilibri internazionali alla vigilia del G7 dei ministri degli Esteri in programma a Fiuggi lunedì. Non è un caso infatti (forse anche dopo contatti con Chigi) che il leader della Lega cerchi poi di ammorbidire i toni invocando la condivisione delle decisioni: “Troveremo una sintesi – confida Salvini – il problema è a livello internazionale”. Chi sceglie di non esprimersi è la Santa Sede. Il Vaticano si affida alle laconiche parole del segretario di Stato Pietro Parolin: “Abbiamo preso nota di quanto avvenuto, ma quello che a noi interessa è che si ponga fine alla guerra”. Intanto, le dichiarazioni dei ministri e dei leader della maggioranza finiscono sotto il fuoco di fila delle opposizioni che vanno all’attacco.

Ma le tensioni sulla politica estera sono solo l’ultimo punto che si aggiunge ad una lista di nodi che Meloni dovrà sciogliere con i due alleati di governo nel vertice in programma per lunedì 25, prima della riunione del Consiglio dei ministri. Il ‘caso’ Netanyahu sarà uno dei temi che i tre leader del centrodestra dovranno discutere, ma altrettanto dirimenti, sono le decisioni da prendere sul versante interno. La sconfitta alle regionali ha alzato il livello dello scontro e, di conseguenza, le richieste di Lega e Forza Italia da inserire nella legge di Bilancio. Ufficialmente tra i partiti di maggioranza regna la concordia: “Ci incontreremo e risolveremo i problemi nel miglior modo possibile”, è la convinzione di Tajani a cui fa eco il vicepremier leghista: “Siamo in sintonia su tutto”.

Ma il taglio dell’Irpef, la flat tax per i dipendenti e la riduzione del canone Rai sono tre temi su cui da giorni è in atto un vero e proprio braccio di ferro. E la mancanza di un accordo ha fatto slittare alla prossima settimana le votazioni sul decreto fiscale. Alle richieste dei partiti si aggiungono i desiderata dei ministri. Un elenco impossibile da realizzare (visti i fondi a disposizione) su cui la premier dovrà dire una parola definitiva. In stand by invece resta la decisione sul successore di Raffaele Fitto.L’idea della presidente del Consiglio pare sia quella di tenere le deleghe a palazzo Chigi fino a gennaio, scavallando quindi la sessione di bilancio. Nessuna fretta anche anche perchè, raccontano nella maggioranza, per la prossima settimana è attesa anche la decisione dei giudici se rinviare o meno a giudizio la ministra per il Turismo Daniela Santanchè.

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Giorgetti: grande incertezza, tutti aiutino la crescita

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La fase è complessa. Siamo nel pieno della sessione bilancio, con una manovra complicata quest’anno dai vincoli delle nuove regole Ue. Mentre fuori incombono le “incertezze” dello scenario internazionale. E’ in questo contesto, spiega il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha preso forma una legge di bilancio che chiede “sacrifici”. Ma per crescere e tenere i conti in ordine “serve il contributo di tutti”, è l’appello del ministro, che rivendica anche i successi dell’approccio prudente del governo: lo spread si è dimezzato e due agenzie di rating hanno rivisto al rialzo l’outlook. E non è escluso che lo stesso possa fare anche Moody’s (arriva con un Baa3, il primo livello dell’investment grade, e un outlook stabile), che chiude in serata il ciclo di revisioni sul rating, iniziato a metà ottobre con le valutazioni di Fitch, S&P e Dbrs.

Cresce intanto l’attesa per il vertice di lunedì tra la premier Giorgia Meloni e i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, chiamato a sciogliere anche diversi nodi sulla manovra. A partire dal canone Rai, che tiene in stallo il decreto fisco in Senato e riaccende lo scontro tra Lega e FI. Per via Bellerio la conferma della riduzione del canone Rai da 90 a 70 euro “è una priorità” e siamo determinati a portarla avanti “fino in fondo”, mette in chiaro il capogruppo in Senato Massimiliano Romeo. Ma gli azzurri non ci stanno: il taglio è una scelta “ridicola”, commenta Tajani. E’ giusto il confronto, ma c’è un problema di coperture, aggiunge Mauro D’Attis, deputato di Fi e uno dei relatori della manovra.

I partiti della maggioranza intanto rivendicano ciascuno le proprie bandierine. Che trovano posto negli emendamenti super-segnalati alla manovra (circa 220 in un elenco che circola tra i parlamentari): le proposte di FDI vanno dal contributo di 500 euro l’anno per gli under14 al silenzio-assenso per i fondi pensione; la Lega insiste dall’allargamento della flat tax ai fondi al Ponte; FI va dal taglio dell’Irpef alla web tax. Ma i leader sfoderano ottimismo in vista del vertice: “Siamo assolutamente in sintonia su tutto”, dice Salvini; trovare un accordo non sarà difficile, assicura Tajani. Giorgetti intanto lancia un appello a fare ciascuno la propria parte. E lo fa parlando in videocollegamento con l’assemblea annuale dell’Anci: parole che suonano come una risposta alle critiche e preoccupazioni espresse dall’Associazione dei Comuni per i tagli previsti in manovra.

“Non posso non riconoscere che le sfide con cui vi confrontate quotidianamente richiedono sempre maggiori risorse”, ma il mio ruolo “mi impone” soluzioni che concilino “le esigenze locali” con gli “obiettivi complessivi del paese”, spiega. E così, anche se gli enti territoriali sono riusciti a tenere i conti “sotto controllo”, tutti sono chiamati a contribuire, anche le amministrazioni locali. La riduzione delle risorse per gli investimenti pubblici disposta dalla manovra è dettata dal bisogno di “dare priorità all’utilizzo delle somme previste nell’ambito del Pnrr e del Fondo di sviluppo e coesione”, spiega il ministro, che apre: “Possiamo e dobbiamo continuare a collaborare”. Un invito subito raccolto dal neopresidente Gaetano Manfredi dell’Anci. Presenteremo al governo “un’agenda con le priorità”, annuncia, con l’auspicio che la manovra “migliori” in Parlamento. I

l contesto comunque è di “grande incertezza”, evidenzia Giorgetti: le misure contenute in manovra possono dare una mano, ma per “realizzare la crescita che abbiamo previsto nel 2025” sarà cruciale “promuovere la domanda”. Servono sono poi la “stabilità politica” e la “prudenza” nella gestione dei conti portati avanti in questi due anni di governo, è la ricetta del titolare del Mef: ingredienti di una “credibilità” che sta dando frutti e se coltivata ulteriormente può contribuire a migliorare deficit e debito. Giorgetti difende la manovra anche sul fronte sempre caldo della sanità: le risorse sono aumentate, 12 miliardi in più in tre anni. Numeri, chiosa, che “certificano la falsità delle narrazioni strumentali”.

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